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Dio vuole sacrifici?

dom 21 gen 2024 11:01 • By: Renato Pellegrini

Il Padre ha mandato Gesù per insegnare a vivere la pienezza dell’amore agli uomini

C’è un’idea che nessuno più riesce a digerire, ed è che per essere cristiani occorra amare il sacrificio. Lo sento ogni volta che tocco questo tema nella catechesi: nessuno capisce perché Dio, il Padre, abbia bisogno della morte del Figlio sulla croce per salvare gli uomini.

Fa un po’ ribrezzo pensare che un padre sia determinato a far morire il figlio per cancellare, perdonare il male (peccato) di altri. A me sorge dunque la domanda: è possibile un cristianesimo senza sacrificio? L’insegnamento tradizionale sembra escluderlo. Per essere salvati occorre, secondo questa visione, stare sulla croce con Cristo, abbracciare ogni giorno la propria croce. Ricordo con orrore quello che un vescovo ebbe a dire a una persona malata: soffri per i tuoi peccati! Io oso credere che il Padre non ha mandato Gesù per farlo morire in croce, ma per vivere in pienezza, per insegnare a vivere la pienezza dell’amore agli uomini, che non hanno saputo e voluto cogliere questo messaggio. E non si diverte a castigare chi sbaglia, ma lo invita a cambiare vita. Un tempo si credeva che la pioggia, il sole e ogni altro evento naturale venissero da Dio. Ogni vita umana allo stesso modo, si pensava, avesse a che fare con l’agire di Dio. Io, sia pure continuando la mia ricerca, credo che Dio non intervenga direttamente a mandare la pioggia o la siccità e a determinare la vita umana, il suo nascere e il suo vivere. «Tutto è libero, la libertà è il respiro del cosmo. La natura è libera di evolversi e di regredire, di migliorare e di peggiorare».

Graziadei maggio

(V. Mancuso: Il dolore innocente) La natura esprime la libertà anche nella fragilità. Dio Padre rimane presente perché ha donato il Figlio, l’amore fatto persona che traccia continuamente la strada tenendoci per mano, compiendo l’estremo atto d’amore: «Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici». (Gv 15,13) 

Dobbiamo liberare il concetto di sacrificio dalla ambiguità che racchiude in sé. Pensiamo al “capro espiatorio”: si sacrifica un animale perché io sia salvato dai miei peccati. O pensiamo a un vigile del fuoco che, per salvare un’altra persona, sacrifica la sua vita. Sono due azioni dal significato radicalmente opposto. Con Francesco Cosentino possiamo allora chiederci: «il cristianesimo è negare e distruggere aspetti della nostra vita umana naturale, per acquistare la vita in Cristo? Oppure è Dio Padre che in Cristo ci cerca, ci accoglie, ci libera, donando tutta la sua vita per fedeltà piena all’amore verso di noi? Quello di Gesù in croce è sacrificio mortale della più buona persona umana, prezzo per placare l’ira di Dio contro il nostro peccato? Oppure è l’offerta di sé, fino in fondo… offerta libera che il Giusto compie per salvare noi dal male, comunicandoci il nuovo respiro dello Spirito di Dio, così come il coraggioso dà nuovo respiro a chi sta per annegare o per perire nel fuoco? Gesù è quel coraggioso. Se comprendiamo bene il vangelo, la croce di Gesù non è il prezzo pagato per noi ad un Dio spietato, che non sarebbe Padre buono. È invece il segno che Dio è amore, perché ha preso carne umana in Gesù e l’ha offerta fino in fondo, per cancellare il male con l’amore…. La croce di Gesù è la sua totale immersione nella solidarietà con noi, con tutte le vittime delle nostre malvagità, ingiustizie, discriminazioni, violenze e guerre». Altri dubbi mi assalgono. Condivido fino in fondo questa visione, ma allora perché insistiamo nelle parole della consacrazione con quell’aggiunta arbitraria, non presente nei testi biblici, «… questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi». «L’eucaristia ha finito per assumere in sé come una componente prioritaria il connotato sacrificale assente nei vangeli e in 1Corinzi. Si chiede inoltre a Dio Padre di guardare alla vittima che lui stesso ha preparato per la Chiesa… Ma Dio ha mandato nel mondo il Cristo come vittima sacrificale? Lui stesso ha vissuto la propria vita dandogli questo significato?» (Brunetto Salvarani) Se anziché insistere sul sacrificio mettessimo in evidenza la parola misericordia non sarebbe più comprensibile? Non metterebbe in evidenza maggiormente l’amore di Gesù verso tutti? Non creerebbe un clima di gioiosa fraternità fra i credenti riuniti per la celebrazione eucaristica? E concludo ricordando che Gesù è venuto non per annunciare una mistica del sacrificio, ma per donarci la vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10).



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