lun 18 nov 2024 11:11 • Dalla redazione
Partecipato l'incontro promosso a Cles dal Presidio Libera Valli del Noce
CLES. “Quando i giapponesi riparano un vaso lo fanno unendo i cocci con un filo d’oro che non nasconde le fratture ma le rende parte preziosa dell’oggetto. Così dovrebbe essere per ogni individuo; le fratture, le sconfitte non scompaiono ma, se sanate, possono essere parte preziosa della propria storia”.
Questa metafora, proposta da don Mauro Leonardelli, delegato vescovile per l’area Testimonianza e Impegno Sociale per la Diocesi di Trento, riassume il senso del confronto proposta dal Presidio Libera Valli del Noce “Ilaria Alpi” venerdì 15 novembre nell’ambito del programma “Cles per l’Agenda 2030” organizzato dal Comune di Cles. Ad aprire la serata sono stati il sindaco di Cles Ruggero Mucchi e Gabriella Dolzani del Presidio Libera. Un tema complesso che potrebbe sembrare lontano dal vissuto quotidiano specie in una società che, come ha osservato Andrea De Bertolini, giurista, avvocato, già presidente del consiglio dell’Ordine Avvocati di Trento e oggi consigliere provinciale, tende a dividersi fra buoni e cattivi, fra poveri e ricchi fra trentini e stranieri.
Un confronto dunque intenso che ha inchiodato il pubblico alle sedie di una sala Borghesi Bertolla affollata per più di due ore. E già il primo intervento sollecitato dal moderatore della serata, Giorgio Lunelli, ha avuto un forte impatto emotivo; collegato da Palermo, infatti, Nino Morana Agostino ha portato il ricordo di Vincenzo Agostino e Augusta Schiera, suoi nonni e genitori di Antonino Agostino, l’agente della Polizia di Stato assassinato nell’agosto del 1989 a Villagrazia di Carini insieme alla giovane moglie, Ida Castelluccio; il 7 ottobre scorso il Tribunale di Palermo ha condannato in primo grado Gaetano Scotto come esecutore materiale del triplice omicidio (Ida Castelluccio era in attesa di un figlio); Nino, con la saggezza e con l’umanità che in molti hanno conosciuto in Vincenzo ed Augusta, ha riflettuto sul senso di questa sentenza.
Il dibattito poi si è mosso partendo da due punti di vista diversi, quello laico di Andrea De Bertolini e quello di fede proposto da don Mauro Angeli, insieme a don Leonardelli, cappellano della Casa Circondariale di Spini di Gardolo.
Una serie di riflessioni di grande profondità che hanno letto il mondo carcerario dal punto di vista dei numeri e del significato che la Costituzione prescrive della pena e di quanto oggi, in un sistema al collasso, questo valore sia difficilmente ottenibile, e poi dal punto di vista umano e di fede.
Don Mauro Angeli ha saputo trasmettere, con il suo sorriso e la sua semplicità quasi disarmante, la forza ed il coraggio di un lavoro difficile e complesso: raccogliere le storie, ricostruire i pezzi di una vita per realizzare un cammino di recupero della dignità. Due percorsi diversi che però, come ha osservato De Bertolini, si ritrovano nel punto nodale: l’umanità e la dignità.
Ed è proprio in nome di questa comunità che tutti i relatori hanno ribadito con forza la necessità di investire sul mondo delle carceri perché oggi i numeri sono impietosi e non consentono di cogliere quel percorso di riscatto fondamentale per il recupero delle persone.