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Indifferenza

dom 25 giu 2023 12:06 • By: Renato Pellegrini

Serve una via per vincerla

Ciò che vale davvero in questo nostro mondo sono i soldi. Se ne hai, e ne hai tanti, la tua considerazione eguaglia o supera quella del Padre eterno. In caso contrario non esisti nella considerazione dei più.

Ce lo hanno insegnato, fra gli altri, decenni di trasmissioni televisive. La cultura purtroppo pare attrarre poco. In questi giorni stiamo assistendo a uno spettacolo che mette in risalto come non è la persona umana un valore sempre, dovunque si trovi e qualunque scelta faccia. Ci sono persone di serie A, come chi ha la possibilità di comprarsi un biglietto da 250 mila euro per scendere nel mare più profondo e vedere il relitto del Titanic e se qualcosa non funziona tutti si precipitano a salvarli. Vivere è anche un loro diritto e dunque ogni tentativo perché possano tornare sani e salvi è benedetto.

Ma ci sono persone di serie Z, costrette a scappare da dittature, guerre, carestia… Pagano tutto quanto hanno per poter attraversare un mare in tempesta su barche fatiscenti, che spesso affondano facendo strage di migliaia di esseri umani, di molti, troppi bambini; allora prevale il silenzio, rotto soltanto dalla voce di chi ricorda che se la sono cercata. La guardia costiera greca racconta che il peschereccio salpato da Tobruk non era in difficoltà, nonostante le segnalazioni di Frontex.

Quando il motore si bloccò, la nave rimase in balia del mare agitato. Poi non si sa bene come sia andata. Ma è fin troppo chiaro e drammatico il risultato: 78 morti, 104 superstiti e quasi 600 dispersi. Si dice così forse per pudore: meglio chiamarli dispersi che cadaveri! I medici greci che curarono gli scampati sentirono parlare insistentemente di bambini: dove sono i bambini? Che fine hanno fatto i bambini? Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni, di etnia curda di Siria, aveva suscitato la commozione del mondo intero, ed è divenuto simbolo della crisi europea dei migranti dopo la sua morte per annegamento e l'iconica foto scattata al ritrovamento del suo corpo senza vita su una spiaggia.

Graziadei maggio

Ora muoiono a decine. Muoiono con la sola colpa di essere nati in una terra povera, muoiono perché le mamme sognano almeno per loro un futuro dignitoso.

E pochi se ne accorgono. Davvero il mondo sta diventando «un luogo pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvage ma per quelli che osservano senza far nulla». (Albert Einstein). I bambini sono le vittime innocenti di un mondo costruito su una crudele indifferenza, dove ogni sensibilità un poco alla volta va perduta.

Dove sono quei bambini? Cinquanta, forse cento; li avevano messi nella stiva con le mamme, costretti all’immobilità: zavorra a tenere in equilibrio quel naviglio disgraziato. Sono morti con le loro madri senza neppure poter muoversi, senza poter almeno cercare nella loro disperazione una via di salvezza. La salvezza non è per loro, non è per i poveri, non è per troppi innocenti. E quei bambini non li troveremo più; sono sprofondati per sempre nell’abisso.

Insensibilità verso gli umani. Ma d’altra parte, sembra aumentare l’amore per gli animali. Non si diceva un tempo che chi ama gli animali ama anche le persone? Un amico mi ha detto che secondo lui non è più vero. Troppi animalisti si commuovono per gli occhi tristi dell’orsa che ha sbranato Andrea Papi. Nessuno vede le lacrime della mamma, del papà, della sorella… In fondo non li riguarda, perché l’orso fa l’orso.

Ma l’uomo non può fare l’uomo? Qui da sempre il bosco è la nostra casa, il luogo dove si lavora e ci si diverte. E chi ci abita se ne prende cura. Il bosco e l’uomo da sempre vivono in armonia: la vita dell’uno è la vita dell’altro. Forse non tolleriamo di essere ostaggi degli orsi, come i romani vorrebbero non essere costretti a stare in casa per colpa dei cinghiali. Gli animalisti da salotto, gli esperti del nulla rischiano di confondere l’ordine dell’universo con la confusione delle loro idee e del loro egoismo. Anche preferire gli animali all’umano è indifferenza.

Gesù dice di non avere paura. Quello che conta è una relazione nuova in cui nulla abbia a che fare con la paura. Eppure, quando sono solo e comincio le mie riflessioni, io ho paura: Perché tanti bambini muoiono in mare, o sono rapiti, o subiscono violenza, o sono venduti per denaro o talvolta gettati in un cassonetto appena spiccato il loro brevissimo volo. Nel Vangelo c’è scritto: «Ma neppure un passero cade senza che Dio lo sappia». Avevamo tradotto: senza che Dio lo voglia. Avevamo sbagliato. Dio non lo vuole, perché il dramma è anche suo. Lui non spezza le ali dei passeri, le guarisce, le rafforza, le accarezza. Turoldo scriveva: «Tu sei nel cuore delle cerve e sotto le ali delle rondini». Ne sostiene il volo. E l’uomo, lo dice sempre Gesù, vale più dei passeri e di ogni animale.

Si noti il verbo: valere. Per Dio, io valgo. Valgo di più di molti passeri, di più di tutti i fiori del campo, di questa e di tutte le primavere che verranno; valgo per lui di più di quanto osavo sperare.   Bello questo Dio che fa per me l’impensabile, ciò che nessuno ha mai fatto, ciò che nessuno farà mai. Verranno notti e reti di cacciatori, verrà anche la morte, ma «nulla mai ci potrà separare dall’amore di Dio» (Rm 8,39). Sì, è vero: i passeri e i capelli non sono esentati dalla morte. Ma Gesù mi insegna il diritto a rivendicare fino all’ultima fibra di questo mio corpo che ha testimoniato la bellezza e la fatica del vivere. «Temete piuttosto chi ha potere di far morire l’anima».

L’anima può morire? Sì. Il lento morire di chi passa i giorni a lamentarsi, diventa schiavo dell’abitudine, non rischia e non cambia... «Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, lentamente muore chi non trova grazia in se stesso» (Martha Medeiros). Forse qui è tracciata una via per vincere l’indifferenza.

 



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