Era il 22 dicembre 1956 quando
una terribile sciagura aerea colpì l"aviazione civile italiana, avendo come
teatro le montagne della Val di Sole. Un bimotore DC 3 della LAI, partito da
Roma alle 16.18 e diretto a Milano Malpensa atteso per le 18.15, non giunse mai
a destinazione, schiantato sulle guglie di Caldura, sul monte Giner. Morirono
21 persone: 17 passeggeri e 4 membri dell"equipaggio. Tra i soccorritori vi era il
carabiniere bolzanino Benito Torricelli,
88 anni, la cui straordinaria testimonianza è stata pubblicata qualche giorno
fa da Luca Fregona sulle pagine
dell"Alto Adige. Torricelli liberò dal ghiaccio le vittime e portò a valle i corpi
della hostess e del pilota. Alla fine svenne e finì in ospedale con un
principio di congelamento all'addome e alle mani. Torricelli, che all"epoca aveva
23 anni, arrivò sul posto dopo una marcia a 30 gradi sottozero iniziata nel
cuore della notte. Nel racconto riportato da Luca
Fregona rivivono le figure delle vittime di quella tragedia, in viaggio su un
vecchio Dakota che aveva fatto la
Seconda guerra mondiale. Come Carlo
Bardelli, di ritorno dall"Arabia Saudita per la morte della moglie; Armando De Petis, agente pubblicitario;
Giorgio Calimani, commerciante di
abbigliamento; Camillo Gariboldi, industriale
di Vigevano; Amleto Mantegazza,
segretario dell"onorevole del Psdi Matteo
Matteotti, figlio di Giacomo,
originario di Comasine, paese posto pochi chilometri più a nord rispetto al
luogo dello schianto. E poi Giuseppe Scarpari, funzionario
della Montecatini; Giulio Tieghi, commercialista:
la moglie "“ racconta Fregona - gli disse di aspettare un giorno, di prendere il
treno il giorno dopo. Ma lui prese l"aereo, per fare prima. A bordo vi era a anche Harris Gray, di Greenwood,
South Carolina, Stati Uniti, direttore della Coca Cola per tutti i paesi del
Mediterraneo, insieme alla moglie Eddy.
Con loro vi era il responsabile per l"Italia, Luciano
Renieri. Oltre al comandante Guido Gasperoni, al petto tre medaglie
da aviatore nella Seconda guerra mondiale, l"equipaggio era completato dal
secondo Lamberto Tamburinelli, dal
marconista Romano d"Amico,
che in quel giorni compiva gli anni; da Maria Luisa Onorati,
detta Marisa, l"unica hostess di bordo. La tragedia avvenne intorno
alle 18: l"aereo che da Genova avrebbe dovuto mirare Milano, andò fuori rotta
di 150 km, schiantandosi sul monte Giner. Con l"avvio dei soccorsi parte
la storia del carabiniere Torricelli, in servizio a Bolzano, scelto per
partecipare alla spedizione di recupero: "Chi era nato in montagna per loro era
un alpinista.
E siccome io venivo dall"Appennino tosco-emiliano, ero una specie
di Walter Bonatti"¦". Partirono in otto e arrivarono a Madonna di Campiglio,
dove Bruno Detassis già nella notte
tra il 22 e il 23 aveva organizzato gruppi di ricerca con Cornelio Collini, Natale Vidi, Bruno e Giulio
Dellagiacoma, Giordano Detassis, i fratelli Catturani, gli Alimonta, Tonino e
Renzo Serafini. Silvano Fostini, l"addetto alla
teleferica che collega la val Nambrone ai Laghi di Cornisello vide
l"apparecchio volare in direzione nord-est verso il Monte Giner. La sua testimonianza
parlò di un aereo che volava "basso perché oltre alle luci di posizione di
coda, ho visto la cabina di pilotaggio illuminata e grande come una finestra.
Il rombo dei motori era irregolare, sotto sforzo, come se il pilota ne
chiedesse il massimo rendimento senza ottenerlo. Pochi attimi dopo vidi la
montagna illuminarsi". Ancora da Celentino testimoni
dissero di aver visto verso le 18.30 un grande bagliore sul versante nord del
Giner e poi ancora fiamme e luci che lentamente si spegnevano. Intanto un
ricognitore individuò i resti. La base operativa venne spostata a Ossana e la mattina del 24 Torricelli
partì, con il corpo cosparso di grasso di foca per difendersi dal freddo. A
Malga Bon, sommersa dalla neve, entrarono da uno scivolo nelle neve scavato dai
pastori. Nella notte del 25 il carabiniere fece parte della squadra guidata dal
capitano dei carabinieri Colombaro Colombatti:
"Dovevamo partire alle tre del mattino "“ racconta Torricelli a Luca Fregona -
raggiungere il punto della disgrazia e sistemare i segnali per fare atterrare
un piccolo elicottero. Dalle carte era stato individuato un pianoro e in questo
punto preciso dovevamo mettere a croce le bandiere italiane per far vedere ai
piloti dove scendere. Tutti dovevamo portare nello zaino le attrezzature e dei
ciocchi di legno. Il freddo era terribile, si doveva accendere un fuoco in
quota per permettere agli uomini di resistere. Faceva 30 sottozero". La salita
durò quattro ore. "La scena che "“ prosegue Torricelli - ci siamo trovati
davanti era orribile".
L"aereo si era spezzato in due, la coda piantata nella
neve, i detriti, vestiti, valige, oggetti personali disseminati in un raggio di
trenta di metri. I corpi erano sparsi ovunque e orrendamente mutilati, "sepolti
da una coltre di neve fresca". E se qualcuno sopravvisse all"impatto, fu il
freddo ad addormentarlo per sempre. I corpi congelati vennero
liberati dal ghiaccio con le piccozze, con rispetto, stando attenti a non colpirli
ulteriormente: "Avevo 23 anni "“ dice Torricelli - ed erano le prime vittime di morte violenta
che vedevo in vita mia. Una cosa del genere ti segna per sempre. Era la mattina
di Natale. Non te lo puoi più dimenticare". La discesa in slitta fu difficile
ed estenuante, fino al ritorno in albergo a Ossana, pieno di giornalisti e
fotografi. "Ricordo a malapena che una giornalista, una donna, mi slacciò gli
scarponi. Poi il buio. Ero sfinito. Mi sono risvegliato all"ospedale di Cles
con un principio di congelamento della zona addominale e alle mani. Sono
rimasto ricoverato lì per diciotto giorni, e poi altri 30 all"ospedale militare
di Bologna". Qui finisce il racconto di
Benito Torricelli, che ricevette un encomio solenne dall"Arma, un messaggio di
ringraziamento dalla Coca Cola accompagnato da un premio in denaro che i
carabinieri devolvettero ai familiari delle vittime, infine una lettera
affettuosa da alcuni di quegli orfani. "La medaglia più bella". Mentre si avviava
all"ospedale, la tragedia del Giner si preparava a finire su tutte le prime
pagine dei giornali d"Italia, ma anche in Parlamento, dove ci si interrogò sui
perché dell"incidente (errore umano, avaria, meteo), sulla mancanza del radar,
l"efficienza dell"assistenza da terra. Alla fine la sciagura fu attribuita a "circostanze sfortunate e fatali": la Lai viene
sciolta e fusa con Alitalia. "Comunque - commenta Fregona -
la tragedia del Monte Giner diede una
forte spinta al rinnovamento del trasporto aereo civile in Italia e ai
protocolli di sicurezza, e anche alle tecniche di soccorso e ricerca in ambito
alpino". L"intervista integrale si trova sull"edizione del quotidiano Alto Adige
del 16 gennaio 2021 (Qui il link)
Cultura & spettacolo
65 anni fa, la tragedia aerea del Giner
La testimonianza del carabiniere bolzanino Benito Torricelli, raccolta da Luca Fregona per il quotidiano Alto Adige
