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Un anno da Vaia: un mix “meteorologico” letale

lun 09 mar 2020 11:03 • By: Giacomo Poletti

In due giorni cadde la pioggia di sei mesi

È passato un anno dalla tempesta Vaia e nella scorsa edizione di “Nos” se ne è parlato diffusamente. Un evento tragico che portò una vittima e danni enormi a Dimaro, assurta a simbolo dell’episodio. 

Oggi parleremo degli aspetti meteorologici di Vaia. Una perturbazione figlia del cambiamento climatico? Perché tutto quel vento? Cosa provocò tanta pioggia? Potrà capitare di nuovo? Sono tante le domande che sorgono spontanee. Per rispondere serve ricordare i fattori che portano il maltempo sul Trentino. Aria umida deve arrivare da sud, sollevandosi contro le Alpi. Più intenso e umido è il flusso, maggiore sarà la quantità di acqua che si scarica al suolo.

Un anno fa profondi scambi meridiani (cioè da nord a sud) portarono aria polare dall’Inghilterra, dove nevicò al piano, fin sul Mediterraneo. Il mare nostrum era più caldo della norma di circa 2°. I cambiamenti climatici, di cui avremo modo di parlare, influiscono sulla circolazione globale portando fasi di tempo statico. E fu proprio il caso del 28 e 29 ottobre: i venti da sud restarono bloccati per ben 60 ore scaricando secchiate d’acqua: molte stazioni meteo trentine siglarono il record storico (in alcuni casi dal 1882) di pioggia totale in tre giorni. I massimi in Primiero con 631 millimetri, in val di Non e Sole gli effetti furono simili, con 257.8 mm a Cles e 235.3 a Malè. Più delle alluvioni del 1882 e del 1996, più degli eventi del 2000 e 2002. Si tratta della pioggia di sei mesi. La perturbazione terminò con la risalita verso nord rapidissima del minimo di pressione. La sera del 29 il vento diventò distruttivo per circa 5 ore su tutto il Trentino sud/orientale. L’aria fredda entrò di botto, con accelerazioni dovute alla presenza di una inversione termica sui 2000 metri. Un po’ come quando, annaffiando l’orto, premiamo sull’uscita della gomma dell’acqua: il getto diventa più veloce. Fra i motivi di tanta energia, anche il moto rapido della depressione, che spostò l’aria accelerandola: si tratta del vento isallobarico capace di incrementare venti già intensi. A questo si associò l’effetto instabilizzante sugli alberi di tanta pioggia su suoli inariditi da un lungo periodo siccitoso. Un mix letale, di cui il Trentino porta ancora devastanti cicatrici a un anno di distanza. 

Potrà ricapitare? La risposta degli esperti non è univoca, quel che è sicuro è che il nostro clima è ormai quasi 2° più caldo rispetto al recente passato. Il rischio di eventi estremi o più “energetici” del passato è oggi maggiore. 



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