dom 13 ott 2024 16:10 • By: Elena Gabardi
Con Gabriella Dorio al Festival dello Sport
TRENTO. Il Festival dello Sport a Trento ha ospitato l’incontro “Nate per correre” con le campionesse olimpiche Nadia Battocletti e Gabriella Dorio in una Sala Filarmonica piena fino all’ultimo ordine di file: un racconto emozionante tra presente, passato e futuro del mezzofondo mondiale con il giornalista Andrea Buongiovanni della Gazzetta dello Sport.
Esperienze che si assomigliano, quelle della Battocletti e della Dorio, tra record e medaglie, parallelismi che si inseguono sulle piste di gara, nonostante le separino 4 decadi: un filo diretto da Los Angeles 1984 a Parigi 2024, che le atlete hanno intessuto di emozioni e spiegazioni tecniche. Una conoscenza di lungo corso la loro, che è diventata stima nel corso degli anni: «Ho conosciuto Nadia a 9 anni a Cles in una gara esordienti, già si vedeva che aveva una corsa naturale. L’ho vista crescere perché seguo le giovanili e l’ho vista maturare consapevolezza: testa, gambe e cuore devono andare insieme. Anch’io all’inizio ero allenata da un famigliare, mio fratello, e questo non era visto di buon occhio. Nadia ha un padre allenatore bravissimo (Giuliano Battocletti, ndr), lo ha dimostrato negli anni, sono cresciuti insieme e ora ne vediamo i frutti».
Frutti che hanno portato nel 2024 due ori europei con i primati nazionali nei 5000 e 10000 metri, un quarto posto olimpico nei 5000 e uno storico argento olimpico nei 10000 metri. «Nel 2016 Gabriella mi ha accompagnato nella prima corsa nazionale, sono arrivata sesta. I suoi consigli sono stati preziosi. Da allora sono cresciuta molto mentalmente, ogni gara, ogni allenamento, ogni sfida fa crescere».
Con emozione palpabile è la Dorio a raccontare la medaglia di Nadia a Parigi: «Mi sudano ancora le mani a pensarci. Ho visto che gestiva bene la gara, quando ho visto la sua faccia negli ultimi 500 m le ho letto la determinazione in volto e ho capito che stava per succedere qualcosa di grande, ho cominciato a piangere. Peccato che non ci siano stati 20 metri in più» e qualche lacrima spunta anche ora.
«Il risultato di Parigi, se me lo avessero detto, non ci avrei mai creduto - continua la Battocletti. - Dopo i 5000 m ai Mondiali di Tokio ho iniziato ad assaporare le gare di Diamond League e ho cominciato a pensare “forse valgo il record italiano”. E dopo gli Europei a giugno a Roma, il pensiero fisso era Parigi: nella testa mi immaginavo il finale di gara in rimonta, che da sempre è la mia caratteristica. Sono arrivata alle Olimpiadi al 100%, sicura che avevo fatto tutto, allenamenti, ripetute… sono arrivata a dire “Ci sono anch’io”. Nei 5000 la gara si è corsa ad altissimi livelli, sono arrivata 4^ con tempi da record. Nello stadio c’erano 80.000 persone, un tifo straordinario. Poi è arrivata la squalifica della terza, sapevo che comunque era da confermare, ma nel mio cuore io ero quarta. Però c’era ancora una gara!».
Una giostra di emozioni e nei giorni successivi i dolori al piede, tanto da mettere in forse la partecipazione ai 10000 metri. «Ho fatto tanta fisioterapia, il giorno della gara stavo bene, trenta minuti prima della partenza di nuovo fitte forti, non capito tanto dolore. Papà mi ha detto “Se te la senti, vai”, ma c’era preoccupazione perché il tendine è cruciale per un atleta. Mi sono detta “fai la tua gara”, ho deciso di stare davanti per evitare contatti e cadute, avevo la mente lucida, decisa ad attaccare appena qualcuna si fosse mossa. Dovevo essere come un falco!».
Il pubblico è rapito da una cronaca della gara al cardiopalma in prima persona: «Ancora tre giri, sto bene, a 2 giri dalla fine ho una bella corsa leggera. Un pensiero, è stato un istante: “forse prendo la medaglia persa nei 5000”. A 500 metri dal traguardo “adesso mettiamo tutte le carte”. A 500 metri tutte si mettono esterne per passare, l’interno è libero, è ora di provare il tutto per tutto. Sto all’interno, c’è timore ai 200 metri a superare. Ultimi 120 metri “full gas”, tutto ciò che c’era doveva uscire» conclude, lasciando il pubblico col batticuore come fosse stato in gara.
Un salto nel tempo e siamo a Los Angeles, 40 anni fa con Gabriella Dorio: «Ho ricordi bellissimi delle 3 Olimpiadi cui ho partecipato, sarebbero 5, ma 2 le ho dovute saltare per infortunio. Gli 800 metri sono due giri della morte dove non c’è tempo per pensare, sono i 1500 la mia gara. Fare gli 800 mi preparava e tranquillizzava per la gara che contava per me. A Los Angeles li ho chiusi quarta e avevo sbagliato, un errore tecnico da principiante: sono partita in testa, a 200 metri dall’arrivo ho pensato “prendo fiato”, è stato un attimo e mi hanno sorpassata tutte, ho recuperato in curva fino alla quarta posizione, ma ero arrabbiata. Ho pianto per giorni, poi mi sono detta “quarta sbagliando, è la prova che sto bene, pensiamo ai 1500”. Avevo gambe buone e stavo bene e la consapevolezza che quella gara me la dovevo giocare. Lo dico sempre ai giovani che vanno controllate le gambe e le emozioni, va allenata anche la testa. Non sono più tornata a Los Angeles, ci andrò alle Olimpiadi del 2028 per vedere Nadia» e questa volta è l’atleta di casa a commuoversi.
«Secondo il tuo allenatore abbiamo visto ancora poco» la incalza il giornalista: «I margini di miglioramento sono ampi, concordo con lui. Non ho ancora raggiunto i carichi di lavoro delle mie avversarie, corro in allenamento 100-110 km a settimana, loro sono a 160/170 km. Devo aumentare gradualmente per preparare il fisico e ridurre il rischio infortuni, il corpo deve adattarsi».
Corpo e mente di una giovane atleta, impegnata nello sport e nello studio, citata ad esempio dal rettore dell’Università di Trento, ma che ha saputo mantenere la semplicità e gli affetti un tempo, compresi gli amici del colorato fan club “StraordiNadia”, nato da un gruppo di compaesani, che raccoglie ormai migliaia di seguaci, alcuni presenti in sala: «Sono fiera del mio paese Cavareno, un piccolo paese tipico di montagna, con il profumo dei prati e dei boschi. Adesso c’è quello della “grassa”, ma è bello lo stesso. Mi alleno a 1000 metri di quota ed è ottimo per la mia preparazione in endurance. In inverno sono a Trento per l’Università e corro sulla ciclabile, ma appena posso torno a casa. È il posto degli affetti, della mia famiglia, parlo con le persone con semplicità. Il recupero dopo le gare è importante».
E la prossima sarà già a novembre con la “Cinque Mulini”, poi gli Europei di Cross in Turchia e l’immancabile “Campaccio”. E l’aspetta una lunga stagione 2025, che culminerà a settembre con i Mondiali a Tokio.