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Dodici anni fa: il papa venuto dalla fine del mondo

Una riflessione su Papa Francesco e sul suo contributo

Dodici anni fa: il papa venuto dalla fine del mondo

La malattia di papa Francesco rende la sua persona vicina a tutta l’umanità, non solo vicino ai cattolici. 

Certamente non è stato e non è da tutti accettato. Fin dall’inizio c’è stato chi mormorava che non è un papa legittimamente eletto. Per costoro lo Spirito santo era in ferie. Oppure agisce obbedendo soltanto a loro. Non mi meraviglio: con Gesù si pensava e agiva allo stesso modo, se davvero fosse Figlio di Dio agirebbe in modo diverso, come vogliono le persone di buon senso. 

Papa Francesco ha dimostrato che Dio non sempre è un dio di buon senso. Ma ha messo in pratica il Vangelo. «Chi sono io per giudicare», ha risposto a chi voleva conoscere un suo giudizio sui gay. In fondo non ha fatto altro che mettere in pratica la parola di Gesù: «Non giudicate, non condannate». Questa è la sostanza della legge! Non ho dubbi che in questi dodici anni di papato ci ha educati a guardare in modo disincantato, con serietà, con impegno e volontà di cambiare ai vari problemi che attanagliano l’umanità, a partire dalle guerre, dai cambiamenti climatici, fino alle epidemie, al fenomeno migratorio e l’emergere di innovazioni tecnologiche. 

Sono sfide importanti, decisive per l’umanità.

Francesco sa bene quanto sia importante l’immagine di un Dio che se lascia coinvolgere, un Dio probabilmente debole, la cui onnipotenza è messa in disparte, perché lascia a ciascuno uomo e ciascuno donna piena responsabilità. “Il suo modo di pensare alla Chiesa come a un «ospedale da campo» ha fatto da telaio per definire in modo nuovo la missione ecclesiale: non è la conquista di nuovi adepti, ma la compagnia con l’umanità dolente; non è la patria dei benestanti dell’anima, ma il luogo di accoglienza per prendersi cura delle ferite della vita”. (Antonio Autiero, www.alzogliocchiversoilcielo) Francesco ha capito che c’è bisogno di un cambiamento radicale se davvero si vuole annunciare e vivere l’amore di Dio. 

In quest’ultimo tempo, convocando il sinodo, ha voluto e cercato un’esperienza concreta per superare l’idea di una chiesa piramidale, gerarchica per trasformarla in una comunità che partecipa, che diventa comunione.

Questo è un processo lungo, anche perché - lo si è visto - sono molti i nemici del papa, coloro che lo giudicano “eretico”, che ambirebbero un ritorno a prima. 

E invece, io spero, che si possa continuare, anche dopo di lui, il cammino iniziato e non concluso. Per citare il titolo di un libro di Marcello Farina proprio su papa Francesco, mi ostino a credere che Bergoglio ci ha guidati a fresche sorgenti. E questo cammino non si fermerà, perché ci ha fatto gustare la bellezza di un Vangelo non staccato dalla vita di ogni giorno. 

Ringrazio Francesco per aver ridato voce a chi non ha voce, per aver messo al centro gli ultimi e aver aiutato la chiesa cattolica ad avere coraggio, a essere testimone della gioia evangelica, che se non è vissuta non può essere trasmessa.


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