dom 22 set 2024 08:09 • By: Renato Pellegrini
Una riflessione domenicale dedicata alla recente pubblicazione del Dicastero per al dottrina della fede
Il testo pubblicato dal Dicastero per la dottrina
della fede «sull’esperienza spirituale legata a Medjugorje» dichiara fin
dall’inizio di proporsi come una conclusione. Lungo questi 43 anni di presunte
apparizioni si sono avvicendati giudizi molto diversi e persino contraddittori.
Evidente è però il numero di pellegrini (si pensa a un milione all’anno) che lì convengono, e alle non poche “conversioni” che si conoscono. La nota del Vaticano è trasparente nel ricordare che questa storia è anche una vicenda abitata dal conflitto proprio per le «opinioni» molto diverse che si sono manifestate e per alcuni comportamenti contraddittori, che però non hanno coinvolto i presunti veggenti, la cui vita, come anche gli eventi delle cosiddette apparizioni, nel documento, passano in secondo piano.
Ciò su cui si sposta l’attenzione è prima di ogni altra cosa la qualità dell’esperienza spirituale che in quel luogo speciale è possibile vivere in modo molto forte. A Medjugorje la devozione mariana ha prodotto e produce frutti di grazia; proprio questo è la parte più emozionante e meno contestabile dell’evento. La nota, nel dettaglio, spiega che i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. Sebbene questo non implichi dichiarazione del carattere soprannaturale del fenomeno in parola, e ricordando che non sono obbligati a credervi. D’altra parte in nessuna apparizione, anche riconosciuta, la Chiesa obbliga a credere! La nota sottolinea che i credenti possono ricevere uno spirito positivo per la loro vita cristiana e dunque si autorizza il culto pubblico, che di per sé i cristiani, sacerdoti e religiosi compresi, già praticavano, nonostante le proibizioni che qualche vescovo si era premurato di dare.
In conclusione: non si dichiarano autentiche le apparizioni, ma si riconosce che lo Spirito santo in questo luogo agisce fruttuosamente per il bene dei fedeli. E «pertanto si invita ad apprezzare e condividere il valore pastorale di questa proposta spirituale».
Anche i messaggi, sia pure con qualche errore teologico, nella maggior parte è dichiarata positiva, senza per questo ammettere che abbiamo una diretta origine soprannaturale.
Insomma sono “presunti messaggi” della Madonna. Fin qui la nota, riassunta forse troppo frettolosamente, ma cercando di rimanere fedeli al contenuto. È apprezzabile che il dicastero per la dottrina della fede non abbia voluto mischiare il giudizio sull’autenticità di presunte apparizioni con quello sulla bontà della conseguente devozione. Sul caso Medjugorje, per la teologa Cristina Simonelli, docente di Teologia Patristica alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, la Santa Sede ha imboccato “la strada giusta, scegliendo di sospendere la valutazione sui miracoli per soffermarsi piuttosto sulla qualità dei frutti spirituali derivanti da quella esperienza“. Occorre ancora tempo, accorre aspettare ed avere pazienza.
Se non sbaglio la Chiesa non ha mai pronunciato una parola definitiva in merito alla soprannaturalità di presunte apparizioni, fino a quando i presunti veggenti sono in vita. Oggi per di più, in un tempo dove sovrabbondano le comunicazioni, anche in modo molto confuso, la possibilità di errore e le fake news, non credo sia storicamente accettabile dare sbrigativamente giudizi definitivi.
Non è il nostro, il tempo dei dogmi, anche se qualcuno è purtroppo sempre tentato in questo campo.
È importante sostenere le persone, come dice la Simoncelli, “che si recano in quel villaggio bosniaco per pregare, per un momento di autenticità con se stessi. Molte di loro sono uomini e donne semplici, altre meno... Tutte sono in ricerca di Altro”. Per il momento, come si è detto, si sospende ogni giudizio sui miracoli, sulle molte guarigioni di cui si parla e sui segreti. Ed è bene: il credente non va in cerca di fatti prodigiosi; non nasce qui la sua fede, ma dall’accogliere Dio nella quotidianità. La fede va tradotta in opere, altrimenti si dà ragione a Marx, che la chiama “oppio dei popoli”.
Maria disse ai discepoli durante le nozze di Cana: «Fate quello che Egli vi dirà». È credente chi ascolta Gesù e cerca di vivere la sua parola, non facile ma sempre portatrice di umanità. Il suo invito è saziare chi ha fame, dar da bere a chi ha sete, accogliere lo straniero, perdonare chi offende, diventare costruttori di pace…. Chi impara a fermarsi davanti ai poveri e ai sofferenti, s’incammina verso l’armonia interiore e «comincia ad amare per amare e non avverte più che essere misericordiosi sia un obbligo. Questa esperienza si alimenta nell’eucaristia, perché quando ci comunichiamo, il Signore ci spinge fuori dal tempio per riconoscerlo nei poveri» (V. M. Fernandez).
La fede non si vive semplicemente nei santuari, durante i pellegrinaggi. Se è genuina diventa forza che «sposta le montagne», che inizia a cambiare il mondo. Così l’ha interpretata e vissuta la Madonna, accogliendo e portando sulla terra quel Figlio che abbatte i potenti dai troni, rialza gli umili e dona ad ogni donna e ad ogni uomo dignità e speranza. Il nostro è un mondo disperato dove troppe donne e troppi uomini, troppi bambini e anziani vivono crisi economiche e violenze secolari che tolgono loro ogni dignità e li portano alla morte. Bisogna essere attenti a non creare visioni miracolistiche e improbabili, a non immaginare santi che vivono in un mondo lontano e lasciano naufragare nella disperazione e purtroppo anche nella stupidità persone di ogni tipo, anche credenti.
Termino con le parole di Vito Mancuso: «Permettimi quindi, Madonna mia, di rivolgermi a te e di ricordarti questa nostra situazione: tu non la vedi da lassù, non la conosci? Abbiamo un bisogno enorme della tua grazia, della luce della tua anima, della speranza che la tua materna figura rappresenta per ognuno di noi. Per questo riprendo le parole del nostro sommo poeta:
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio/ tu sei colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘l suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura”.
Dante continua parlando di amore, di eterna pace, di carità, di speranza, insomma di quella energia pulita e luminosa che rappresenta il carburante vitale per la nostra psiche disorientata e la medicina più efficace per la nostra radicata paura. Questo tu sintetizzi in te stessa e di questo noi abbiamo bisogno» (La Stampa 20.09.2024).