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Orsi e lupi, i numeri in Trentino

mer 28 feb 2024 09:02 • Dalla redazione

Glo orsi sarebbero 98, i lupi 200. Ricco dibattito nel corso della conferenza di informazione del consiglio provinciale

TRENTO. Nel corso della Conferenza di informazione sui grandi carnivori del Consiglio provinciale sono stati resi pubblici gli ultimi dati sulla presenza dell’orso e del lupo in Trentino. La popolazione dei plantigradi stimata è di 98 esemplari (la stima del 2021 era di 85); quella del lupo è stabile e si attesta sui 200 individui stimati, che formano 30 branchi. La popolazione dei plantigradi è in crescita di circa il 10%, mentre quella dei lupi è stabile. Le femmine di orso rimangono per lo più stanziali nella parte ovest del Trentino, mentre 53 maschi si sono dispersi nei territori limitrofi. Il 47% di questi sono morti o scomparsi, il 20% è tornato in Trentino.

Dati che hanno alimentato il dibattito: Alessandro Brugnoli, dirigente del Servizio faunistico della Pat, ha ricordando che il progetto Life Ursus ha 25 anni e puntato l’attenzione sul monitoraggio dei plantigradi e del lupo. Per quanto riguarda l’orso, Brugnoli ha anticipato i dati del campionamento 2023 degli orsi attuato con un modello statistico basato sulle catture genetiche. Gli esemplari stimati sono 98 e si tratta di orsi con più di un anno di vita. Ma, ha ricordato il dirigente Pat, il rilevamento di un selvatico, tra l’altro molto mobile, non può essere preciso, quindi va tenuta presente una “forbice” statistica che nel caso degli orsi trentini per lo scorso anno va da 86 – 120 esemplari. Il dato del 2021 gli individui stimati erano stati 85 per una forbice di stima che andava da 79 – 103. Quindi, in base alle stime la specie è in crescita. Sul lupo di stimano 30 branchi per circa 200 esemplari.

Giulia Bombieri, zoologa del Muse, presentando i metodi scientifici con i quali vengono fatti i rilevamenti, ha ricordato che le femmine di orso riproduttive sono sempre stabili e concentrate nel Trentino occidentali, mentre 53 maschi si sono dispersi fuori dal territorio provinciali, il 47% di questi sono morti o scomparsi e il 20% sono tornati. Dati, ha aggiunto Bombieri, normali. Ma il problema di questa popolazione, cresciuta di circa il 10%, è l’isolamento geografico che implica un aumento continuo della consanguineità e quindi la diminuzione della diversità genetica che potrà avere ripercussioni sul futuro dell’orso trentino che non è fuori pericolo. Per ciò che riguarda il lupo c’è stata il raddoppio della popolazione sulle Alpi negli ultimi tre anni. In Trentino il lupo è presente in quasi tutto il territorio. Dal branco del 2003 si è arrivati ai 30 attuali. Anche il lupo non è completamente fuori pericolo, soprattutto per la mortalità causata dall’uomo e per le ibridazioni con i cani. L’esperta del Muse ha concluso affermando che servono risorse per programmare i monitoraggi rigorosi, anche se ora la priorità è quella del contenimento dei rischi.

Matteo Viviani, direttore del Parco Adamello – Brenta, si è concentrato sulle azioni messe in campo per garantire la convivenza tra uomo e orso. Uno dei progetti è quello dei dissuasori acustici. C’è poi la realizzazione di 8 numeri della rivista “I nuovi fogli dell’orso” per divulgare la conoscenza di questa specie.  Inoltre, si stanno realizzando 10 video tutorial. Infine, si impone anche una revisione dei criteri comunicativi utilizzando, oltre ai tradizionali strumenti cartacei, mezzi come social, podcast, e una sorta di patto sociale sui livelli di presenza degli orsi. Infine, Viviani ha ricordato il lavoro didattico sulla fauna selvatica attuato dal Parco e quello divulgativo. Tra le iniziative è stato attuato un progetto pilota sulla raccolta differenziata dei rifiuti.

La posizione del Parco sugli orsi problematici, ha aggiunto Viviani, è quello che vede al primo posto la sicurezza. Anche perché non si deve guardare al singolo individuo ma alla salvaguardia della popolazione ursina. Tra la detenzione o l’abbattimento, ha detto ancora il direttore, va preferita quest’ultima per una serie di motivi, non ultima la sicurezza degli operatori. Ma, ha detto ancora, va continuato il lavoro di informazione e comunicazione, uniformando la segnaletica e operando sul terreno della gestione dei rifiuti e delle aree di foraggiamento degli ungulati. Allargando lo sguardo all’Europa, ha affermato Viviani, il lupo è in espansione (dovrebbero essere circa 17 mila gli esemplari nel Vecchio Continente); mentre la presenza dell’orso bruno è molto più limitata.

Aaron Iemma, presidente del Wwf Trentino, ha detto che ci si trova di fronte ad un fallimento culturale del quale i grandi carnivori rappresentano solo uno dei problemi delle terre alte. Lupo e orso, ha detto ancora, sono destinati a rimanere e quindi va affrontata la loro presenza riconoscendo gli errori del passato cercando di trasformarli in opportunità elettorale in una risorsa. Per le associazioni ambientaliste serve un confronto che negli ultimi anni è mancato e soprattutto è mancata la disponibilità istituzionale al dialogo. Un’empasse che va superata riavviando il tavolo del confronto per poter affrontare il tema grandi carnivori in modo serio. La paura, ha aggiunto, non può essere l’unico strada, perché serve solo ad intontire le popolazioni e a fare promesse, come quelle fatte agli allevatori, non realizzabili. Il monitoraggio della Pat, ha detto, è eccellente, ma va messa in campo una politica di lungo respiro che restituirebbe fiducia e serietà alle istituzioni. In prospettiva di un’azione seria e condivisa, ha aggiunto Iemma, le associazioni ambientaliste sono pronte al compromesso. Inoltre, il presidente Wwf ha aggiunto non si può continuare a vedere la natura ad esclusivo servizio dell’uomo perché questo rappresenta un rapporto tossico con l’ambiente. Comunque, ha detto ancora Aaron Iemma, la popolazione chiede informazione, come testimonia il successo delle serate, e quindi serve una politica che da una parte rassicuri i cittadini e dall’altra si deve operare per il ripristino della natura come stabilisce la normativa europea approvata proprio oggi. Va cercata una sintesi, basandosi sulla bussola scientifica, abbandonando la propaganda e lo scontro mediatico.

Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica Ispra, ha presentato l’attività di Ispra e ricordato che non ha compiti di sorveglianza o vigilanza, che sono invece assicurati dal Corpo forestale provinciale o da altri organi di polizia.

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Ha ricordato il contesto normativo nazionale e che orso e lupo sono tutelati dalla direttiva Habitat, una norma sovranazionale e prevalente che prevede deroghe per prevenire gravi danni alle proprietà e nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica. Ha parlato del documento di indirizzo della Commissione europea che chiarisce che le deroghe devono risolvere una situazione specifica e fatto riferimento al principio per cui non può essere scartata l’opzione delle misure alternative (prevenzione e dissuasione) solo perché queste non risolvono al 100% le problematiche. La deroga, ha chiarito Genovesi, non deve essere routinaria. In Provincia di Trento, ha aggiunto, con la legge 9 del 2018 il quadro delle interlocuzioni con il Ministero dell’Ambiente è cambiato notevolmente, c’è un’interlocuzione più diretta con Ispra. Rispetto alla rimozione di animali potenzialmente pericolosi ha ricordato lo studio di fattibilità per la reintroduzione dell’orso bruno svolto da Ispra, i cui principi contenuti furono integrati nel Pacobace e, in seguito, il rapporto Ispra-Muse 2021. Genovesi ha raccontato che nel rapporto erano previsti elementi aggiuntivi: la distinzione tra orsi potenzialmente pericolosi e ad alto rischio. Si chiarì, ha aggiunto, la necessità dei cassonetti anti-orso; infine il rapporto Ispra 2023 che contiene la stima di 8 come numero totale di individui prelevabili dalla popolazione senza compromettere lo stato di conservazione. Infine il riferimento al caso di M90: Ispra ha valutato i comportamenti dell’animale per valutare se la richiesta della Pat di rimozione fosse coerente con il Pacobace. Genovesi ha confermato la valutazione per la quale l’orso rientrava nella categoria “ad alto rischio”.

Claudio Groff (coordinatore Settore grandi carnivori del Servizio Faunistico della Provincia di Trento) ha tenuto un intervento relativo all’organizzazione dell’amministrazione della Provincia, alle azioni prioritarie per ridurre i conflitti e allo strumento delle deroghe alla conservazione della specie stabilita dalla normativa Habitat. Viviamo in un ambiente antropizzato, ha premesso, e i conflitti possono essere limitati ma non azzerati. A livello organizzativo Groff ha tratteggiato un quadro delle risorse necessarie per la gestione dei grandi carnivori, a cui lavorano 5 persone a livello centrale (Settore grandi carnivori) e 70 a livello periferico (Corpo forestale trentino). Si spendono circa 500.000 euro all’anno (costi vivi, risorse Pat). Dal 2003, ha aggiunto, l’organizzazione delle emergenze prevede l’attività di Squadre di emergenza e dei coordinatori, di una Squadra catture/abbattimenti, di un Nucleo cinofilo e del Supporto veterinario. Tra le azioni prioritarie Groff ha collocato la comunicazione e l’informazione, la prevenzione e la dissuasione (con la rimozione di attrattivi quali rifiuti organici e l’uso dello spray in dotazione al corpo forestale, che per Groff dovrebbe però essere messo a disposizione di tutti coloro che frequentano i boschi). Gli orsi problematici, ha detto, sono in genere meno del 5% della popolazione. Gli orsi pericolosi: in 10 anni dal 2014 in Trentino si sono registrati 8 attacchi all’uomo, di cui uno mortale, e 16 falsi attacchi. Gli animali rimossi in 15 anni sono stati 8 (2 abbattuti, 5 captivati, 1 - Daniza - morì durante la cattura. In 4 casi molto confidenti e in 4 aggressivi), molti di più quelli nei confronti dei quali sono state fatte opere di dissuasione. Groff ha infine rimarcato la differenza tra ordinanze contingibili e urgenti e autorizzazioni parlando della differenza tra problematicità graduale e problematicità improvvisa degli animali.

Gianpaolo Pedrotti, capo Ufficio stampa della Provincia, ha proposto una ricognizione del materiale prodotto a partire dal 2000 in poi (il progetto Life Ursus è del 1999), 24 anni in cui - ha detto - si è assistito a una rivoluzione nella prospettiva della comunicazione. Ha parlato del Rapporto grandi carnivori che già a pagina 48 conteneva già un riassunto sulla comunicazione, e sottolineato la differenza tra informazione e comunicazione, quest’ultima più complicata: negli anni si è creato un inquinamento acustico sulla tematica, ha detto, si cerca di sviluppare strumenti per monitorare le opinioni che anche sui social determinano un’influenza determinante rispetto ai media tradizionali. Poi i numeri: dal 1999 l’Ufficio stampa della Provincia ha emesso oltre 693 comunicati stampa, erogati non solo alle testate ma disponibile anche sul sito dell’Ufficio stampa della Provincia, vera testata che conta 1,6-1,8 milioni di lettori all’anno. Il sito Grandi carnivori in Trentino, ha aggiunto, riporta un rapporto mensile e annuale, che riguarda anche il lupo, lo sciacallo dorato e la lince e ha registrato oltre 264.000 pagine visitate nel 2022. Sono stati censiti 17.000 articoli pubblicati sulla stampa locale e nazionale e servizi televisivi, ha proseguito Pedrotti. Sempre in tema di produzione cartacea, ha ricordato il supporto alla produzione di poster e materiale informativo: 20.000 poster, 168.000 opuscoli e depliant in italiano, inglese e tedesco. Infine il riferimento alla campagna “Impariamo a convivere con l’orso in sicurezza”, che ha visto l’utilizzo anche di canali alternativi tra cui ad esempio i circuiti interni della tratta Trento-Malè. Gli incontri informativi con la popolazione sono stati 205 dal 2006 (con la parentesi del Covid).

Giacomo Redolfi, sindaco di Mezzana, si è dispiaciuto di aver sentito parlare poco di come la popolazione sta vivendo la reintroduzione dell’orso sul territorio. Le persone, ha dichiarato, vedono di giorno in giorno una compressione della loro libertà. Ha voluto sfatare alcuni elementi sull’episodio che ha visto inseguiti due ragazzi: si sono comportati perfettamente, non hanno avuto conseguenze fisiche, ma quelle psicologiche sui ragazzi e sulla comunità sono diffuse e trasversali, ha affermato. Alcune attività, ha ricordato il sindaco, non si fanno più. Serve, ha rilevato, una riflessione sugli strumenti da dare ai cittadini (che non sono un trend, ma famiglie con figli che diventa difficile o pauroso far uscire di casa). Nessuno vuole il sangue di nessuno, ha chiarito, ma servono strumenti per continuare a vivere e a esercitare le proprie attività che non finiscono nel monticare le malghe, ma che riguardano anche la possibilità di uscire di casa. Ha ricordato che non c’è ad oggi un protocollo per far lavorare i custodi forestali (che operano prevalentemente nel bosco) in sicurezza. L’alternativa di incorporarli nel corpo forestale trova difficoltà in relazione alla diversità di funzioni, ha spiegato.

Massimo Gentili, direttore della Federazione provinciale Allevatori, ha spiegato che l’allevamento in Trentino si concentra soprattutto su bovini (1.600 con 42.000 capi allevati con una media di 25 capi per allevamento ) e ovicaprini (1.760 allevamenti con 32.000 pecore e 10.000 capre. 1200 allevamenti piccoli, pochi quelli di una certa rilevanza). La zootecnia si svolge nelle valli più periferiche (ad eccezione del fondovalle della Valsugana e delle Giudicarie), in quota: si curano di 110.000 ettari di territorio sui 600.000 della provincia, 90.000 sono pascoli, gli altri 20.000 prati. Gentili ha ricordato che nel 2022 sono morti 825 capi di bestiame, 426 ovini e caprini, 19 cavalli e asini, 53 bovini. Ha ricordato la collaborazione con il servizio forestale e il tentativo di seguire le indicazioni per la prevenzione, che spesso si confronta però con difficoltà pratiche. Sono 600 le malghe su cui viene esercitata una custodia continua, ha ricordato. Ha parlato dei problemi legati al ricovero notturno, impossibile farlo in tutte le malghe e in tutti i piccoli. Ha trattato anche dei recinti elettrificati, che funzionano discretamente per il ricovero notturno di pecore. Sui cani da guardiania: si è iniziato a usare i pastori maremmano-abruzzesi, cani che sono anche aggressivi nei confronti dell’uomo. Due gli episodi di aggressione che ha ricordato si sono registrati ad ora, uno nei confronti di un tecnico e uno nei confronti di una turista. Va considerata per Gentili nei casi di orsi problematici la rimozione. Ha infine parlato dell’indennizzo previsto dalla Provincia: è vero che l’animale andrà prima o poi al macello, ma è anche vero che tra l’allevatore e l’animale si crea un rapporto emotivo, affettivo, ha detto. Gli indennizzi ripagano il valore economico dell’animale, ma rimangono esclusi i danni non quantificabili.

Luigi Boitani, professore emerito di zoologia dell’Università Sapienza di Roma, Presidente della Large carnivore initiative for Europe, ha affermato che si parla di grandi carnivori mettendo assieme orso e lupo, che non hanno però nulla in comune, si rischia di fare torti trasportando possibili soluzioni da uno all’altro. Il lupo è una specie molto mobile sul territorio con grandi possibilità di dispersione, l’orso invece si sposta molto meno, in particolare le femmine, e l’espansione della specie è molto lenta. La gestione delle specie deve fare riferimento a una scala appropriata, molto locale per l’orso, allargata per il lupo. L’orso può far male tanto, causare anche problemi all’uomo, ogni anno in Romania ci sono 4-5 morti, ha aggiunto Boitani; del lupo invece non si ha preoccupazione perché non si conoscono danni e aggressioni mortali nei confronti dell’uomo negli ultimi 50-100 anni se non in casi rarissimi. Gli animali confidenti possono diventare problematici e questo è anche un elemento fondamentale anche nella prevenzione relativa al lupo. In secondo luogo il professore ha approfondito il tema del monitoraggio: in Trentino è fatto bene, ha detto, ma significa monitorare una variabile nel tempo per verificarne i cambiamenti. È importante per Boitani, ma non esaurisce la necessità di informazione sulla biologia della specie, serve ricerca scientifica, più scienza nella gestione dell’orso. Ciò significa un uso più massiccio degli strumenti della tecnologia, radiocollari, genetica, fotocamere. Servono monitoraggio e ricerca, scienza. Gestire 100 orsi in un’area densamente popolata e la coesistenza per essere fattibile richiede interventi fini, delicati, attenti al dettaglio e per fare ciò serve un’informazione di dettaglio che al momento non c’è, ha proseguito. Boitani ha ricordato che gestire il surplus della popolazione non è un’opzione, è una necessità: se si crede nel messaggio della coesistenza sicuramente bisogna entrare nell’ottica che in alcuni casi qualche animale va rimosso perché costituisce un problema aggiuntivo non risolvibile con gli strumenti che si posseggono. Ciò è chiaro, ha dichiarato il professore, a chi gestisce l’orso in provincia di Trento, ma non a determinati gruppi di interesse là fuori: serve quindi anche una comunicazione più robusta, la sensazione è che si faccia molta informazione top down, ma poca comunicazione che richiede un’interazione con chi riceve il messaggio. Infine Boitani ha affermato che gestire una specie, come fare conservazione della natura, è politica informata dalla scienza. La politica è concertazione dei gruppi di interesse, ha ricordato: c’è la necessità non più rimandabile di ristabilire un tavolo di concertazione dove siano rappresentati tutti i gruppi di interesse del territorio, compreso il pubblico allargato dei cittadini. Il tavolo di concertazione non deve essere gestito dalla Provincia, ha precisato Boitani, deve essere autonomo e indipendente.

Infine Rok Cerne, responsabile gestione grandi carnivori per il servizio foreste della Slovenia, ha ricordato che l’orso è sempre stato presente in Slovenia, dal 1.900 erano presenti circa 40 animali, saliti a 160 dopo il 1950 e a oltre 500 nel 2010. Negli ultimi 20 anni la popolazione è raddoppiata raggiungendo il migliaio di esemplari. La popolazione di orso è presente soprattutto nella parte meridionale della Slovenia, la meno abitata, dove la densità abitativa è di 15 abitanti per chilometro quadrato. Il monitoraggio, ha raccontato, avviene con metodo genetico, tramite la gathering analysis e la conta diretta. Ha affermato che in Slovenia esiste una quota annuale di animali che viene abbattuta per controllo della popolazione, decisa annualmente dal Ministero per l’ambiente con il parere di esperti forestali e dell’Institute nature conservation. A realizzare gli abbattimenti possono essere anche i cacciatori e la priorità, negli abbattimenti, sono gli orsi problematici. Nel 2022 e nel 2023 si è registrata una mortalità di oltre 200 esemplari tra quelli morti e quelli abbattuti, ha ricordato, con queste quote si ritiene di mantenere la popolazione non oltre i circa 800 animali. L’abbattimento, ha spiegato Cerne, è possibile perché la popolazione è vitale e connessa con la popolazione delle Alpi dinariche, gli abbattimenti sono tollerati dall’Unione europea e l’eliminazione rapida dei problematici consente una riduzione del rischio e un'accettazione sociale. Gli attacchi agli uomini: 27 dal 2010, 4 nel 2023, 3 nel 2022, 2 nel 2021, 3 nel 2020 (con ferimenti non gravi nel 90% dei casi). La Slovenia ha una squadra di intervento, ma anche i cacciatori possono intervenire e abbattere gli animali, ha raccontato l’esperto. Si crede nella prevenzione dei danni, in collaborazione con gli agricoltori e gli allevatori. Cerne ha presentato il numero delle recinzioni elettriche distribuite negli ultimi 12 anni, circa 200 opere e ne ha illustrato le caratteristiche fondamentali e ricordato che l’indennizzo dei danni avviene solo se a carico di patrimoni che avevano attuato qualche forma di difesa.

 



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