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Qui e ora!

mer 02 set 2020 • By: Elisa Rita Gelsomino

Quanto sono cambiate le persone nel post Covid?

Le persone in questo momento storico sono un “concetto” delicato! Molte cose sono cambiate, per lo meno nella percezione e per capire quanto lo sono nel profondo si dovrà aspettare un po’. In questo momento di post isolamento forzato, regole da seguire, distanziamenti e disinfezione di tutto ciò che si muove, spesso si è assistito e si assiste ancora a due grandi fazioni: i “menefrego” ormai il virus è passato e i “la mascherina sempre, anche in bagno!” Un po’ si scherza ma un po’ è vero che le conseguenze di questa malattia, non sono solo relative alla salute o ai contagi, tanto più, a parer mio, sono comportamentali.

Le persone e le relazioni hanno subito veri e propri mutamenti, in alcuni casi anche in maniera significativa, modificando lo stile e il modo di vivere, anche all’interno delle nostre comunità, facendo pagare lo scotto più grande alle categorie più fragili, come i nostri anziani. Mi sono confrontata per lavoro con molte persone, ho avuto modo di leggere tanto, anche in relazione a linee guida, decreti, revisioni e revisioni delle revisioni e poco o mai ho trovato risposte in merito alla gestione delle relazioni tra persone. E, se per fortuna, da una parte ho sentito storie di solidarietà e reciprocità, d’altra parte non sono mancati aneddoti di discriminazione, scaramucce e distanziamento emotivo, legati soprattutto alla paura di essere contagiati, spesso immotivatamente. Perché la paura gioca davvero brutti scherzi, ci toglie lucidità, razionalità e qualche volta purtroppo ci lascia privi di buon senso.

Ogni giorno per giorni, settimane, siamo stati sottoposti ad un fuoco mediatico senza precedenti. Se questo può essere comprensibile in relazione all’importanza di informare e avvisare su repentini cambiamenti normativi, le conseguenze che ha lasciato e i danni creati sono ancora poco chiari. Disagi e conseguenze visibili si sono avuti nei confronti delle relazioni. Punto che mi preme particolarmente. Se pensiamo, non tanto alle limitazioni verso cose più futili, ma al distanziamento dagli altri a cui siamo stati giustamente sottoposti, ci rendiamo conto di quanto le relazioni oggettivamente contino anche a livello di benessere psicologico e sociale.

Collaboro con le case di riposo e per loro questo distacco ancora non è finito. Sentire un ospite ultra novantenne che dichiara di essere “nudo” senza i suoi familiari merita per lo meno il tempo di una riflessione, di una valutazione di cosa sia effettivamente la questione “salute” per i nostri anziani. Il loro destino è legato a doppio mandato a decisioni altrui, alla paura e a chi spesso la loro realtà non la vive! I loro cari li vedono attraverso un vetro o distanziati da barriere di plexiglass, senza mai toccarsi e con qualcuno a vigilare il loro limitato tempo insieme. E se durante il picco dei contagi la loro vita sembrava appesa a un filo, non è arrivato forse il tempo di pensare al valore che ogni singolo giorno ha per loro? Perché, adesso che le cose sembrano andare meglio, che conosciamo più approfonditamente le conseguenze e le precauzioni da utilizzare, non possiamo liberarci dalla paura, dalla burocratizzazione e stringere in un grande abbraccio coloro che amiamo? Non ho dati certi per affermare questo, ma sarei pronta a scommettere che se chiedessimo a loro di poter scegliere, anche a chi, a causa della malattia non può più esprimersi a parole, penso che preferirebbero vivere un solo giorno ancora circondati da coloro che amano, che sei mesi distanziati e soli! Un plauso in questo discorso lo meritano tutti i sanitari, operatori socio assistenziali in primis, infermi e medici, che oltre a loro quotidiano ruolo, si sono sostituiti senza sosta anche ai loro affetti più cari. Se c’è un lato positivo di questa vicenda sta proprio qui, nell’umanità dell’assistenza, nella capacità di questi uomini e queste donne di guardare nel profondo di questi anziani e attraverso uno sguardo a dare loro quello che più gli manca e gli è mancato: calore, contatto, vicinanza e amore. La qualità della vita, lo credo profondamente è nel qui ed ora, oggi e forse domani, non tra sei mesi quando quell’abbraccio mancato non l’avranno più. A cosa assisteremo? Ad un rimpianto amaro per coloro che resteranno e un macigno profondo nei confronti dei più fragili per l’intera comunità.


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