dom 26 mag 2024 09:05 • By: Renato Pellegrini
La prassi della cresima è una delle esperienze pastorali più frustranti e la sua attuale celebrazione, in seconda media nella nostra diocesi, pone una serie di problemi
Non c"è dubbio che la prassi della cresima è una delle esperienze pastorali più frustranti e la sua attuale celebrazione, in seconda media nella nostra diocesi, pone una serie di problemi.
Si pensa troppo poco a come anticamente venivano celebrati i sacramenti: battesimo, cresima, comunione e confessione, una sequenza che aveva una sua logica. Noi siamo portati a dare alla cresima un valore enorme; la definiamo, infatti, il sacramento della «maturità cristiana», quando è sotto gli occhi di tutti che sia un ragazzo di seconda media che un ragazzo di quindici anni pensano a tutto fuorché ad essere adulti.
E giustamente. Così ci si trova a pensare nel cammino di catechesi a quali contenuti presentare, su quali esperienze puntare. Generalmente i genitori sono assenti, forse sono i primi a non credere a questo sacramento, che qualcuno chiama semplicemente «la festa del ciao», cioè l"ora del congedo.
Tutto questo avviene naturalmente, senza sussulti, perché da troppo tempo si è interrotta la comunicazione della fede che avveniva all"interno della famiglia, a opera soprattutto della figura femminile.
Questa comunicazione era parte di un sistema di vita cristiana in cui il soggetto si trovava inserito fin dai primi giorni della sua esistenza e che gli consentiva di sentire subito l"amore di Dio nell"affetto del papà e della mamma. Oggi non è più così. E il problema non è prettamente religioso, non riguarda esclusivamente la fede, ma anche altri aspetti fondamentali dello sviluppo normale dell"essere umano. Si pensi all"educazione della coscienza, all"insegnare cosa è bene e cosa è male"¦
Di fatto è sempre più frequente incontrare ragazzi senza alcun senso morale, «ragazzi sottosviluppati da questo punto di vista semplicemente perché in casa nessuno ha provveduto ad aprire mente e cuore alla percezione realistica del bene e del male, alla capacità di distinguerli, alla libertà conseguente di scegliere ciò che è bello e buono e al coraggio di fuggire quando è brutto e falso» (Amedeo Cencini).
I ragazzi vengono quindi a sperimentare la solitudine, perché senza certezza che qualcuno si interessi a loro e li ami. Ma c"è una solitudine anche nei confronti di Dio. Non è possibile, infatti, riconoscere la presenza di Dio senza l"educazione della coscienza. Il risultato non può essere che un allontanamento progressivo. Sempre Cencini, religioso canossiano e psicoterapeuta, mette in risalto che molte volte gli adolescenti sono lasciati in questa solitudine da «genitori sprovveduti», «adulti anagrafici, in realtà adolescenti permanenti». Gli adolescenti e i giovani credenti di oggi (o che si presentano come tali) non credono più come prima, non hanno certezze, restano possibilisti sulla fede, come in stallo, senza decidersi né per un senso né per l"altro. Potremmo dire che oggi i giovani conservano delle tracce di fede, grazie alle quali possono arrivare a dire che probabilmente Dio c"è. Qualcuno mi ha detto che, pur non essendo credente, una cosa l"ha capita: Dio non può che essere lasciato libero di agire. Non si sa mai"¦
Come dire: una fede a metà per un credente pure a metà . Insomma intorno c"è una spiritualità instabile in una società liquida, come si esprimeva Bauman. Ma non bisogna scoraggiarsi. Siamo tutti certamente in tempi difficili, dove il dubbio ci può assalire da ogni parte. Ma finché ci sono dubbi ci sarà anche la fede. Senza dubbi (lo penso io, non è un dogma) la fede s"addormenta e poi scompare.
Per questo oso affermare che questo è un tempo benedetto. Lasciamo ai ragazzi di fare il loro travagliato cammino, lasciamo che cerchino la strada. Oggi la Chiesa celebra la festa della Trinità e il Vangelo ci narra che se l"uomo se ne va lontano da Dio, Dio invece si avvicina, gli parla, gli tende la mano. Dovremmo studiare ancora come e quando celebrare la cresima. Ma la cresima resta un passo di Dio verso di noi. Anche se non sembra, è sempre una festa che ci indica un cammino.