dom 28 lug 2024 11:07 • By: Renato Pellegrini
Fame, nuove schiavitù e carceri sovraffollati sono i mali della società contemporanea
L"indifferenza cancella fame e dolore in questo
nostro mondo. Chi è più fragile, più povero, più indifeso viene cancellato nel
panorama dell"esistenza umana. A chi ha fame non si pensa, chi è ridotto in
schiavitù, anche se minorenne, non suscita nessun moto di indignazione, chi è
in carcere ha sempre torto a prescindere, soprattutto se è straniero.
Dalla stampa, chi ancora legge i giornali ha appreso in questi giorni che da tre anni non s"è fatto nessun progresso nella lotta contro la fame. Il rapporto annuale redatto dalla FAO e da altri quattro organismi ONU, certifica che una persona su undici non a cibo sufficiente, che significa che 733 milioni di persone soffrono la fame, vale a dire il 36% in più di un decennio fa, quando proprio le Nazioni Unite hanno adottato 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile per combattere questa terribile emergenza. Si sono registrati una serie di progressi nei primi anni, tanto da far pensare non impossibile sconfiggere il flagello della fame entro il 2030. Ma poi è arrivato il momento dello stallo, e ora si contano 152 milioni in più di affamati rispetto al pre-Covid. L"unica regione in cui si sono registrati miglioramenti è l"America Latina, ad eccezione della zona caraibica.
Quali sono le cause per le quali diventa difficile una nutrizione regolare? In primo luogo ci sono i conflitti, che dilagano in maniera impressionante; ci sono poi cause economiche, le speculazioni finanziarie sui pressi degli alimenti e soprattutto nel 2023 il cambiamento climatico con il conseguente riscaldamento globale. Tre quarti dei più poveri vivono nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo. E c"è un paradosso crudele: sono proprio i piccoli imprenditori a sfamare il pianeta! Occorrerebbe un impegno deciso se si vuole arrivare a una possibile soluzione, ma purtroppo per il momento alla sicurezza alimentare va meno di un quarto degli aiuti destinati allo sviluppo. Lo studio Sofi (Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione) scatta una fotografia dove prevalgono in modo deciso le tinte fosche, ma propone anche un nuovo modo di impostare i finanziamenti in modo da renderli più equi ed efficaci contro la fame.
Il presidente del Brasile Lula, che già nel 2014 era riuscito a tirar fuori il suo Paese dalla Mappa della Fame dell"ONU e che ora, al terzo mandato e all"età di 78 anni, ha proposto un"alleanza mondiale contro la fame. «La fame, la povertà e le disuguaglianze, ha sostenuto, devono entrare una volta per tutte al centro dell"agenda globale. Per troppo tempo la povertà è stata oggetto di preconcetti e interessi, i poveri erano considerati indolenti e ignoranti dai governi, Mai come oggi la ricchezza è concentrata nelle mani di pochissime persone; questo è inaccettabile. I ricchi pagano meno tasse delle classi lavoratrici e questo va cambiato"¦ va cambiato un sistema di tassazione a livello mondiale». Su questo tema, però, il sentimento della comunità internazionale è molto più tiepido.
Gli Stati Uniti, ad esempio si sono dichiarati contrari al prelievo fiscale del 2% sui patrimoni a carico dei miliardari. Altri Paesi ne sono condizionati e in tal modo il dossier resta in sospeso e un accordo sembra molto lontano. Ma il presidente brasiliano, dinanzi alle prime 20 economie del mondo continua a sperare: «Molto denaro nella mano di pochi simboleggia miseria. Meno denaro nella mano di molti significa società prospere». Una cosa la possono fare tutti: indignarsi, vincere l"indifferenza.
Ma non c"è solo la fame che tormenta il nostro martoriato pianeta. Ci sono anche i moderni schiavi, calcolati nel mondo in 50 milioni. Ci sono circa 12 milioni di bambini e adolescenti, femmine e maschi, costretti a lavorare nei campi, nelle fabbriche, nelle case dei ricchi, se non addirittura nei postriboli. «Sono numeri che fanno rabbrividire quelli dell"ultimo Rapporto di Save the Children, la XIV edizione di "Piccoli schiavi invisibili". Tra i minori vittime di tratta e sfruttamento, dunque, 3,3 milioni sono coinvolti nel lavoro forzato, in prevalenza per sfruttamento sessuale (1,69 milioni) o per sfruttamento lavorativo (1,31 milioni). Gli ambiti sono il lavoro domestico, l"agricoltura, la manifattura, l"edilizia, fino all"accattonaggio o attività illecite, come furti o spaccio. E ben 320 mila risultano sottoposti a lavoro forzato da parte degli Stati, come detenuti, dissidenti politici, o appartenenti a minoranze etniche o religiose perseguitate. Grave il fenomeno dei matrimoni forzati: le minorenni che ne sono vittime sono 9 milioni delle vittime (nel 73% dei casi) o da parenti stretti (16%) e spesso si lega a situazioni di forte vulnerabilità , quali servitù domestica o sfruttamento sessuale». (Luca Liverani, Avvenire 26 luglio 2024) Ciò che si conosce, c"è da credere, è solo la minima parte di un fenomeno molto diffuso. E nemmeno l"Italia può dirsi innocente. «Un anno fa, la scorsa edizione del rapporto "Piccoli Schiavi invisibili" denunciava la condizione dei figli e delle figlie dei braccianti che lavorano nei terreni agricoli di Ragusa e Latina, mettendo in luce una condizione di sfruttamento portata alle cronache a seguito della morte di Satnam Singh. «Ãˆ necessario che alla commozione e allo sdegno faccia seguito una azione continuativa e capillare di contrasto al traffico e allo sfruttamento degli esseri umani, nonché un impegno deciso a sostegno delle giovani vittime accolte nel sistema di protezione», dice Raffaela Milano, direttrice ricerca e formazione di Save the Children. (Avvenire, cit.)
Ancora voglio ricordare i carcerati in celle sovraffollate, che vivono una cupa disperazione. Ci sono stati quest"anno 59 suicidi. Il capo dello stato Mattarella, da sempre attento ai problemi delle carceri, dopo la lettera recapitatagli da un gruppo di detenuti del carcere di Brescia scrive: «La descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile». Il carcere, sottolinea, «non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza. Non va trasformato in palestra criminale». Ricorda quindi le «attività di recupero attraverso il lavoro», che per il Presidente diventano la dimostrazione «che, in molti casi, è possibile un diverso modello carcerario. È un dovere perseguirlo. Subito, ovunque». (Federico Capurso: La stampa 25 luglio 2024) A Brescia i detenuti pregano Dio di morire. E" facile pensare che se sono lì se lo meritano. Eppure non sono dentro solo i grandi criminali, e comunque tutti rimangono persone, uomini e donne che vanno rispettati ma che invece spesso diventano numeri, anonimi. «Ãˆ giusto evidenziare inoltre "” sottolinea il presidente di Antigone Patrizio Gonnella a L"Osservatore Romano del 24 luglio 2024 "” che un carcere sovraffollato non contribuisce a costruire sicurezza per i cittadini. Non è un caso che il tasso di recidiva in Italia sia altissimo. Le ultime rilevazioni testimoniano come solo il 38% delle persone detenute sia alla prima carcerazione, il 62% invece ne ha già almeno un"altra, con il 18% delle persone presenti in carcere che ha già cinque carcerazioni precedenti". «E mentre noi chiediamo provvedimenti urgenti e deflattivi per evitare che la situazione degli istituti di pena, dove le manifestazioni di rabbia e di autolesionismo crescono, diventi ancor più incandescente "” aggiunge "” il governo negli ultimi due anni ha aumentato il numero dei reati e inasprito le pene per molte fattispecie, come la disobbedienza e la resistenza passiva in carcere. Tutti questi provvedimenti non fanno altro che colpire la marginalità sociale e le persone che per la loro condizione economica e sociale sono già più a rischio di commettere reati». Persone che andrebbero sostenute attraverso il sistema di welfare e che entrano in carcere spesso con problematiche legate alla dipendenza da sostanze o affette da patologie psichiatriche, situazioni che la reclusione non può che peggiorare».
Per riformare il sistema carcerario occorrono coraggio e profonda umanità . Ricordo il film Brubaker magnificamente interpretato da Robert Redford, ispirato a una storia realmente accaduta. Si racconta di un nuovo direttore che per alcuni giorni si fa detenuto con gli altri detenuti, scoprendo così le drammatiche condizioni in cui i carcerati vengono a trovarsi, led violenze fisiche e psicologiche, i continui soprusi e lo sfruttamento in cui sono costantemente sottoposti. Il nuovo direttore, una volta che s"è fatto conoscere comincia la sua opera riformatrice. Ma trova subito molti ostacoli. Ad esempio succede che i carcerati gli credono e lo aiutano, ma non i politici e molti altri. Così se ne deve andare, applaudito dai detenuti anche più irriducibili. Occorre vincere anche nei confronti di chi è dietro le sbarre pregiudizi e indifferenza. Il dolore può essere sconfitto da uno sguardo di misericordia e di fermezza.