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Fare la volontà di Dio

dom 01 ott 2023 11:10 • By: Renato Pellegrini

È ancora possibile oggi credere?

Mi ricollego idealmente a quanto scrissi quindici giorni fa, ponendo a me e a ciascuno dei lettori la domanda se è ancora possibile oggi credere in Dio. Non ho trovato risposte certe. Ho solo cercato di mettere in evidenza come in un mondo che sta cambiando non è possibile continuare a bearsi nel “si è sempre fatto così”. Lo ribadisce a chiare lettere anche il vescovo di Perugia – Città della Pieve, il trentino Ivan Maffeis nella sua lettera pastorale: «Bisogna abbandonare i riferimenti e i modelli di azione pastorale che fino a un recente passato si erano rivelati efficaci. Oggi è inutile riproporli senza un progetto che porti a nuove forme di presenza della Chiesa».

Se le chiese si svuotano, se molti se ne vanno educatamente senza sbattere la porta è anche perché non capiscono il linguaggio liturgico, sono lontani dalla fede in un Dio personale; è anche perché il modo di esprimersi dei preti nelle omelie è troppo disincarnato. Per tante persone, uomini e donne con cui tutti abbiamo a che fare il termine Dio ha molti significati sfumati. Non pare essere il Dio di Gesù Cristo. Su questo le diocesi fanno fatica a confrontarsi, a lasciarsi interrogare. Non basta infatti celebrare un Sinodo che usa il linguaggio di sempre, che non s’accorge delle domande pregnanti e urgenti della nostra umanità.

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E ora vengo a riflettere sul titolo che ho voluto dare a questo articolo: «Fare la volontà di Dio». Non occorre molta fantasia a pensare che in molti traducono questo in «occuparsi delle cose del cielo», fare qualcosa di bello per Dio, compiacendolo con qualche atto religioso. Esemplificando si può dire: faccio la volontà di Dio se lo prego, se vado a messa, se sono devoto alla Madonna ecc. Può darsi. Ma non basta, perché posso pregare e disprezzare il prossimo. Se mi comporto così vengo clamorosamente contraddetto da Matteo al capitolo 25, quando descrive il giudizio finale e dice che a salvarsi sono quelli che praticano la solidarietà, pongono attenzione all’altro. Io aggiungerei: e sanno rispettare l’ambiente! Obbedire a Dio significa anche aver cura della propria vita, dono del Padre, aver cura della propria salute, gioire per l’amore che dono e ricevo dalla mia famiglia; ma anche saper far fronte alla vita quando non tutto va bene «senza mettersi di traverso perché ritenuta non corrispondente alle proprie miopi aspettative». (Paolo Squizzato). Il Dio di Gesù lo si incontra nella nostra storia piccola o grande che sia, nel lavoro, nel volontariato, nelle sconfitte, nella gioia di una partita vinta. La volontà di Dio è capovolgere il nodo di pensare di molti credenti: devo fare qualcosa per Dio. Invece io sono convinto che il ragionamento giusto sia: devo accogliere quello che Dio fa per me. E la cosa più grande che ha fatto è stato mandarci Gesù, il Figlio che ci ha insegnato a vivere tenendo presente il Suo progetto, a diventare esperti in umanità.

Sicuramente fare la volontà di Dio è anche accettare la sofferenza. Ma con la volontà e la forza di combatterla, perché Dio non manda il dolore, non castiga, non purifica mandando sofferenze e piaghe. Con il teologo Carlo Molari «non credo che Dio vuole la riparazione del male attraverso la croce di Cristo o attraverso coloro che si uniscono alla sua sofferenza…. Quando qualcuno soffre Dio è dalla sua parte per sostenerlo nel suo cammino, perché possa giungere ad amare anche in quella condizione…». Fare la volontà di Dio non è accettare la sofferenza, perché Dio la manda e magari la vuole. Quello che conta è invece scorgere nel volto dell’umano nientemeno che il volto di Dio. Sempre



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