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Conclusione del sinodo: fine ingloriosa?

dom 27 ott 2024 08:10 • By: Renato Pellegrini

L'assemblea della Chiesa si avvia alla conclusione, ma è mancato il coraggio di cambiare

Chissà se qualcuno sa cosa è il sinodo nella Chiesa. Chissà se in questi ultimi due anni qualcuno ne ha sentito parlare, ha capito come si svolge e quali temi tratta. Andiamo con ordine.

Sinodo è una parola che deriva dal greco, indica un’assemblea, un incontro di persone chiamate a decidere, a “camminare insieme”. Papa Francesco ha avuto una grande intuizione quando ha annunciato di volere un sinodo in cui tutti, dai vescovi ai laici, potessero partecipare e portare un loro specifico contributo. Si trattava inizialmente di una “grande operazione di ascolto” dove lasciar venire a galla interrogativi importanti e urgenti: come si collabora nelle diocesi per annunciare il Vangelo? Quali passi si sono fatti e si intende fare? Quale esperienza di Chiesa stiamo facendo? Che posto e ruolo hanno le donne? È possibile pensare a preti sposati? Che spazio ha la voce delle persone emarginate e degli esclusi? Nel progetto iniziale, si invitavano tutti i partecipanti a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità.

Fra pochi giorni il Sinodo si concluderà. È lecito chiedersi con quali risultati. A me pare, e lo dico con dispiacere, che sui lavori sinodali continua un grande silenzio e i fedeli, il popolo di Dio, nonostante i buoni propositi rimane in attesa. Forse non si è capito che ai cristiani ciò che interessa non sono le elaborazioni teologiche, ma piuttosto l’introduzione di qualche cambiamento che renda la Chiesa più vicina al Vangelo che al diritto canonico. Cambiare si può e si deve, si possono imboccare vie nuove senza essere eretici. Il papa ha pensato un Sinodo dove i membri si potessero sentire convocati dalla Parola del Signore, dove l’intero popolo di Dio pregasse per il Sinodo, come era avvenuto alla vigilia del Vaticano II, che è stato capace di suscitare una grande speranza, il Sinodo, purtroppo, sembra qualcosa di routine, piuttosto lontano da quello immaginato da Francesco. È mancato il coraggio di decidere, ci si è fermati a raccontare le cose positive che ci sono, (ed è una cosa importante e bella) a inventare qualcosa da cambiare, ma senza tracciare strade e indicare traguardi.

Graziadei marzo 2025

Si è taciuto su alcuni problemi che la mentalità contemporanea ritiene fondamentali. Condivido pienamente quello che scrive Enzo Bianchi: «Oggi in tutte le assemblee sinodali, anche in quella italiana, c’è un eccessivo ricorso a un linguaggio stantio, ci sono troppe espressioni inventate che alla gente non dicono nulla come “i cantieri di Betania”. Infine si pretende che i lavori seguano fasi predeterminate in cui anche la profezia non è dono dell’alto e dono dello Spirito, ma è decisa da noi come potesse essere un’acquisizione». 

Le convocazioni sinodali non hanno quasi mai portato il cambiamento che ci si attendeva, anche se lo Spirito non lasciava sempre tutto immobile. Prendiamo ad esempio il Sinodo che Bergoglio ha convocato sui divorziati risposati: ha fatto votare, ha resistito a non poche resistenze; in fondo ha sanato una prassi, ha tracciato almeno un sentiero per far vivere a tutti l’amore di Dio. Ma poi, in altre occasioni, ha tentennato: il Sinodo dell’Amazzonia, ad esempio, chiedeva di ordinare prete cristiani sposati (come già Benedetto XVI ha concesso, purché cristiani anglicani) ma non se ne è fatto nulla. Anche questa volta è probabile non si arrivi a nulla. Si dirà che i tempi non sono maturi, si lascerà al papa tirare le conclusioni, tenendo conto di quanto realmente emerso. Il documento finale sembra scontentare tutti e così, scrive Alberto Melloni «il sinodo di papa Francesco tramonta senza traumi e senza frutti». Intanto si annunciano nuovi cardinali. Sono coloro che eleggeranno un nuovo pontefice (speriamo tardi) scelto, se va bene, «fra i pochissimi che hanno, oltre al peccato originale e una storia, un’anima e una testa» (è il giudizio severo di Alberto Melloni sul Corriere della Sera del 24.10.2024).

Papa Francesco ha intuito che la partita della Chiesa post-conciliare è la sinodalità, cioè è camminare insieme, pregare insieme, decidere insieme; questo è un merito che la storia gli riconoscerà. Non aver saputo, o più probabilmente potuto arrivare fino in fondo, non è colpa solo di Bergoglio, «ma è un fatto che costerà caro ben oltre il tramonto di questo pontificato nel mondo in fiamme». Non credo sia possibile ancora per molto tempo una chiesa clericale, una chiesa che ha paura di scalfire la tradizione, che non sa valorizzare il sacerdozio comune dei fedeli, il fatto cioè che tutti i battezzati sono parte attiva dell’annuncio del Vangelo e della vita della Chiesa. Ci sono stati pontificati repressivi, che hanno impedito ai cristiani di dire una parola diversa da quella della gerarchia, come fossero un’eco tenue di ciò che altri potevano annunciare con forza, o semplici registratori, incapaci di ogni inventiva. Ecco: il Sinodo è (dovrebbe essere) il luogo e il tempo dove tutti hanno diritto di parola, di fare proposte e di essere ascoltati.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      



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