TRENTO. Essere coinvolti ufficialmente nei tavoli di lavoro che trattano il problema della presenza dei grandi carnivori e un cambio dei responsabili tecnici (sia interni all’Istituzione sia consulenti esterni) che si occupano della questione, oltre a un piano di gestione della specie mutuato da quello attualmente in atto in Slovenia. Sono queste le richieste sollevate ieri pomeriggio (21 giugno 2025) nella sala della Regione durante il convegno “Onorare la memoria e difendere la libertà della vita in montagna”, promosso dal Comitato Insieme per Andrea Papi a due anni dalla morte del giovane ucciso dall’orsa JJ4. “Perché qualcosa è stato fatto, ma non è sufficiente” ha sottolineato in apertura il presidente Pierantonio Cristoforetti.
A formularle sono i volontari, che da due anni si impegnano a portare la questione sui tavoli istituzionali, forti di un “mandato” popolare ricevuto dai quasi 30mila cittadini e cittadine che, in Val di Sole, Val di Non, Paganella e Valle dei Laghi, si sono recati alle urne per esprimere la propria contrarietà alla presenza di orsi e lupi sul territorio (nella comunità delle Giudicarie si voterà a settembre).
Un numero ben superiore, ha fatto notare la coordinatrice dell'attività scientifica del comitato Franca Penasa, ai voti presi dall’attuale governo provinciale, “fermi” a 11.869 voti. “Ciononostante – ha aggiunto – non siamo stati coinvolti al tavolo Grandi Carnivori della Provincia, dove invece hanno titolo di partecipare rappresentanti di associazioni animaliste”.
Il principio da seguire deve essere, come sottolineato da Geremia Gios, professore ordinario di Economia e Agraria all'Università di Trento, “conservare attraverso la gestione”, se non si vuole l’abbandono della montagna con la conseguente perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici. E ciò significa, ha precisato Gios, “tener conto delle esigenze delle comunità locali e avere un piano di gestione che indichi la numerosità possibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico”.
In sostanza, nella gestione delle specie non bisogna guardare solo alla capacità portante naturale, cioè al numero massimo di orsi che un ambiente può sostenere nel lungo periodo, senza degradarsi (cibo, tipo di spazio, competizione), ma va considerata anche la capacità portante sociale, cioè il numero massimo di orsi che la popolazione locale è disposta a tollerare prima che crescano in modo significativo i conflitti uomo-orso (incidenti, danni, paura).
Un parametro, quest’ultimo, che secondo Cristian Bolzonella del Centro interuniversitario Contagraf Uni Padova, il quale insieme a Samuele Trestini e Giulia Ranzani è stato incaricato dal comitato di effettuare un’analisi su come si attivano gli altri Stati in presenza di grandi carnivori, in Trentino è ormai stato superato dalla popolazione. Da qui la necessità di passare dalla conservazione della specie alla gestione della popolazione, sul modello della Slovenia, mediante una deroga all’art. 16 della direttiva Habitat. Perché, ha concluso Annibale Salsa, già professore di Antropologia filosofica e culturale, il paesaggio non è wilderness: la natura senza l’azione dell’uomo è rinselvatichimento, ritorno alla natura selvaggia che si riappropria del territorio.
