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Il compito di papa Leone XIV

Occorre, secondo lo spirito che animò Giovanni XXIII e Paolo VI, trovare e portare avanti ciò che unisce più che ciò che divide

Il compito di papa Leone XIV

In molti si chiedono come sarà il pontificato di papa Leone, e c’è chi vorrebbe avere già una risposta pronta, bella e confezionata. Come in ogni cosa siamo nel tempo del “tutto e subito”, dell’impazienza. C’è anche chi pensa che basti un nuovo papa, un accenno a qualcosa che si crede nuovo, e subito si vede farsi avanti un’autentica rivoluzione, o almeno un cambiamento radicale. Qualche quotidiano lo auspica, ma confonde il papa con un uomo politico, che dialoga o magari rincorre i politici italiani. Non credo che questo possa avvenire.

Governare la Chiesa, e cioè la Curia romana, le nunziature, le università, le scuole cattoliche, le missioni, le parrocchie disseminate nel mondo intero è un compito complesso, che richiede un lungo ascolto e una buona capacità di governo. Francesco è stato il papa capace di parlare col cuore, magari tralasciando un poco il compito di governare. A lui interessava principalmente far sì che l’uomo riscopra la sua umanità, la bontà, la solidarietà, il rispetto dell’ambiente.

È da rileggere in questo senso quell’eccezionale enciclica che è la Laudato si, ma anche l’impegno costante perché nel mondo crescano pace, giustizia e amore. Dire “nel mondo” per Francesco era partire da chi ci sta accanto, dalla famiglia (si veda Amoris Laetitia) dove ciascuno, con i suoi limiti, le sue inclinazioni, i suoi desideri, la sua vita possa trovare armonia. E l’armonia può anche andare oltre il “si è sempre fatto così”.  

E poi Francesco non si stancava di ripetere che “siamo tutti fratelli”. Per giungere a un simile traguardo occorre dare dignità prima di tutto agli ultimi, a chi è povero e a chi è discriminato, seguendo l’esempio di Gesù. Naturalmente se molte energie si spendono in questo compito, che potremmo chiamare profetico, rischiano di mancare per il governo della Chiesa, popolo di Dio.

Si sa che il popolo non è un una serie di persone, uomini e donne che vivono l’uniformità. È invece, e grazie a Dio, qualcosa di molto vario, dove ciascuno cammina con un passo diversificato, dove c’è chi si attarda nel passato e chi vorrebbe saltare qualche tappa. Chi guida la Chiesa ha il compito di fare in modo che essa possa far conoscere il Vangelo a tutti. Un papa “profeta” è una guida spirituale del cambiamento che sta avvenendo, prendendo posizioni anche difficili e in controtendenza. Ma il papa è anche pastore, e questo compito richiede di armonizzare tutte le componenti che è chiamato a governare nello spirito del servizio.

Occorre, secondo lo spirito che animò Giovanni XXIII e Paolo VI, trovare e portare avanti ciò che unisce più che ciò che divide.

Papa Leone sa di quanto il nostro mondo abbia bisogno di guide spirituali, che sappiano parlare agli uomini credenti e non credenti, di buona volontà, alla loro parte buona e non al loro egoismo e voglia di sopraffazione. Scrive Vito Mancuso: «Gli Stati però sono sempre meno capaci di parlare al cuore, all'anima, al sentimento interiore degli esseri umani, cioè alla loro parte più importante. Chi parla più di senso del dovere? Di etica? Chi educa i nostri giovani alla moralità, alla vita buona, alla virtù, a quella dimensione per la quale noi esseri umani siamo veramente "umani" e non "gene egoista"? Il mondo ha bisogno di una guida spirituale e per questo ritrovava in Papa Francesco una guida ed egli, pur con i suoi limiti, riusciva a essere per il mondo questa guida. Era un ottimo profeta, ma proprio per questo non era un ottimo pastore. Unire le due dimensioni non è per nulla semplice, ma in questa capacità si giocherà il pontificato di 

alzogliocchiversoilcielo.com/search/label/papa%20leone%20xiv" target="_blank">Papa Leone e si misurerà il valore morale e spirituale della sua persona» (La Stampa 9 giugno 2025).

Leone XIV ha già dato almeno un paio di indicazioni che ci dicono che non cancellerà quanto fatto da Francesco: cercherà il modo più concreto possibile perché la chiesa sia davvero sinodale, e cioè sappia ascoltare e decidere insieme, i laici non siano semplicemente invitati ad obbedire ai pastori. E poi ha ricordato cosa significa “pontifex” (pontefice): colui che costruisce ponti, non che divide. Bisogna ricordare che è sì di Chicago, ma si è formato in Perù, a contatto con la teologia dei poveri. Come Francesco sarà attento alla “chiesa in uscita”, ma in più sarà più attento ad essere anche uomo di governo. Non dimentichiamo che per due mandati è stato superiore degli Agostiniani, un ordine religioso presente in una cinquantina di Paesi nel mondo. Infine vorrei ricordare quanto sia importante per lui la dottrina sociale della chiesa: venerdì 13 giugno ha scritto un testo per la giornata mondiale del povero, che si celebrerà il prossimo 16 novembre. Vi si legge «Promuovendo il bene comune, la nostra responsabilità sociale trae fondamento dal gesto fondatore di Dio, che dà a tutti i beni della terra; come questi anche i frutti del lavoro dell’uomo devono essere equamente accessibili. Aiutare il povero è infatti questione di giustizia, prima che di carità». E dà un consiglio, che ovviamente i potenti non rispetteranno, anche se fingeranno di onorare il nuovo pontefice: «…le risorse vadano a ospedali e scuole, non alle armi». Non a caso ha scelto di chiamarsi Leone.

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