Società Val di Sole

Domande alla Chiesa

È impossibile immaginare un modo diverso di vivere la fede? Ci si educa a questo?

Domande alla Chiesa

È bene chiarire subito che in questo articolo, quando parlo di chiesa non intendo la comunità dei credenti, ma la gerarchia, cioè coloro che sono chiamati a “guidare” i cristiani nel loro cammino di fede. Nei credenti impegnati e pensosi è sempre più percepibile il disagio per l’assenza dei bambini, degli adolescenti, dei giovani e di molti adulti alla celebrazione domenicale.

Le chiese sempre più vuote sono la dimostrazione evidente di un fallimento, che inizia proprio quando finisce la catechesi dei sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, comunione e cresima). E può sembrare che il rischio sia camminare verso una fine più o meno annunciata, anziché verso un traguardo, magari lontano e difficile da raggiungere, ma a suo modo affascinante. Occorre riconoscere che oggi è cambiato il modo di vivere la fede, di sentirsi appartenenti a una parrocchia.  Come scrive Paola Bignardi, nei nostri giorni “tutto il mondo diventa spazio da abitare e vivere”, la parrocchia è uno di questi spazi, forse nemmeno il più importante.

Cambiano gli spazi e i modi in cui si vive e anche il linguaggio che la chiesa usa, ad esempio nella liturgia, ma non solo, diventa poco comprensibile per i più. Ci rendiamo conto tutti inoltre che per molti non è affatto necessario partecipare alla liturgia per sentirsi parte della chiesa. Per quanto riguarda i giovani (ma non solo) la chiesa evoca spesso sentimenti negativi: noia, non senso, poca attenzione al presente, sguardo sempre o troppo spesso rivolto al passato.

Pongo qui una domanda che può suscitare qualche stupore: è giusto collegare la partecipazione alla messa alla catechesi? Se non vai a messa non puoi ricevere la comunione o la cresima. Questa è una tentazione e come ogni tentazione va evitata, per non ridurre la messa a un obbligo pesante e mai compreso.

Molti credenti hanno perso il senso del rito. Ricordate il ‘Piccolo principe’? È introdotto al senso del rito dalla volpe che glielo spiega così: «È ciò che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore» e cita ad esempio il ballo dei cacciatori con le ragazze del villaggio: di giovedì! Ma se «i cacciatori ballassero un giorno qualunque, tutti i giorni si somiglierebbero».

“C’è una ripetizione che rende un evento uguale e diverso da tutti gli altri”. Ma per questo occorre essere ‘addomesticati’, per dirla con il linguaggio di Saint Exupéry...

Dicevo della noia. Per molte persone credenti “la ripetitività delle preghiere eucaristiche è difficile da tollerare" (Paola Bignardi in Avvenire 5 novembre 2025) Perché dunque non si possono cambiare con un linguaggio più vicino a quello abitualmente usato? Un’ultima domanda: la Chiesa educa a cogliere “il soffio dello Spirito” anche nei non cristiani, anche nei non credenti? È impossibile immaginare un modo diverso di vivere la fede? Ci si educa a questo?