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Il Sinodo e i problemi aperti

dom 12 nov 2023 10:11 • By: Renato Pellegrini

Finora, su alcuni temi, è mancato un po’ di coraggio da parte della Chiesa

Si è conclusa la prima parte del Sinodo, voluto da papa Francesco. La parola Sinodo può essere tradotta con «camminare insieme» ed è appunto un importante momento di ascolto di vescovi, preti, religiosi e laici che si interrogano su cosa significhi essere Chiesa oggi. Ogni diocesi in questo anno ha dato spazio al confronto su temi importanti e delicati per la vita cristiana: la liturgia, il ruolo delle donne, il celibato dei preti, il rapporto con persone che hanno un orientamento sessuale diverso (gay, lesbiche, Lgbtqia)…

Le risposte sono state ancora interlocutorie; tutto è rimasto congelato e tutto resta aperto almeno fino al 2024, quando si concluderà il processo sinodale e questi temi torneranno a chiedere una risposta chiara. Per il momento ci si è fermati a incoraggiare l’approfondimento e la ricerca in un dibattito che non mi pare sia stato sempre sereno, anche se sicuramente ricco, stimolante e non raramente permeato di gioia. Nel testo conclusivo si sottolinea che sul diaconato femminile ci sono state «posizioni diverse», ma contemporaneamente si sollecita a proseguire la ricerca teologica. Per la verità qualche suggerimento più aperto all’attuale sensibilità, me lo sarei aspettato…  Anche su temi che ormai da molto tempo attendono un cambiamento di rotta (nozze dei preti, contraccezione) non si è fatto nessun passo avanti.

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E c’è chi pessimisticamente osserva che «si è parlato di tutto per non cambiare nulla» (Vito Mancuso).

Prendiamo ad esempio la questione delle diaconesse, di cui ho accennato sopra. Se leggiamo la Scrittura notiamo subito che ad annunciare la Risurrezione di Gesù, evento di capitale importanza per la fede cristiana, è stata una donna, Maria Maddalena. Nella chiesa primitiva, inoltre, le diaconesse erano presenti. È forse mancato il tempo per interpretare la Bibbia nel suo contesto storico e tenendo presenti quelli che il Vaticano II ha chiamato «segni dei tempi»? Uno dei più importanti oggi è senz’altro la parità di genere. Indubbiamente a nessuno è permesso dimenticare o cancellare la tradizione millenaria della chiesa. Ma se non la si vuol ridurre a un museo da visitare, necessita avviare un processo che la inserisca nel progresso dell’umanità, dove valori sempre uguali vengono vissuti in modo diverso e l’uomo va incontro a Dio per strade un tempo non tracciate. Prendiamo l’esempio dei cinque cardinali che hanno espresso le loro perplessità e i loro dubbi su alcune questioni da loro ritenute fondamentali e immutabili. In uno di questi dubbi i porporati contestano l’affermazione secondo cui la diffusa pratica della benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso possa essere avvalorata dal Magistero. Il papa non si limita a rispondere con un sì o con un no, ma chiarisce che «la Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio: un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli». Le altre unioni non possono essere chiamate matrimonio. «Tuttavia, nel rapporto con le persone, non si deve perdere la carità pastorale, che deve permeare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti. La difesa della verità oggettiva non è l'unica espressione di questa carità, che è anche fatta di gentilezza, pazienza, comprensione, tenerezza e incoraggiamento. Pertanto, non possiamo essere giudici che solo negano, respingono, escludono».

Nella risposta di Francesco viene lasciato intatto il senso di matrimonio come trasmesso dalla Scrittura e vissuto nella tradizione, ma c’è anche attenzione alla sensibilità, alle attese, alla vita di uomini e donne con orientamento sessuale diverso. Nella seconda fase il Sinodo dovrà affrontare le tante novità della nostra epoca senza paura e senza immobilismo. Il nostro Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo e ha tracciato la strada sulla quale ci invita a camminare insieme e a costruire quel futuro in cui «sarà tutto in tutti». E non teme le novità.

 



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