Attualità

L'umanità devastata dalla guerra

La riflessione domenicale sulla stretta tragica attualità

L'umanità devastata dalla guerra
Da ogni parte della terra rullano tamburi di guerra, all’orizzonte non si vede altro che una pace calpestata e diritti umani ridotti a giocattoli per i potenti, che parlano di pace e contemporaneamente corrono ad armarsi. Per le armi non si bada a spese, per la salute delle persone si. Ma intanto in Ucraina tredicimila civili sono stati cancellati e continuano a cadere bombe su obiettivi militari e civili. Intanto c’è chi prepara la ricostruzione… A Gaza cinquantasette mila vite sono state spente come candele nella bufera, lì si spara sugli affamati che sperano di rimediare un pezzo di pane o sui bambini che potrebbero diventare futuri nemici e terroristi. Ma non basta. Come scrive il vescovo di Napoli Mimmo Battaglia ci sono ancora altri stati dove la vita per uomini e donne è un inferno, vuoi per motivi climatici e ambientali, vuoi per la violenza che domina incontrastata: «dal Sudan quattro milioni di corpi in marcia alla ricerca di un fazzoletto d’ombra; in Myanmar tre milioni e mezzo di volti dispersi fra cenere e giungla e, sopra tutti una città invisibile che non smette di crescere: centoventidue milioni di profughi lanciati nel vento come semi». Le notizie sono di per sé terribili, ma quello che è peggio, a me pare, è il messaggio che viene propagandato, la mentalità che vi si può innescare: stiamo cancellando un poco alla volta, forse senza rendercene pienamente conto, la dignità dell’uomo. Un poco alla volta svanisce ogni traccia di umanità e non abbiamo più nessun sussulto di fronte ai crimini più efferati. Papa Francesco ci aveva abituati a vedere nell’umanità, soprattutto nell’umanità sofferente, il popolo di Dio, ci invitava a costruire insieme la società alternativa voluta da Gesù.

Il Vangelo «non domanda tessere, non pretende incenso: impone di riconoscere l’uomo quando lo si vede, di chiamare male ciò che schiaccia l’uomo. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero straniero e mi avete accolto” non è un soprammobile pio: è norma primaria scritta con il polso di Dio». Così scrive sempre il vescovo di Napoli. Ma la crudeltà si dimentica presto, almeno così sembra. Chi ricorda ancora con orrore ciò che accadde trenta anni fa a Srebrenica? Sono bastati pochi giorni per le milizie serbo-bosniache per programmare e uccidere sotto gli occhi dei Caschi Blu olandesi gli uomini bosniaci mussulmani che si erano fermati lì. Non si è salvato nessuno: una strage orribile come ogni massacro di umani, che ha fatto oltre ottomila morti. E sono molti i corpi che mancano ancora. Non si sa dove sono seppelliti. C’è chi cerca il padre, un figlio, un parente, un amico. E non trova neppure un osso. Sta crescendo un egoismo pauroso: ciò che conta sono io, che possa fare quello che voglio, che non debba rendere conto a nessuno; io ho sempre ragione. Qual è la strategia politica di chi guida i popoli? C’è la pace al loro orizzonte o c’è solo la preoccupazione del riarmo. Mi viene in mente ciò che disse qualcuno: se i nemici non ci sono bisogna crearli e se hai le armi è più facile immaginarli. I nemici… Nessuno è così ingenuo da pensare che tutti gli uomini si sentano fratelli, vivano la solidarietà e vogliano la pace. Ma questo è il traguardo verso cui camminare. Lo ricordava don Lorenzo Milani nel libro: «L’obbedienza non è più una virtù». Argomentava che l’obbedienza non è l’unico modo per vivere in sicurezza e nella pace. E’ necessario cercare di cambiarla se non tutela i più deboli.

E aveva difeso l’obiezione di coscienza facendo arrabbiare un gruppo di cappellani militari per i quali una scelta di questo genere sarebbe stata anticristiana. Don Milani morirà prima che venisse emessa la sentenza di condanna. A proposito dell’obbedienza e del suo modo di insegnamento scrisse direttamente ai giudici: «Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate». Questa convinzione nasceva dal fatto, raccontato dallo stesso Priore di Barbiana, che con i ragazzi della scuola sono «riandati cento anni di storia italiana in cerca di una “guerra giusta”. Di una guerra, cioè, che fosse in regola con l’art. 11 della Costituzione». E conclude: «Non è colpa nostra se non l’abbiamo trovata». E necessario e urgente far nascere una coscienza forte nella difesa dei diritti di ogni uomo, della dignità di tutti e della verità. Forse una coscienza davvero formata e matura si sarebbe chiesta se era giusto e necessario costruire e sganciare le bombe atomiche facendo centinaia di migliaia di morti innocenti, o se sia possibile soltanto pensare di deportare due milioni di persone, perché a Gaza si possa fare una bella riviera per ricchi e ricchissimi. Qualcuno penserà che è una battuta. Bel modo di pensare: una battuta di un importante Presidente di uno stato sulla vita di chi non ha niente per far sorridere o ridere i miliardari? Il burrone dell’ indifferenza, dell’ odio, della violenza e della guerra pare non abbia fondo! 

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