dom 24 nov 2024 12:11 • By: Renato Pellegrini
Collaborare per una nuova spiritualità
È finito il Sinodo della Chiesa universale ed è cominciato il sinodo della chiesa italiana. Non in molti se ne sono accorti; il nostro è un mondo distratto, nel quale la fede ha sempre meno peso, come dimostra la recente ricerca del Censis, che conferma quello che già sospettavamo da tempo.
Continua la diminuzione della fede cattolica, soprattutto se intesa come evento non solo personale, ma comunitario. Un numero non irrilevante di italiani, vale a dire il 71%, si dichiara cattolico, ma solo il 15,3% si sente praticante. Meno ancora sono i giovani che ritengono abbia un vero valore la frequenza alla liturgia domenicale. C’è chi avanza l’ipotesi che fra non molti decenni i cattolici praticanti si attesteranno tra il 5 e il 6 per cento. E tuttavia potrà rinascere da lì una fede rinnovata con un linguaggio finalmente nuovo e una testimonianza gioiosa e convinta.
Ma deve trascorrere il tempo in cui creare e accogliere il cambiamento: parole e gesti della liturgia devono cambiare radicalmente, i laici devono finalmente avere un loro spazio e una loro autonomia. Sarà un passo avanti per avere una chiesa che “non sia affare soltanto dei preti”. L’inchiesta sopra citata racconta del bisogno di spiritualità presente in non pochi giovani. Ne sono convinto anch’io per quella poca esperienza che ho. Tuttavia questo “bisogno di spiritualità” per il momento va collocato in un mare di indifferenza e in un dilatarsi del nichilismo, come riflette Enzo Bianchi. Nessuno può mettere in dubbio il fatto che oggi c’è bisogno di vita interiore, di una serenità del cuore che faccia sentir bene con sé stessi. Ma questa non è spiritualità cristiana, è chiaramente una spiritualità “fai da te”. C’è bisogno di una fe de che si basa solo su Gesù Cristo, che si manifesti in forme libere, meno dipendenti dalle regole della chiesa.
Sarà importante sburocratizzare il ruolo del prete, che rischia di essere visto come un funzionario, piuttosto che come colui che annuncia la Parola in mezzo alla comunità dei cristiani. Talvolta mi pare di vivere una chiesa guidata dalla paura, incapace di fare anche un piccolo passo avanti; nei confronti delle donne, ad esempio, aprendo loro almeno la possibilità dell’ordinazione diaconale, o nei confronti di chi vive situazioni coniugali e familiari particolari come i divorziati risposati o i conviventi senza matrimonio… Il popolo di Dio è in gran parte convinto che occorre avere uno sguardo più attento su questioni di questo genere; è convinto della necessità di rivedere qualche punto della tradizionale morale cattolica, superata nei comportamenti e incapace di offrire risposte concrete. Non c’è dubbio che la mancanza di fede, il secolarismo portino ad allontanarsi da una riflessione seria sulla Parola di Dio. Affermare che il Vangelo è poco conosciuto non suscita tra i cattolici né particolari lamenti né significativi entusiasmi. «A prevalere, direi, è una sorta di tiepidezza, che non genera intraprendenza ma lascia la situazione così com’è: stagnante. Molti si limitano a lamentarsi della crisi in atto e coltivano una visione catastrofista circa il futuro del cristianesimo. Ma la fiamma del cristianesimo continua ad ardere nel mondo! Io conservo ottimismo, non però un ottimismo giulivo; ci sono decisioni da prendere e bisogna agire con intelligenza e passione: questa crisi è un’occasione, non va sprecata» (Brunetto Salvarani). C’è una distinzione, forse un’opposizione, talvolta piuttosto netta, tra la Chiesa di vertice e quella di base, tra i vescovi, i preti e chi prete non è. Il popolo di Dio è oggi formato da persone adulte in grado di ragionare con la propria testa, a loro agio nel mondo secolarizzato, dove vivono e lavorano molti lontani dalla fede. Questi cattolici adulti ignorano molto spesso i documenti prodotti dalla gerarchia. Succede in tal modo che le riforme che la gerarchia fa tanta fatica a mettere in campo, vengono di fatto attuate in una forma, diciamo così, non ufficiale. Penso che il compito della Chiesa sia per ora soprattutto ascoltare, accogliere il positivo che c’è, attendere con pazienza. È la grazia di Dio che non abbandona mai il suo cammino. La grazia suscita sempre qualche novità imprevedibile e guida il “piccolo gregge” di Gesù verso traguardi inattesi. È probabile che nasca una resistenza nelle donne e negli uomini a esserci comunque, a non abbandonare la via della fede, “a credere in un sogno comune, offrendo la propria intelligenza, le proprie narrazioni, le pratiche e le visioni condivise con altre e altri” (Lorenzo Rosoli).
Quello che importa oggi è sentirsi comunità, dove tutti sono corresponsabili della Parola di Gesù, provano ad approfondirla e metterla in pratica, coltivano i propri sogni di una comunità giusta e profetica. Per me vuol dire non porter agire come pastore in una comunità se non mi sento dentro un orizzonte di corresponsabilità missionaria. Tutti i cristiani cioè sono chiamati a darsi da fare perché altri scoprano la bellezza e lo splendore di un Dio che ama gli uomini. Per me è indispensabile collaborare con laiche e laici anche riguardo agli aspetti celebrativi. Non vedo un’altra strada che possa condurre a un domani dove s’apre la speranza.