TERZOLAS. Svetlana e la sua "mamma trentina" si sentivano spesso, anche negli ultimi giorni. Poi un bombardamento russo ha spezzato la vita di questa donna che aveva conosciuto da bambina l"affetto della Val di Sole.
"Proviamo un grande dolore", racconta Mirella Niccolai, che con il marito Mario Pancheri aveva accolto nel 1995 la piccola Svetlana Kuprienko in casa propria per aiutarla a disintossicarsi dalle radiazioni assorbite dopo il disastro nucleare di Chernobyl. "Quelle parole, 'non sappiamo come dirtelo, pregate per Svetlana che non c'è più', ci hanno spezzato il cuore".
Svetlana e la sua famiglia
abitavano a Marjanivka, villaggio di mille anime a mezz"ora di macchina da
Chernobyl. Il villaggio dove aveva continuato ad abitare e dove aveva formato
la sua famiglia, dopo aver sconfitto la leucemia anche grazie agli aiuti medici
arrivati dal Trentino. Con lei in quegli anni
arrivarono in Val di Sole qui una trentina di ragazze e ragazzi tutti incolumi a quanto
si sa dalle ultime informazioni.
Sorte diversa per Svetlana, uccisa per strada da un
bombardamento russo, dopo che era uscita di casa per provvedere alle necessità
sue e delle tre figlie. Nelle telefonate dei giorni
precedenti l"invasione russa nulla sembrava presagire un tale sconvolgimento: "Nessuno
se l"aspettava "“ spiega Mirella "“ solo negli ultimi giorni appariva chiaro quello
che sarebbe poi successo. Nelle ultime conversazioni Svetlana diceva "stiamo
bene, pregate per noi" e poi"¦" La voce di Mirella si rompe di
commozione nel ricordare, quasi trent"anni fa, l"incontro con quella bambina
ucraina: "Era bella, generosa e altruista: ricordo che se qualcuno degli altri
bambini aveva problemi di inserimento nella famiglia o nell"ambiente solandro,
lei aiutava tutti. Forte di una grande empatia, era capace di mediare, di
capire i problemi". Da qui il ricordo va alla Val
di Sole della metà degli anni Novanta, così diversa dai villaggi ucraini e
bielorussi di allora: "Il loro mondo era tanto diverso, qui per bambini di 8-10
anni tutto era una novità : dalle gite in montagna alla piscina, fino a
scegliere un paio di scarpe"¦ Alcuni "“ prosegue Mirella "“ abituati a pianure
sterminate, avevano timore delle montagne; abitudini e religioni erano diverse,
molti di loro erano cristiani ortodossi.
Perciò quell"esperienza fu emozionante
e coinvolgente, fonte di scoperta per noi e per loro. Soprattutto "“ aggiunge Mirella
"“ tanta era la familiarità con cui venivamo ricambiati nelle nostre visite in
Ucraina, eravamo una grande famiglia". Poi la guerra e la tragedia
che ha colpito Svetlana, uccisa per strada col marito Sasha. "Rimaniamo in contatto con Lessia, la sorella di Svetlana, tutti
i giorni e più volte al giorno: sappiamo che sta bene ma non dove si trova con
i suoi due bambini. La sua casa è stata bombardata, ma loro si sono salvati".
Oltre al telefono, sono i social network, whatsapp, messenger, a permettere di
mantenere un contatto. In attesa di rivedersi, alla
fine dell"incubo.
