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La Chiesa e l’indifferenza del mondo occidentale

La riflessione domenicale nel giorno dell'intronizzazione di papa Leone XIV

La Chiesa e l’indifferenza del mondo occidentale

Il fotomontaggio di Trump, severamente seduto con gli abiti papali ha fatto pensare molti, dando spazio anche a opinioni diverse e contrapposte. A me pare che metta in evidenza soprattutto il fatto che nel nostro mondo moderno la Chiesa non è più presa sul serio, non ha il valore che le si è dato in passato, è una presenza spirituale che incide poco sulla vita quotidiana. Ciò che fa agire l’Occidente è soprattutto il mercato e la possibilità di uno sviluppo continuo.

In passato La Chiesa cattolica ha cercato di rappresentare il cristianesimo come fattore importante della comunità europea, come base delle sue origini. Ciò che però oggi appare con chiarezza è che «La cattolicità non può più avere l'Europa al centro, poiché la Cristianità europea non esprime più alcuna energia irradiante» (Massimo Cacciari).

L’annuncio del Vangelo rischia sempre più spesso di essere un impegno marginale riservato ai bambini e qualche adolescente. Non ci sono molte persone adulte, uomini e donne che ritengono importante conoscere e testimoniare la Parola di Gesù. Se ancora una speranza per la sopravvivenza del cristianesimo c’è, occorre cercarla nei Paesi extraeuropei. Da noi non si vede nemmeno nessun collante in grado, per ora, di sostituire quello cristiano, in grado di far sì che le nostre nazioni si riconoscano una famiglia.

Lo mette in evidenza ancora una volta Massimo Cacciari: «Ora l'indifferenza abissale del potere politico rispetto a ogni valore che non siano quelli del mercato si rispecchia perfettamente nell'icona di Trump-Papa. Essa è segno certamente di una crisi radicale della Cristianità, ma ancora più della cecità della cultura politica dell'Occidente, che crede di poter continuare a esistere al di là di ogni religione che non sia quella dello scambio e dell'indefinito sviluppo, e deride demolendole le proprie stesse fondamenta».

Il cammino che dunque si apre davanti alla Chiesa e la missione del nuovo papa sono tutt’altro che semplici. Viviamo la provvisorietà: per noi e attorno a noi tutto è provvisorio, tutto è destinato a cambiare e ogni cambiamento porta in sé sofferenza e la paura del fallimento. Lo stesso vale anche per le chiese in quanto realtà storiche. Ciò che è provvisorio, scrive il teologo Christian Duquoc, non è solo negativo, ma può diventare creazione continua, presenza nelle situazioni mutevoli, opposizione alla cocciutaggine di fermare l’attimo, la mobilità delle forme o la mortalità delle relazioni. Anche «le espressioni dottrinali», l’organizzazione, le forme simboliche… tutto è investito dal provvisorio.

Così facendo «non le fissa all’istante, ma le apre alla loro prospettiva: la venuta del regno». Semplificando: molte cose sono cambiate nella storia della chiesa, è cambiato anche la sua persuasione di essere indispensabile per la salvezza: «extra ecclesiam nulla salus» (credere cioè che al di fuori della chiesa nessuno si può salvare) ha lasciato il posto a una comunità visibile attraverso la quale Cristo dona a tutti la verità e la grazia. Nessun mutamento potrà può avvenire senza l’incontro con le altre chiese non cattoliche e il mondo nella sua complessità.

Ma deve essere un incontro vero, un dialogo franco fatto non solo dal papa, ma anche dai vescovi, non ridotti al ruolo di assistenti e di prefetti; deve essere un dialogo con i laici e ogni uomo di buona volontà, sapendo che Gesù accoglie tutti coloro che gli sono stati dati dal Padre, nessuno deve andar perduto.

Su molti di questi temi le posizioni divergono e ci sono valori da molti ritenuti «non negoziabili». E c’è soprattutto un modo di credere che rischia di essere solo folklore.

Succede con il Giubileo. «Vivere il Giubileo secondo il Vangelo sarebbe scegliere la porta stretta anziché la larga, la porta della banca per alleggerire il proprio conto e donarne a chi non ne ha, piuttosto che varcare il portone di un santuario.

La primitiva comunità cristiana testimoniava con forza la risurrezione del Cristo perché nessuno tra essi era bisognoso e non con cerimonie religiose» (Alberto Maggi).

I segni che il cristianesimo possa continuare ad essere influente nella storia degli individui e delle nazioni, credo, si potranno ritrovare là dove rinasce la dignità della persona umana, si mette in pratica la solidarietà, si costruisce pace e giustizia e si diventa capaci di perdonare e di accettare il perdono. Allora i riti celebreranno la vita che rinasce.

 

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