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Essere cristiani significa portare la croce?

dom 14 lug 2024 10:07 • By: Renato Pellegrini

Una riflessione su cosa significhi avere fede

La domanda: cosa vuol dire per te essere cristiano oggi, non è più molto frequente. Ci si è -stranamente mi vien da dire- abituati a sentirsi cristiani anche senza conoscere Gesù. Forse si pensa che basti essere battezzati, o magari vivere in un paese dove ci si è sempre detti cristiani. Così ci sono politici che sventolano crocifissi o rosari, comportandosi da autentici pagani. Non ci sono simboli che rendono cristiani. Non ce ne sono mai stati, perché essi possono diventare un segno pubblicitario, dietro il quale c"è il nulla.

Oggi qualcuno ammette che occorrerebbe una scelta personale, ragionata, magari spostando il battesimo più avanti, quando può essere scelto. Dal mio punto di vista è un po" illudersi; il battesimo può senza dubbio essere scelto in età adulta, ma se uno vive in una società o in una famiglia non cristiana, non sceglierà niente, perché non ha gli strumenti e le conoscenze che glielo permettano. Ho conosciuto genitori convintamente cristiani, che non hanno battezzato i loro figli, attendendo che siano loro a decidere. C"è stato in quella famiglia, chi da giovane si è fatto battezzare, perché «affascinato dal modo di vivere» che vedeva attorno a sé, da una fede trasformata in atti concreti nella vita dei genitori.

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In ogni modo è vero che un sacramento non crea il cristiano.

Gesù ha detto: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Marco 8,34). Partiamo dalla croce, da quel «prendere la croce» che sembra un"assurdità e un non senso. Sono convinto che occorra una diversa comprensione della realtà della croce, se si vuole che continui ad essere significativa per gli uomini e le donne del terzo millennio. Certamente la morte di Gesù in croce è un fatto storicamente accertato e ormai accettato da tutti. La ragione principale di questa esecuzione va ricercata nella «carica destabilizzante e rivoluzionaria della sua predicazione». Si potrà essere d"accordo oppure no su quanto ha detto e insegnato, ma non si potrà mai approvare che qualcuno distrugga un altro per le sue idee. Per questo sono convinto che «la croce su cui Gesù è stato suppliziato è e rimane un terribile strumento di tortura e un segno inequivocabile della barbarie, dell"odio e della malvagità umana» (Bruno Mori: L"implosione di una religione).

Durante il Venerdì santo i fedeli sono invitati a "venerare la croce". E da sempre mi chiedo se si possa davvero venerare un simile strumento di tortura. Questo rito ha le sue radici nella convinzione che siamo salvati da Dio attraverso il dolore che ripara al peccato. Un uomo che desiderasse soffrire e anche morire lo riterremo non sano di mente. E dunque anche pensare che Dio esiga una morte così feroce dal Figlio, probabilmente è una supposizione arbitraria. I testi biblici, soprattutto il Vangelo di Giovanni, su cui si basa questo ragionamento, sono già il frutto di una interpretazione teologica della figura di Gesù. Così il Catechismo della Chiesa cattolica sostiene che «questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù perché la sua passione redentrice è la ragion d"essere della sua Incarnazione» (Catechismo della Chiesa cattolica, n.607) Credo che Gesù abbia avuto paura della morte e della sofferenza come ogni essere umano. La morte di Gesù è la conseguenza del suo coraggio e della sua forza interiore; «è il risultato del suo atteggiamento di coerenza e di fedeltà alle convinzioni che lo hanno portato a non sottrarsi a una conclusione fatale della sua vita». (Bruno Mori). Tutta la vita di Gesù è per i cristiani esempio da imitare, è principio di vita, liberazione e salvezza: siamo salvati dalla sua vita! E dunque, io credo, un poco alla volta, anche qualche celebrazione liturgica potrà (per qualcuno dovrà ) essere cambiata.



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