«Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Cananei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro grazia. Non ti imparenterai con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero i tuoi figli dal seguire me, per farli servire a dei stranieri, e l'ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe. Ma voi vi comporterete con loro così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete nel fuoco i loro idoli. Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra».
Così leggiamo nel Deuteronomio. E potremmo pensare a un Dio crudele, per il quale non tutti gli uomini sono figli, ma soltanto il popolo che si è scelto. Brani simili ne possiamo leggere molti altri, continuando a pensare che violenza e vendetta sono suggeriti da Dio. Non accadeva soltanto al tempo in cui la Bibbia fu scritta, ammesso che storicamente tutto sia poi avvenuto, ma anche più tardi, quando le SS portavano scritto: Dio con noi. Sono versetti che ci dicono con chiarezza che la Bibbia è stata scritta da uomini e non da angeli, non da Dio.
In essa c’è insieme alla parola di Dio il peso e le contraddizioni della nostra umanità. Descrive un Dio che si arrabbia, si commuove, è pronto a cambiare idea. Ma la Bibbia sa bene che «Dio non è un uomo come me» come afferma Giobbe (9,32). Un Dio diverso ce lo presenta anche Isaia: «Ora la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia, ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine, ed ecco grida di oppressi. Guai a voi che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restiate soli ad abitare sulla terra». (Is.5, 7-8)
Succedeva che i benestanti compravano case e terreni dei vicini, di chi aveva debiti. Arraffavano proprietà tramandate da generazioni, e tutto era legale, naturalmente. Ma in ogni modo contraddiceva l’intenzione di Dio, che attraverso la legge aveva previsto che l’eredità restasse alle famiglie sempre. Lasciare i poveri in condizioni precarie è contrario al progetto di Dio. E su questo avremmo da meditare anche noi oggi…
È un errore enorme leggere la Bibbia senza tener conto che contiene parole e fatti che non sono di Dio, né possono essere attribuiti a Dio. Solo da una lettura «illuminata dall’intelligenza critica e credente riemerge la parola profetica di Dio, che invita, al contrario, a confidare nella Sapienza e non nella forza delle armi» (Rosanna Virgili).
I cristiani leggono anche i libri dell’Antico Testamento come parola ispirata da Dio.
Gesù è ebreo, figlio del popolo di Israele. Ebbene Lui ha invitato ad amare tutti, senza distinzione, anche i nemici, meta probabilmente irraggiungibile per la nostra umanità, ma traguardo verso cui camminare con convinzione. C’è una splendida storia nell’Antico Testamento da leggere e meditare. Racconta di due donne Rut e Noemi, antenate di Gesù, che con sapienza grande e assoluto timor di Dio, capirono che far la guerra tra gli ebrei e i cananei, tra gli oriundi e gli stranieri, tra i betlemmiti e i moabiti avrebbe portato alla sventura e alla fine degli uni e degli altri. Nessuno si sarebbe salvato da solo. Per questo le due donne, l’ebrea e la straniera, si unirono e formarono un unico popolo con un medesimo Dio. Da questa pace fiorì la discendenza dei figli di Iesse, di Davide, non uomo perfetto, ma uomo di compassione e di perdono.
Usare le Scritture - anche l’Antico Testamento - per giustificare l’uso delle armi è una bestemmia. Non ci sono guerre giuste; lo diceva con forza don Milani e lo ha ribadito senza tentennamenti papa Francesco. Il catechismo della chiesa cattolica, è vero, la ammetteva, ma ponendo condizioni tali che di fatto la rendeva impossibile. Ogni guerra aumenta l’odio e, nel caso dello sterminio di Gaza, aumenta l’antisemitismo, col rischio che duri per secoli e porti ancora molto male al popolo ebreo, che già molto ha sofferto.
