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La Giornata mondiale della Gioventù

dom 06 ago 2023 08:08 • By: Renato Pellegrini

In occasione dell'appuntamento di Lisbona, una riflessione sui giovani e una nuova Chiesa

A chi mi chiede cosa penso della Giornata mondiale della gioventù, non rispondo lasciandomi trasportare soltanto dall’ottimismo. So che è un evento importante per una Chiesa in crisi come quella attuale, ma so anche che non è un appuntamento in grado di risolvere qualche problema.

Nel tempo delle emozioni (perché sono queste che ci guidano nei grandi momenti dell’avventura umana, soprattutto in questo nostro tempo) so che ogni giudizio va dato con cautela. La prima cosa positiva che salta agli occhi è che moltissimi giovani, ragazze e ragazzi, provenienti da ogni diocesi del mondo si incontrano festosamente e manifestano la loro fede.

Gesù non è per loro soltanto un nome, un personaggio della storia, lontano. Ma è uno che «cammina con loro», come ha detto papa Francesco. Cammina insieme per condividerne le scelte, per chiamare alla pienezza della vita. Molti di quei giovani che si sono trovati a Lisbona, non sono arrivati là casualmente o per pura curiosità. Si sono preparati con incontri di catechesi, cercando risposte, ma forse ancora di più ponendo domande. E quando sono giunti a Lisbona non si sono sentiti «fuori dal mondo», pur vivendo una specie di trasfigurazione.

Graziadei maggio

Con la forza che viene dall’essere insieme, dal sentirsi in comunione ascoltano per capire e dialogano per approfondire quei problemi che sono parte della loro vita: la pace che non c’è, il clima che cambia e fa paura, i poveri che non hanno dignità, i migranti che muoiono nel mare, ma anche la diffusione della droga o i prezzi troppo alti. Pregano e si confessano. Danzano come Miriam sulla spiaggia dopo aver attraversato il mar Rosso; quei giovani presentano una chiesa dove c’è posto per tutti. Lo hanno gridato, insieme con Francesco. Non una Chiesa di perfetti, ma di peccatori che vogliono convertirsi. Non guardano indietro, non scrutano il passato, non credono a una morale fatta di divieti, ma di una nuova libertà.

Sono «l’immagine di una Chiesa gioiosa, presente, che cammina insieme, in un mondo così pieno di divisioni, così virtuale, così ingannevole. Credo che questa immagine sia già una grande risposta, anche a tante paure e tante incertezze», ha detto il cardinale Matteo Zuppi in un’intervista a SIR. Certamente i problemi restano, ma continua l’arcivescovo di Bologna, non bisogna disconoscerli «ma avere la serena consapevolezza di tanta forza, di tanta speranza e tanta fiducia che i giovani vogliono e meritano».

Avranno i giovani la possibilità e la capacità di costruire davvero una Chiesa nuova? Potranno sperimentare una Chiesa dove vince la misericordia, dove l’errore è perdonato, dove sarà la coscienza ad avere l’ultima parola e non la legge? Sapranno testimoniare che Dio rimane fedele all’uomo sempre, che Dio è più grande del nostro cuore, dove sempre la fede deve combattere con l’incredulità e la fedeltà con l’infedeltà?  Molto dipenderà da ciascuno di loro, dal tener duro nei momenti difficili. Molto dipenderà anche proprio dall’ esperienza di chiesa che riusciranno a fare una volta tornati a casa, a vivere la normale quotidianità. Se riusciranno pur nella fatica a vivere un po’ di quello che in questi giorni sentono vero, comincerà un tempo nuovo e nascerà una Chiesa più capace di sentire e condividere le gioie, le speranze, le ansie e le angosce delle donne e degli uomini di oggi. 



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