Tra il 1933 e il 1945 la Germania nazista e i suoi alleati crearono più di 40.000 campi di concentramento e altre strutture carcerarie. Questi campi furono usati per diversi scopi, tra i quali i lavori forzati, la detenzione di chi era considerato nemico dello Stato, e l'eliminazione in massa dei prigionieri. Il primo campo di concentramento fu quello di Dachau, aperto nel 1933 e chiuso del 1945. È proprio il 1945 che vede la liberazione dai campi di concentramento, iniziata con gli angloamericani che avanzavano in Europa. Le truppe sovietiche, dall"altra parte, cominciarono a incontrare migliaia di prigionieri scampati alle marce della morte, malati e denutriti, che a stento si reggevano sulle loro gambe. Questo perché i nazisti volevano nascondere al mondo i loro orrendi crimini e quindi dovevano assolutamente sbarazzarsi di ogni genere di prova. Organizzarono di conseguenza una quasi totale evacuazione dei prigionieri dai campi di concentramento spingendoli a percorrere a piedi e in massa chilometri e chilometri verso ovest. Il freddo pungente, il rigore del clima, la neve, la spossatezza e la fame atroce facevano collassare i detenuti.
Furono proprio i soldati sovietici i primi ad avvicinarsi al lager di Majdanek, in Polonia, nel luglio del 1944. I nazisti, sorpresi, distrussero il campo dando fuoco al crematorio. Tuttavia, nella fretta dell"evacuazione, le camere a gas rimasero intatte. Nell"estate del 1944, i sovietici liberarono anche i campi di Belsen, Sobibòr e Treblinka, ma è solo il 27 gennaio del 1945 che i russi liberarono Auschwitz: da qui la data del 27 gennaio come "La Giornata della Memoria".
Come Primo Levi
ripeteva: "La liberazione non ebbe niente di festoso, ma fu accompagnata da un
insieme di sentimenti contrastanti:
la vergona per essere sopravvissuti e il rimorso per azioni immorali compiute
durante la prigionia o per omissioni di soccorso nei confronti dei compagni in
difficoltà ". In molti deportati, purtroppo, il delirio e la follia denotavano
la totale devastazione delle loro
fragili anime che l"esperienza del lager aveva segnato in maniera indelebile.
I
sovietici restarono senza parole davanti allo scempio di coloro che una volta
erano stati uomini possenti e forti, provarono quello che Levi definì "lo stupore per il male altrui". Sempre
lo scrittore raccontò: "Erano quattro giovani soldati a cavallo che procedevano
guardinghi con i mitragliatori imbracciati. Lungo la strada delimitata del
campo c"erano quattro uomini armati, ma non armati contro di noi. Quattro
messaggeri di pace dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo. Non
salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che dalla pietà , da un
confuso ritegno che avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Per noi anche
l"ora della libertà suonò grave e chiusa e ci riempì gli animi a un tempo di
gioia e a un doloroso senso di pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre
memorie dalla bruttura che vi ci giaceva. Di fronte alla libertà ci sentivamo
smarriti, svuotati, atrofizzati, disadattati alla nostra parte". I soldati sovietici nei campi che liberarono, Stutthof, Sachsenhausen, Ravensbrück, trovarono poche migliaia di
prigionieri ancora vivi, emaciati e sofferenti, insieme a numerose prove dei
massacri di massa compiuti ad Auschwitz. I tedeschi in ritirata avevano
distrutto la maggior parte dei magazzini del campo, ma in quelli rimasti in
piedi i sovietici scoprirono centinaia di migliaia di abiti e più di 6000 kg di capelli che sarebbero stati
utilizzati per farne coperte per i soldati nazisti. Fu poi la volta delle forze americane, che l"11 aprile del 1945 liberarono il campo di
concentramento di Buchenwald e,
successivamente, Flossenbürg, Dachau e Mauthausen. Per i
tedeschi era mille volte preferibile finire prigionieri degli americani perché
di sicuro sarebbero stati più compassionevoli dei russi, che invece ci andavano
molto pesante. Nonostante la desiderata pietà statunitense, il comandante e
futuro presidente degli Stati Uniti Dwight
Eisenhower, che aveva in grande odio la Germania, impose un trattamento durissimo
ai prigionieri nazisti.
Nel frangente le forze
britanniche liberarono alcuni campi di concentramento nel nord della
Germania, dove entrarono alla metà di aprile del 1945. Circa 60mila prigionieri
e la maggior parte in condizioni critiche a causa di un"epidemia di tifo furono
trovati ancora vivi. Più di 10.000, però, morirono nelle settimane successive a
causa della malnutrizione e delle malattie. I liberatori si trovavano ad
affrontare condizioni indescrivibili nei campi di concentramento, dove mucchi
di cadaveri giacevano in attesa di essere seppelliti. Solo dopo la liberazione il mondo poté finalmente conoscere le
reali dimensioni dell"orrore nazista.
La piccola percentuale di prigionieri che era sopravvissuta era estremamente
provata dal lavoro forzato, dalla mancanza di cibo, dai maltrattamenti. Molti
erano talmente deboli che a stento erano in grado di muoversi. Occorreva
prestare attenzione anche alla nuova alimentazione degli ex prigionieri che,
sconvolti da mesi dalla fame nera, si avventavano disperatamente sulle dispense
naziste sfogando quella fame lungamente repressa e divorando qualsiasi cosa
commestibile capitasse loro a tiro. Questi episodi decretarono la loro morte immediata, perché il loro stomaco
debilitato non era più in grado di digerire in una sola volta una porzione
abbondante. Furono così moltissimi a morire per l"eccesso di nutrimento. La popolazione tedesca che avevo fatto finta per anni di
non vedere, fu costretta a entrare nei
lager per guardare con i propri occhi di quali atrocità era stato capace di
compiere il nazismo. Tra l"odore nauseabondo dei corpi privi di vita
accantonati in ogni angolo i cittadini piangevano. Le vittime degli omicidi più
brutali vennero alloggiate in una baracca di legno. Alcuni pezzi grossi del
regime nazista si rifiutarono di entrare, ma gli americani li costrinsero ad assistere
a quello scempio. Molte donne non ressero e collassarono; gli uomini invece
furono obbligati a scavare fosse per deporre i corpi scheletrici delle vittime.
Un minimo castigo per la loro omertà e per la loro indifferenza.
