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Omaggio a Giacomo Matteotti

mar 09 giu 2020 10:06 • Dalla redazione

A Comasine, paese di origine della famiglia, l'annuale commemorazione

La commemorazione di Giacomo Matteotti in una delle scorse edizioni

Come da lunga tradizione, anche quest’anno l’Anpi del Trentino omaggia Giacomo Matteotti nel paese dei suoi avi.

L’appuntamento è per mercoledì 10 giugno 2020, quando una delegazione dell'ANPI del Trentino accompagnerà il Sindaco di Peio Angelo Dalpez e il Presidente del Circolo G. Matteotti di Comasine davanti alla lapide che riassume il senso di una vita: "Questa la casa avita di Giacomo Matteotti. Propugnò i diritti dei lavoratori affrontando consapevole il martirio. Oggi nel mondo intero simbolo di giustizia sociale e libertà".

Suo padre, Girolamo, come tutta la famiglia paterna veniva da Comasine in val di Peio e si era trasferita a Fratta Polesine, dove nacque Giacomo il 7 febbraio 1875, secondo di sette fratelli.

Elektrodemo

Giacomo Matteotti, deputato socialista, dai banchi del Parlamento polemizzò costantemente contro il governo di Benito Mussolini. Diventò un avversario irriducibile dei fascisti che, dopo la vittoria elettorale del 1924, intesero consolidare il loro potere e non sopportavano alcuna forma di opposizione, specialmente una forma di opposizione come quella portata avanti da Matteotti che denunciava, in modo documentato, inoppugnabile, clientele, malversazioni, brogli.

Nel corso del suo ultimo intervento in Parlamento, il 30 maggio 1924, egli accusò esplicitamente il regime fascista di violenze, intimidazioni e frodi, sia nel corso della campagna elettorale sia durante le operazioni di voto nei seggi.

Venne rapito il 10 giugno 1924 e poi ucciso a coltellate da un commando di fascisti. Il corpo venne ritrovato, quasi completamente decomposto, alla periferia di Roma il 16 agosto.

Dalle indagini, risultò immediatamente la matrice politica dell'assassinio e la complicità di apparati del governo e dello Stato fascista, primo fra tutti Mussolini, il quale, in un discorso al Parlamento, si assunse la responsabilità "politica e morale" dell'omicidio.

Giacomo Matteotti era lucidamente consapevole del suo destino: "La mia idea non muore. I miei bambini si glorieranno del loro padre. I lavoratori benediranno il mio cadavere."

 

 



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