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La preghiera e l"impegno sociale

dom 30 giu 2024 09:06 • By: Renato Pellegrini

Chi prega per cambiare le cose attorno a sé, deve pregare anche e forse prima di tutto, perché cambi se stesso

La preghiera è un dialogo tra Dio e l"umanità , fatto di parole, di ascolto, di silenzio, di domande che attendono risposta. Un certo modo di essere cristiani ci ha insegnato che pregare è prima di tutto chiedere perdono; ma oggi il chiedere perdono e il perdonare sono caduti in disuso, e non solo all"interno della Chiesa, ma anche nei rapporti tra le persone.

Ci sentiamo tutti "infallibili", avvolti dal nostro super-io che non sbaglia mai. Nell"unica preghiera che Gesù ha insegnato, il Padre nostro, raccomanda però di non fermarsi alle parole, ma di impegnarsi a tradurle in realtà . «Rimetti a noi i nostri debiti» (cioè perdonaci) «come noi li rimettiamo ai nostri debitori».

È fin troppo evidente che l"impegno di ciascuno su se stesso porterà a un mutare comportamenti. È in quello sforzo, in quella fatica che Dio agisce. Pregare non è dunque recitare qualche formula imparata a memoria, ma "costringere" Dio a impegnarsi con noi per migliorare il mondo. Se dimentica e non si salda a questa dimensione concreta, la preghiera appare come qualcosa di sterile e forse anche di inutile.

Gesù d"altra parte ci aveva anche ammoniti: «Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». (Mt 7.21) E, per tornare al perdono è possibile notare la chiarezza di Gesù: «Se dunque presenti la tua offerta sull"altare (=sei a messa) e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all"altare e va" prima a riconciliarti e poi torna"¦» (Mt 5,23-24). Il cristianesimo non può mai esistere come «una fede senza le opere».

Ha spiegato papa Francesco: «Nel Vangelo Gesù raccomanda di non dire tante parole, ma di compiere tanti gesti di amore e di speranza. Ecco il cuore dell"annuncio: la testimonianza gratuita, il servizio».

Graziadei marzo 2025

Forse anche perché troppe volte i cristiani hanno staccato queste due realtà , la preghiera e l"azione, la fede è entrata in una crisi profonda, che pare senza ritorno. Le stesse formule usate in molte preghiere contraddicono questa unità necessaria. Risento talvolta con malinconia e rabbia: «Ti ringraziamo per il cibo che ci dono. Danne anche a chi non ne ha».

Si prega perché Dio compia il miracolo e io possa starmene tranquillo per i fatti miei. E lo stesso, più tragicamente, avviene quando si va in chiesa, alla messa o a recitare il rosario, e si dimenticano le parole che Matteo mette sulla bocca di Gesù nel giorno del giudizio universale: «Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare, io ero straniero, e tu mi hai accolto...» (Mt 25).

Queste parole vogliono dire che il Dio che è possibile incontrare nel mondo è presente negli uomini e nelle donne; se incontriamo un Dio crocifisso è perché troppi uomini e troppe donne sono senza dignità . Risorgerà quando saranno normali i tentativi, la fatica per ridonarla a ciascuno.

Con i ragazzi di catechesi abbiamo voluto invitare due volontari che lavorano nella casa circondariale di Trento. Hanno ascoltato storie del carcere e qualcuno ha ammesso che bisogna cambiare il modo di pensare, darsi da fare perché chi ha sbagliato possa «diventare migliore». Non è forse un"ottima introduzione alla preghiera? Ma c"è un altro aspetto, più complesso e più difficile da comprendere: la preghiera implica il confronto col dubbio. Quante volte abbiamo invocato il Signore e le nostre richieste non si sono realizzate? Noi non comprendiamo il disegno di Dio di fronte al dolore innocente, alla malattia, al lutto, alla sofferenza di tante persone messe a dura prova dalla vita. Fidarsi di Dio in questi casi è rimanere senza risposte, è attendere pazientemente, talvolta è non lasciarsi prendere dalla disperazione.

Ma è chiamare Dio urlando il suo nome: Padre! Cosa fai, perché taci e non intervieni? Aiutami a non rinnegarti"¦ Completamente diverso è il caso del dolore frutto di precise scelte umane. Lì diventa evidente come siano le nostre scelte di ogni giorno a dare sostanza alla preghiera. Se in questi casi il messaggio evangelico diventa vita, si traduce in atti concreti, allora il comportamento degli umani diventa un rapporto tra fratelli e sorelle. E chi prega cerca nel Padre un aiuto a diventare strumento della sua volontà . C"è un canto molto significativo, che rimanda a San Francesco e che esprime proprio questo: «Signore, fa di me uno strumento della tua pace, dove c"è odio, ch"io porti l"amore; dove c"è offesa, ch"io porti il perdono"¦». «Pregare è esercitare la pazienza del raccoglimento, ma anche il coraggio di gettarsi dentro le contraddizioni del presente col desiderio di comprenderle e agire per un cambiamento». (Luigi Ciotti)

Vorrei concludere con un"altra breve considerazione: chi prega per cambiare le cose attorno a sé, deve pregare anche e forse prima di tutto, perché cambi se stesso, il suo pensare, il suo progettare, la sua coscienza. Per questo non bisogna mai smettere di pregare: «per allenare il cuore ad accogliere il dolore e la sofferenza degli altri, intervenendo con amore per il loro riscatto da ogni schiavitù, interiore ed esteriore, sociale e politica». (L. Ciotti) Il cristiano deve sapere che l"impegno sociale non è un optional della fede, per chi se la sente, per chi vuole. Non è che uno possa dire: prego per la pace e sostenga con le sue scelte la guerra. Non è cristiano un simile comportamento. Perché è dimenticare il comando di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». (Gv. 15,12) 



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