dom 19 gen 2025 14:01 • By: Renato Pellegrini
Una riflessione sulla proposta del ministro Valditara. La scuola non deve aver paura di insegnare le religioni
Come sempre accade quando si propone una riforma,
qualunque essa sia, nascono molte reazioni, che sottolineano soprattutto le
criticità ravvisabili e anche i cambiamenti positivi che vi sono contenuti.
È successo anche dopo un’intervista rilasciata dal ministro dell’istruzione e del merito riguardo alla riforma della scuola. Tra i cambiamenti non mi convince l’abolizione della geostoria. Non è una materia strana, è piuttosto utile per gli spunti attualissimi e interessanti che contiene.
«Collegare la geografia alla storia, dall’antichità ai giorni nostri, permette di aprire gli orizzonti e di comprendere fenomeni molto complessi. Ci vorrebbe molta più geostoria a scuola, soprattutto su temi caldi, che toccano le vite degli adulti di oggi e di domani. Penso alla nascita, allo sviluppo e all’espansione dell’Unione Europea, o a molti scenari del Medio Oriente. Una geostoria aperta alla geopolitica non può che aiutarci a meglio comprendere il mondo», così scrive Marco Erba su Avvenire.
Il ministro Valditara, intervenendo per spiegare il senso della riforma, ha insistito molto, e a ragione, sulla necessità di leggere tanto e di scrivere bene. La lettura aiuta a sviluppare l’empatia, il senso critico e il ragionamento complesso. Leggere è non sentirsi soli, perché è imparare ad ascoltare gli altri, avvia al confronto e può rendere più costruttivi. Ascoltare storie diverse abitua a comprendere le azioni prima di giudicarle. Già don Milani affermava che conoscere poche parole rende in qualche modi dipendenti o soggiogati da chi ne conosce molte e le sa usare con destrezza.
In Italia, secondo molte ricerche, si legge poco, troppo poco e c’è una grande insicurezza nella scrittura. C’è chi sa leggere, ma non capisce quello che ha letto (analfabetismo funzionale).
Se manca la lettura e la capacità di scrivere correttamente, rimangono sconosciuti mondi nuovi, desideri inespressi che abbiamo dentro di noi.
Valditara si è soffermato anche sull’approfondimento dei contenuti della Bibbia. E qui, come spesso accade quando si accenna alla religione, le idee divergono alquanto. Non c’è dubbio che sulle storie narrate dalla Bibbia c’è un analfabetismo disastroso. E c’è dunque chi, a ragione, sostiene che questo studio è fondamentale per capire la cultura italiana ed europea, per saper decifrare ad esempio gli affreschi della cappella Sistina, per comprendere molti quadri del Caravaggio o altri grandi artisti. Conoscere la Bibbia significa comprendere in profondità i riferimenti presenti in moltissimo scrittori e poeti, siano essi cristiani (come Dante) o non lo siano (come Montale).
C’è però anche chi non è affatto d’accordo: la prima e scontata obiezione sta nel fatto che in ogni classe o quasi sono presenti giovani che si riconoscono in altri testi sacri. E si sostiene che non si può dimenticare che la scuola è laica.
Dal mio punto di vista una vera laicità non dovrebbe semplicemente escludere la religione, anzi le religioni. Fanno parte del vissuto di moltissime persone, che trovano serenità in quegli insegnamenti. Conoscere la Bibbia è capire molti avvenimenti che in qualche modo ad essa si riferiscono. Scrive Aldo Cazzullo nel prologo al volume “Il Dio dei nostri padri”: «Le pagine della Bibbia non sono solo le fondamenta della nostra fede; sono l’origine della nostra cultura. Chi volesse risalire alle origini della identità italiana, cristiana, occidentale, prima o poi arriva alla Bibbia». E mi pare un motivo buono per non dimenticarla in un cassetto ad ammuffire.
Tuttavia non si può nemmeno scordare che viviamo in un mondo plurale, che attorno a noi vivono e interagiscono donne e uomini che hanno un diverso credo. La scuola lo deve ricordare sempre! Avere uno sguardo attento, quindi studiare anche la loro religione è necessario.
C’è bisogno di un mondo che sappia ascoltare e dialogare, che riconosca uguale dignità a tutti e con tutti sappia collaborare. La tentazione è accontentarsi di quello che si ha e che si è. Anche qui la Bibbia può indicare un cammino. Dio chiede all’uomo: «Dove sei?», che io interpreto così: «Perché ti nascondi a te stesso, perché ti opprime la paura di uscire dal tuo nascondiglio, in fin dei conti dal tuo orgoglio?».
Nessun uomo è solo, nessuno è un’isola; nessun uomo è solo materia e tecnica, è anche spirito, aspirazione ad andare oltre. Gli altri sono la sua vera ricchezza. Anche per questo la scuola non deve aver paura di insegnare le religioni.