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I volti, le vite, il covid. E il bisogno di coltivare anche ciò che a volte sembra 'inutile'

mar 12 set 2023 15:09 • By: Alberto Mosca

Fra' Paolo Bertoncello lascia il convento di Terzolas dopo 10 anni di missione, cercando di conoscere le persone senza mettere in mezzo l'abito da frate. Con uno speciale ricordo per padre Giorgio Butterini

TERZOLAS. Fra’ Paolo Bertoncello lascia dopo 10 anni il convento dei Cappuccini di Terzolas. Dopo dieci anni intensi di attività e iniziative, la sua nuova destinazione sarà in quel di Arco. Lo abbiamo intervistato per ripercorrere insieme questi due lustri, tra momenti lieti e altri di grande dolore. 

Paolo, dopo dieci anni lasci il convento di Terzolas per Arco: che anni sono stati questi per te? Ti dispiace andare via?

All’inizio, pensando “il convento”, pensavo allo stile conventuale che da 25 anni vivevo, fatto di ritmi e di stili che però si sono dimostrati non appropriati a quello “di Terzolas”. Quindi i primi anni li ho vissuti per capire (e quanti errori fatti) come era meglio essere frate in questo luogo. Poi un po’ alla volta ho cominciato a comprendere e a mettere a fuoco per vivere al meglio. La prima cosa è stata “conoscere le persone senza mettere in mezzo l’abito da frate”: fantastico! Penso che questa sia la cosa per cui mi spiace andar via. Ad esempio sentirmi dire da una donna di 87 anni: “Disobbedisci”, meraviglioso sentire l’affetto e l’intimità della relazione… Ed è per queste relazioni che sento la fatica di spostarmi a Arco.

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Ci sono momenti, esperienze e figure che ricordi in modo particolare, nel bene e nel male? Tra gli altri, forse è inevitabile pensare anche alla pandemia

Come dicevo prima ho fatto degli errori e vorrei usare questa intervista per chiedere scusa se ho ferito qualcuno. Essere se stessi penso sia la carta vincente per non avere delle maschere e “mentire”. Una delle cose più belle sono stati i 5 anni vissuti con fra Giorgio Butterini, un uomo che non si può incasellare e che mi ha donato tantissimo. Tra le più dolorose perché avendolo contagiato col covid19, lo ho accompagnato con i sanitari fino all’ambulanza, l’ho visto salire… e ho ricevuto una telefonata il 25 marzo 2020, poco prima della mezzanotte, che mi annunciava la sua morte…

Come è cambiata la Val di Sole e come sei cambiato tu in questo tempo?

La Val di Sole è in una fase di accelerazione in particolare con il turismo e purtroppo, secondo me, ha perso un po’ di vista alcuni valori “vitali”, ad esempio la Spiritualità. Essere uomini e donne nel 2023 significa non perdere di vista che bisogna coltivare anche ciò che a volte sembra “inutile”. Facendolo si rischia di non avere più il senso del vivere anche quando si fa fatica a vivere.

Quale immagine della nostra comunità ti porti via? Ci sono dei traguardi raggiunti che ti danno soddisfazione o rimpianti per qualcosa che non ti è riuscito al meglio?

Mi porto via i singoli volti, i singoli nomi (che a volte dimentico), le singole vite… La parola comunità è molto usata e a volte se ne travisa il senso. Con la parola “comunità” si rischia di mostrare anche quello che non c’è perché non sappiamo, o conosciamo in minima parte, come i componenti della comunità vivano i singoli avvenimenti. Non sono riuscito a entrare in contatto con molte delle persone di questa valle e di questo me ne dispiace.

Hai un consiglio da dare a chi viene ora al convento di Terzolas?

In questi giorni ho ascoltato fra Guido dire alle persone: “Io da solo non ce la posso fare, ho bisogno di voi”; “Il convento non è solo dei frati ma è anche di chi lo frequenta…” E poi l’ho visto con la scopa in mano e con il sorriso sulle labbra… Cosa si può chiedere di più a un frate!

Cosa auguri alla gente della Val di Sole?

Di amare il prossimo come se stessi.



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