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Il Dio frainteso

dom 03 nov 2024 09:11 • By: Renato Pellegrini

Una domanda aperta, non quello che nel passato veniva raccontato

Nel film Conversazione con Dio una signora che sta ascoltando l’omelia di Neale Donald Walsch, a un certo punto si alza e chiede: «Se Dio volesse farci arrivare un messaggio, intendo il suo messaggio più importante per tutti noi, e lei dovesse sintetizzarlo in un paragrafo, che cosa scriverebbe?» Dopo un breve silenzio, Neale risponde: «Lo ridurrei a quattro parole: voi mi avete frainteso».

E io sono convinto che oggi il grande ostacolo che incontra la fede cristiana stia proprio nel fatto che ha frainteso Dio e che forse continua a fraintenderlo, o, in altre parole, non l’ha ascoltato, ma se l’è immaginato e, almeno talvolta fantasticando, ha creato la divinità e il suo mondo.

Di questa creazione ne percepiamo le conseguenze. Si incontrano ancora persone anziane che nella loro infanzia hanno interiorizzato un’immagine di Dio oppressiva e soffocante. Ricordo che molti anni fa una donna, ora morta, mi disse più o meno così: il vostro Dio me ne ha fatte vedere di tutti i colori; qualsiasi cosa una donna facesse, era peccato… Mi ha colpito che sottolineasse: “il vostro Dio”, lei che era credente, che pregava molto, non ammetteva che quel Dio fosse il nostro Dio, quindi anche il suo!

Non poche persone vivevano nella paura di essere punite e non accettate, anche se molte volte avevano ascoltato che Dio è amore e misericordia. La religiosità di molti credenti faceva leva sul sacrificio e sul peccato. Di solito si giustifica un tale scempio, dicendo che i tempi e la mentalità di allora comportavano una simile visione. Tanta gente, io credo, viveva un profondo disagio interiore e non riuscivano ad accogliere serenamente i propri limiti e le proprie fragilità.

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Esagerando, ma solo un pochino, potrei dire che Dio era il padre-padrone al quale si doveva immenso rispetto e totale obbedienza. A questo proposito un prete che in Val di Sole tutti hanno conosciuto e amato, don Giovanni, commentava, riecheggiando il libro di Giobbe: «Quando sarò su da Lui, lo lascerò parlare, ma poi gli dirò: “Adesso taci. Ho anch’io un po’ di cose da chiarire...”

Altri hanno fatto un percorso diverso: una volta arrivati all’età adulta, si sono liberati di questo Dio, che ha avvelenato i piaceri della vita, si sono allontanati da un mondo religioso che ha tagliato le ali alla gioia e alla libertà. Non c’è da stupirsi se qualcuno o forse molte di queste persone, non avendo trovato il Pastore buono e accogliente, e ancor meno il Padre con le braccia spalancate di cui avevano sentito parlare, abbiano rivolto proprio contro Dio la propria rabbia, abbandonandolo definitivamente, senza voler aver più niente a che fare. Qualche mio amico me lo ha detto francamente.

Si chiedeva e mi chiedeva: «Ma come puoi credere in un Dio così assurdo e crudele? Dici che è Padre, ma guardati in giro, dov’è il suo amore?» Scrive in un suo interessante libro Enzo Bianchi: «A volte Dio diventa una presenza ossessiva, e va riconosciuto che di ciò sono particolarmente responsabili quanti si appellano a Lui e magari si dicono investiti dell’autorità e della missione di parlare di Lui: quante immagini perverse, quanti vitelli d’oro (cfr. Esodo 31) hanno fabbricato e fabbricano con l’intenzione “di fare il bene”, di “educare”… Fabbricano e distribuiscono immagini di un Dio che ama finché uno fa il bene, ma che non ama più chi fa il male, immagini di un Dio spione (“Dio ti vede”), che viola la nostra stessa intimità…»

Chi ha a che fare con un Dio così diventa ateo, preferisce fare a meno di Dio, perché è insopportabile. Non ho dubbi nell’affermare che il rifiuto della fede cristiana, trae il suo miglior alimento da una rappresentazione sbagliata di Dio.

Ciò che è bene ricordare sempre è che Dio non lo possiamo manipolare, non lo conosciamo se non grazie a Gesù Cristo; Egli è sempre oltre, non è immediatamente disponibile: nessuno potrà mai averne il monopolio, neanche la Chiesa. Il credente dunque non è chiamato a coltivare certezze e scavare recinti, ma a essere inquieto. Non ha verità da diffondere, ma da cercarle insieme ad altri. Dio mette in moto la speranza e sussurra le inquiete domande del cuore. Anche senza avere una luminosa conoscenza sul mistero che lo sovrasta e una risposta sicura a ogni domanda del mondo, il credente sa che cammina verso Dio e che questo stesso Dio lo può far conoscere, o anche semplicemente incontrare sui sentieri degli uomini. Ancora vorrei dire che Dio non è un’assicurazione sulla vita e neanche un oggetto che si può tenere nelle mani e usare a proprio piacimento. Dio è una domanda aperta, che ti suggerisce che se vuoi davvero incontrarlo, devi liberarti di Lui, di troppe cose che ti hanno raccontato e ascoltare la voce che come un vento leggero ti suggerisce di non fermarti a quanto vedi nel mondo: «L’essenziale è invisibile agli occhi!». 



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