Abbiamo vissuto secoli in cui i cristiani nel mondo erano una realtà forte, convinta, capace di annunciare anche a chi non credeva o aveva un’altra religione il Vangelo. Ora la realtà è decisamente cambiata. Anche nella vicenda di Gesù, tuttavia, ci sono stati momenti in cui non solo ci si opponeva a lui, ma veniva sollevata frequentemente la questione della sua identità: «Chi è costui?» Sempre, però, si aveva presente la sua figura. Scribi e farisei lo criticavano anche aspramente, ma lo ascoltavano, non condividevano le sue idee, ma i suoi insegnamenti erano motivo di discussione e di approfondimento.
Tra i cristiani del nostro tempo c’è un certo timore a nominare Gesù. Si chiede Severino Dianich, dalle cui riflessioni traggo questi miei pensieri, teologo particolarmente attento ai problemi della chiesa, se è proprio fantascientifica la previsione che un giorno, non troppo lontano, nessun cristiano manifesti ad altri la sua fede, e nessun genitore insegni a un bambino a fare il segno della croce. La Parola di Gesù diventerebbe estranea e persino il suo nome sarebbe dimenticato. Va inoltre tenuto presente che «non è, propriamente, atto di vangelo il parlare di Gesù a un credente cristiano, ma parlarne a chi non lo conosce o, pur conoscendolo, non crede» (S. Dianich) Paradossalmente, però, si parla di Gesù, si comunica il Vangelo solo ai credenti. Si battezzano i neonati e l’impegno che si ha davanti è quello di prendersi cura dei battezzati, perché mantengano e conservino la fede. Si presuppone poi che tutti gli adulti abbiano conservato la fede, che dunque siano credenti.
Ma questo non è vero, è solo una bella illusione.
Infatti in Italia negli ultimi trent’anni il battesimo dei bambini è passato dal 90 al 70 per cento, ed è prevedibile per i prossimi anni un calo drastico. Nel 2023 solo il 41% dei matrimoni è stato celebrato con il rito religioso. Può accadere che il nome di Gesù e lo stesso essere cristiani diventino una realtà sconosciuta. Vivere da cristiani nella nostra società non è facile né scontato.
Il "comandamento nuovo», cioè ultimo e definitivo, lasciatoci da Gesù è: «Amatevi come io vi ho amato» (Gv 13,34), che tradotto significa: non amate soltanto voi stessi o le persone che conoscete, come sono i vostri familiari o amici. Amate qualsiasi persona incontriate, privilegiando gli ultimi, i sofferenti e i bisognosi. Amare vuol dire dare forma alla solidarietà, all’uguaglianza e alla giustizia sociale. Amare è trasformare la politica in un grande atto di carità, di attenzione per me e per tutti. Il cristiano non può dimenticare che Gesù ha ammonito che «il giudizio finale avverrà sul rapporto avuto nella vita e nella storia, qui e ora, con l’uomo nel bisogno, affamato, assetato, straniero, nudo, malato, prigioniero» (cfr. Mt 25, 31 – 46).
Guardando come vivono i cristiani oggi, vi possiamo notare questi comportamenti? La testimonianza è essenziale per far conoscere Gesù e il Vangelo. «I cristiani devono riprodurre la vita di Gesù nei loro comportamenti, ma, allo stesso tempo, non possono permettere che sia ignorato il nome di Gesù e si estingua la sua memoria. La fede cristiana porta nel cuore, al suo centro, una persona concreta, vissuta in un certo tempo e in un certo luogo di questa terra, Gesù di Nazaret.
Essa non può essere sostituita da un codice morale. Non c’è evangelizzazione senza la testimonianza di vite vissute secondo il vangelo, ma neppure c’è evangelizzazione senza il pronunciamento del Nome». (S. Dianich) E’ grande la missione della chiesa (non per fare proselitismo, ma per rendere più vivibile il mondo): prolungare nella storia la memoria di Gesù, fare in modo che l’umanità non lo dimentichi, perché non può esserci cristianesimo là dove lo si scorda, dove non si racconta cosa ha fatto, come è vissuto e perché e come è stato ucciso. Se i primi cristiani non avessero creduto e diffuso nel mondo la fede nella risurrezione di Gesù, anche la sua memoria storica sarebbe potuto andar perduta. Quindi, conclude Dianich, «non è vero che bastano i fatti a testimoniare la fede. Non c’è cristianesimo là dove non risuona il nome di Gesù. Ci può essere un modo di vivere da cristiani, ma non l’essere cristiani. Ciò che caratterizza il cristiano è la speranza e la speranza germoglia dalla fede nella risurrezione del Signore». (in: www. alzogliocchiversoilcielo.com) Sono importanti l’esempio e la parola, se si vuole che la chiesa viva nei secoli futuri.
