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Giubileo in un mondo scristianizzato

dom 29 dic 2024 17:12 • By: Renato Pellegrini

Ma non basta l’amore di Gesù morto e risorto per ogni donna e per ogni uomo? La riflessione domenicale

Mi riesce sempre un po’ difficile comprendere pienamente il senso di qualche iniziativa della Chiesa cattolica nel nostro tempo. Mi pare che stia viaggiando su strade che gli uomini e le donne non percorrono più e faticano a capirne il significato.

Sono le parole di Gesù che si sono come eclissate e rinchiuse, se così si può dire, all’interno di riti staccati dalla storia. Prendiamo ad esempio il messaggio del Natale, che narra la vicenda di un bambino, per i credenti il figlio di Dio. Le sue parole, le beatitudini, il buon Samaritano, l’amore per i poveri e addirittura per i nemici, oggi tacciono.

Basta uno sguardo anche superficiale a come vengono trattati i migranti, lasciati affogare nel Mediterraneo. In questo caso, e in molti altri, le parole di Gesù non sono prese in considerazione, sono scordate. Certamente anche in passato rimanevano piuttosto nell’ombra.

Vi era però una maggior disponibilità all’ascolto ed erano un richiamo, un serio invito alla riflessione. A incarnarle sono stati sempre in pochi, figure straordinarie come Francesco d’Assisi. Oggi magari si ripetono, si recitano, ma ci si guarda bene a tradurle in realtà.

Tutta questa introduzione vale anche per il giubileo. Per trovarne le origini dobbiamo andare alla Bibbia, al capitolo 25 del Levitico, dove è scritto che ogni cinquanta anni si restituivano le terre a chi le aveva vendute magari per dover pagare i debiti e ognuno tornava «nella sua proprietà e nella sua famiglia» (Lv 25,10).

Lo schiavo ebreo nell’anno giubilare «se ne andrà insieme ai suoi figli, tornerà nella sua famiglie e rientrerà nella proprietà dei suoi padri» (Lv 25,41). Come si vede, non erano previsti pellegrinaggi.

Si aveva una convinzione precisa. La terra è di Dio e dunque sulla terra tutti sono stranieri: non ci sono padroni assoluti, dunque ogni uomo deve avere o vedersi restituita la dignità. In ambito cattolico invece, a partire dal 1300, il giubileo ha sempre previsto l’effettuazione di pellegrinaggi.

La riproposizione dell’ideale della remissione dei debiti, intesi, specie a livello internazionale, in senso economico-finanziario, è un tema apparso solo in epoca contemporanea.

Scrive Piero Stefani (Il Regno, 15 dicembre 2024): «La breve bolla di Bonifacio VIII ‘Antiquorum habet’ che istituì il primo giubileo della storia cristiana è, non a caso, priva d’ogni riferimento biblico.

Graziadei marzo 2025

  Gli ascendenti del giubileo vanno ricercati altrove ed è proprio questa origine a evidenziarne il carattere pellegrinante. Il suo antefatto più stringente lo si trova infatti nel pellegrinaggio armato delle crociate. San Bernardo di Chiaravalle, nella sua predicazione e nelle sue lettere, aveva presentato la seconda crociata (1144-1149) come un giubileo cristiano proprio a causa delle indulgenze da essa concesse. I debiti venivano ormai intesi in senso spirituale».

Così un poco alla volta la mistica delle crociate trovò il suo sostituto nel giubileo e «l’indulgenza plenaria venne collegata a luoghi più accessibili rispetto a quelli che contraddistinguevano il pellegrinaggio armato a Gerusalemme». Ma oggi, in un mondo secolarizzato, nel quale c’è poca preoccupazione per le sorti dell’anima nell’aldilà, il pellegrinaggio diventa sempre più “viaggio turistico” con pochi tratti spirituali, o forse talvolta nessuno.

Sempre il teologo Piero Stefani, nel testo citato, scrive: «Al fine di raggiungere la pace interiore, gli antichi pellegrini si sentivano peccatori e si spostavano nello spazio. I turisti, invece, si pensano sempre innocenti, anzi si ritengono, non a torto, benefattori dei luoghi che li ospitano. Oggi le linee di confine tra pellegrinaggio e turismo sono diventate sempre più indistinguibili; entrambi sono ormai fenomeni di massa e tra essi sono tutt’altro che infrequenti ibridazioni reciproche. Il senso del peccato (ammesso e non concesso che ci sia ancora) non è più una causa che sollecita a spostarsi nello spazio».

C’è anche da riflettere sul tema delle indulgenze. Onestamente pensavo non si riproponesse più, visti i ricordi non proprio positivi che suscita in chi conosce minimamente la storia.

Ma cosa sono le indulgenze? Si pensa che una volta perdonato il peccato mediante un sacramento (confessione o unzioni degli infermi), venga tolta anche la pena mediante l’indulgenza. Si pensa o si crede che ci sia un “tesoro della Chiesa” dove sono custoditi i meriti di Gesù Cristo e di tutti i santi. Le chiavi di questo tesoro appartengono al papa e un poco ai vescovi. Possono acquistare indulgenze sia i vivi che i defunti. Insomma basta una parola del papa per eliminare gli anni che dovremmo passare in purgatorio, perché se uno si confessa gli viene tolta la colpa, ma rimane la pena da scontare. Naturalmente deve essere chiaro che per i peccati mortali non confessati c’è solo l’inferno.

Senza rischiare l’eresia, vorrei porre alcune domande. La prima è questa: c’è qualcuno che capisce e condivide questo linguaggio? E poi: se uno è perdonato, gli è tolta la colpa, perché dovrebbe essere ancora punito? Se io mi confesso e sono assolto non basta? Dal punto di vista giuridico non è un’assurdità il fatto che debba comunque scontare una pena? San Pietro nella sua lettera (4,8) scrive che l’amore cancella una moltitudine di peccati. Se le opere buone sono meritevoli in sé non occorre che intervenga un papa a concedere l’indulgenza. Un intervento simile è un abuso di potere.

Scrive un prete di Bolzano, Paolo Zambaldi, che l’idea delle indulgenze «ripropone l’idea di un Dio col quale si può mercanteggiare, tramite una Chiesa che si pone come unica mediatrice». Zambaldi conclude così la sua riflessione: «Un Papa che si presenta come il vicario di un Dio, dal quale riceve poteri addirittura capaci di cancellare pene relative a un altro mondo, ripropone la visione di una Chiesa che ambisce ad essere “potente”. Questo atteggiamento non suscita forse il sospetto che Essa, mentre non più tardi di un mese fa, si attribuiva una nuova veste meno autoreferenziale e più umana, più sinodale e più trasparente, in realtà non abbia nessuna intenzione di cambiare il suo ruolo, né tantomeno di cambiare il catechismo, fondato su una visione dogmatica che la pone fuori dalla storia? Nessun uomo infatti dotato di una normale razionalità, può accettare oggi affermazioni poste come “indiscutibili”». 

Quanto ho scritto lo si può condividere, respirare nella situazione di oggi, nella quale gli stessi cristiani hanno in gran parte mutato il loro modo di aderire alla chiesa e di credere. E ben vero che c’è chi sostiene che l’indulgenza può diventare molto più di uno “sconto” sulla pena perché è un’opportunità preziosa per riconciliarsi con se stessi e con gli altri e con Dio. Ma non basta l’amore di Gesù morto e risorto per ogni donna e per ogni uomo?

 



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