dom 15 dic 2024 09:12 • By: Renato Pellegrini
È bene che continuino (o possano cominciare) a parlare anche dentro la Chiesa, senza eccezioni
Anche se, come attestano le ricerche sociologiche e varie
inchieste, le donne sono coloro che in numero maggiore hanno abbandonato la
chiesa in questi ultimi anni, tuttavia nelle nostre parrocchie sono le persone
che più si danno da fare sia per il decoro delle chiese sia per la catechesi,
la presenza nei consigli e comitati pastorali ecc.
Eppure a nessuna di loro, nemmeno se laureata in teologia, è data la possibilità di predicare. E questo nonostante proprio la predicazione sia in grande affanno. Una delle lamentele più diffuse che è possibile ascoltare all’uscita della messa domenicale riguarda proprio l’omelia: talvolta è troppo lunga, altre volte è una tiritera che non dice niente, altre volte ancora è di una noia mortale.
Personalmente ho potuto ascoltare alcune riflessioni di qualche donna sulla Parola di Dio e l’ho trovata semplicemente edificante. E mi è venuta spontanea la domanda: ma perché dunque le donne non possono predicare? Semplice: per una disposizione giuridica che lega la predicazione liturgica al ministero ordinato e, naturalmente, al sesso maschile. Non lo dice il Vangelo e non abbiamo notizie che lo abbiano voluto gli apostoli. Un’obiezione è subito possibile: lo Spirito santo non dà i suoi doni anche alle donne?
È condizionato dal sesso? Sono domande imbarazzanti e senza alcuna risposta. Per fortuna si moltiplicano le pubblicazioni di bravissime teologhe che spiegano i passi dei Vangeli o che talvolta scrivono tracce per le omelie delle domeniche e feste dell’anno liturgico. La cosa sorprendente e buffa è che i preti potrebbero leggerle durante la celebrazione, ma è vietato che lo facciano le autrici.
Se vogliono le possono leggere e possono commentarle con amiche e amici, ma fuori dall’assemblea dei fedeli riuniti per la celebrazione eucaristica.
È una situazione tra il comico e il ridicolo, ma che ci suggerisce anche di mantenere la serenità, perché lo Spirito santo trova il modo di soffiare comunque, inaspettatamente e per altre vie. C’è una parte della Chiesa, quella gerarchica in primis, incapace di leggere i segni dei tempi, di leggere nei mutamenti storici una nuova Parola di Dio o, per non essere frainteso, la possibilità di approfondire ciò che Dio ha detto nei millenni passati con linguaggio diverso in mezzo a vicende diverse. È ben vero che la storia si ripete e che non c’è nulla di nuovo sotto il sole (Qoelet 1,10), è altrettanto vero che cambiano le interpretazioni: non si contraddicono e non si annullano, ma ogni tempo evidenzia il volto di Dio più vicino alla rivelazione donataci da Gesù.
E non è facile dimostrare che Gesù abbia lasciato nell’ombra le donne, non le abbia valorizzate entrando in netto contrasto con le tradizioni dell’epoca. Se è vero quanto asserisce il Concilio vaticano II, e cioè che la Chiesa trasmette tutto ciò che essa vive e tutto ciò che essa è (Dei Verbum 8) occorre tenere presente che «quanto trasmette cresce con lo studio dei credenti e la comprensione delle cose spirituali, cioè con la sapienza che viene dal vivere la fede: in tutto questo le donne sono determinanti, come tutti. Senza il vissuto e il sentire delle donne, non si dà tradizione ecclesiale e quindi predicazione». (Simona Sigoloni, il regno delle donne; 9.12.2024). Nei Vangeli Maria Maddalena è davvero «apostola degli apostoli», perché è lei che corre a dare la notizia della Risurrezione, perché è a lei che Gesù appare davanti al sepolcro vuoto e vedendola piangere la chiama per nome.
È interessante leggere anche la prima conclusione del Vangelo di Marco (16,8). È il mattino di Pasqua, le donne vanno al sepolcro e lo trovano vuoto. Incontrano un giovane che spiega loro che Gesù è tornato a vivere. «Marco (genialmente) conclude dicendo che queste donne per la paura non dissero niente a nessuno. Il genio sta nella provocazione al lettore: lo ammonisce che se questo annuncio non viene raccontato non può portare frutto. Ma evidentemente se il Vangelo è stato scritto e il lettore lo sta leggendo, queste donne hanno parlato e lo sappiamo dagli altri evangelisti.
Che sarebbe successo però se avessero taciuto? Che sarebbe successo se avessero obbedito alla norma che non riconosce loro una parola autorevole? Molto semplicemente e molto drammaticamente la tradizione ecclesiale non si sarebbe nemmeno avviata perché, che ci piaccia o meno, le discepole ne sono il primo indispensabile anello» (S. Sigoloni).
Forse dovremmo avere più coraggio ed ammettere che è grazie alle donne che è arrivato fino a noi il messaggio di Gesù, è grazie a loro se possiamo dirci cristiani, ed è bene che continuino (o possano cominciare) a parlare anche dentro la Chiesa, senza eccezioni.