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L'ira di Slow Food per il Casolét sotto costo

mer 04 ago 2021 15:08 • Dalla redazione

Un'inziativa commerciale di vendita al 50% scatena la polemica intorno al formaggio solandro presidio Slow Food

Il Casolét della Val di Sole, presidio Slow Food

TRENTO. Il caso del Casolét sotto costo. Scoppia la polemica dopo che una nota catena commerciale ha messo in vendita il formaggio tipico della Val di Sole, Presidio Slow Food, al 50% del prezzo solito.

Scrivono a Slow Food in una nota: “Apprendiamo con sgomento che un formaggio che appartiene al progetto dei Presìdi Slow Food è stato inserito tra le promozioni ‘sottocosto’ di una importante insegna di supermercati locali con un prezzo al pubblico che ne svilisce il valore e mortifica i produttori.

Oggetto dell’offerta è il Casolet a latte crudo delle Val di Sole. Il Presidio Slow Food tutela proprio la tradizione del latte crudo che preservando da una parte sapori e aromi che la pastorizzazione del latte fa scomparire porta, dall’altra, ad un aumento dei costi di produzione del formaggio. Dietro questo Casolet c’è la storia della civiltà alpina delle valli di Pejo, Sole e Rabbi, una tradizione importante del nostro trentino caseario che va mantenuta, promossa e soprattutto valorizzata”.

Una scelta commerciale giudicata in contrasto con questo patrimonio di valori: “Non riusciamo a comprenderne il motivo da nessun punto di vista – prosegue la nota -  nemmeno sul lato meramente commerciale. Chi ci guadagna? A nostro avviso ci perde, e molto, tutta la filiera: non solo l’allevatore e il caseificio ma anche l’insegna che lo distribuisce e, paradossalmente, anche il consumatore. L’insegna utilizza come leva commerciale un prodotto che invece permetterebbe di dare valore aggiunto, azzera la marginalità su un prodotto il cui valore non va certamente ricercato nel prezzo ma che qualifica l’offerta di un punto di vendita e il suo assortimento. È una scelta sbagliata anche a livello di comunicazione: continuare a svilire i formaggi più prestigiosi del nostro territorio porta a farne percepire un valore sempre più basso anche confrontato con prodotti provenienti da fuori Provincia. È ancora lontana la piena consapevolezza che il Trentino offre eccellenze casearie da valorizzare (anche vendendole al giusto prezzo) e scivoloni di questo tipo contribuiscono a rendere l’obiettivo irraggiungibile. Ciò è ancor più drammatico in queste settimane in cui le valli del Trentino accolgono turisti ai quali andrebbe comunicata la nostra tradizione enogastronomica componente fondamentale dei nuovi indirizzi del turismo. Turisti che spesso provengono da regioni in cui i formaggi hanno già una giusta valorizzazione anche di prezzo (pensiamo alla capacità della Lombardia di valorizzare i propri formaggi di malga). Comprendiamo che scelte commerciali di questo tipo possono esser legate alle motivazioni più varie (lancio di un nuovo negozio, raggiungimento di target, surplus di produzione, ecc…) ma sappiamo anche che la distribuzione moderna ha elaborato sistemi per incentivare le vendite in grado di cogliere il valore aggiunto di certi prodotti: azioni di co-marketing, vendite assistite, e molti altri sono strumenti efficaci attraverso i quali ottenere buoni risultati in termine di rotazione del prodotto senza ricorrere alla leva del prezzo. Il sottocosto – si legge ancora - è ormai uno strumento che appartiene a un vecchio modo di far commercio tanto che esistono proposte di legge volte a vietarlo. Ed è certamente lontanissimo dai valori di difesa della tradizione, dei sapori e delle pratiche di allevamento e trasformazione autentiche e dei valori solidaristici propri della Comunità di un Presidio Slow Food. Anche il consumatore è vittima di scelte di questo tipo. L’apparente risparmio economico di pochi centesimi di euro all’etto in realtà pesa sulle tasche di ognuno di noi. Innanzitutto perché se non si valorizzano prodotti di questo tipo essi sono destinati a scomparire portando con sé un mondo. Un mondo fatto della biodiversità che vi ruota intorno, dal paesaggio e da intere microeconomie in cui anche chi non è impiegato direttamente nel settore produttivo è coinvolto.

La scomparsa di questo Presìdio, già fortemente a rischio, porta a un impoverimento di una intera comunità e di un sistema economico al di là della grave perdita culturale che ne consegue. L’accesso al cibo buono, pulito e giusto deve essere per tutti ma questo non vuol dire trasformarlo in merce da svendere. La transizione ecologia, di cui tanto si parla, non può prescindere dal ripensare il sistema di produzione, distribuzione e consumo del cibo. L’esempio che ci troviamo oggi a commentare è espressione di una direzione che, se non viene cambiata, ci porterà a schiantare. Slow Food Trentino – conclude la nota - rivolge quindi un appello a tutta la filiera: produttori, distributori e consumatori devono impegnarsi a riconoscere il valore delle produzioni di eccellenza e attuare politiche anche commerciali adeguate. I consumatori devono premiare chi è in grado di fare queste scelte sostenendo così l’economia del proprio territorio e il benessere collettivo”.



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