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Il direttore risponde

La partecipazione popolare in crisi

lun 03 feb 2025

Il nostro lettore Gianluca Marches propone una riflessione sulla necessità di promuovere la partecipazione attiva della popolazione prendendo spunto dal tema trattato nell’ultimo numero di NOS Magazine

Gentile de Manincor,

Ho letto con interesse il suo editoriale comparso, se non
erro, sull'ultimo di NOS Magazine, dedicato alla prossima tornata elettorale e
ho trovato diversi spunti di riflessione.

In un qualche modo, da giovane funzionario comunale
"appassionato di comune" mi sono sentito indirettamente chiamato in
causa da quanto esposto nell'editoriale. Ci troviamo in un periodo di crisi
della democrazia in tutte le sue forme. All'interno dei vari enti sempre più
spesso, è possibile notare come sempre di più il potere venga accentrato negli
organi di governo rispetto agli organi assembleari. Questo meccanismo appare
chiaro all'interno dei nostri comuni.

Nell'Ordinamento dei comuni della Regione Trentino Alto
Adige, il consiglio comunale leggendo gli articoli del codice degli enti locali
dovrebbe avere un ruolo di assoluto centralità nel governo del comune. In
realtà questo ruolo di assoluta centralità è stato sostituito da un organo che
si limita a rettificare spesso le decisioni della giunta comunale, che è privo
di quella rappresentatività del territorio che l'organo dovrebbe assicurare.

Da un lato l'evoluzione legislativa degli ultimi anni,
basti pensare agli atti di programmazione dell'ente locale (o ai vari
regolamenti in materie ostiche e complesse che il consiglio comunale è chiamato
ad adottare), richiede da parte del singolo consigliere una solida competenza
teorica che difficilmente può avere.

Sempre più, poi, nelle comunità vi è la tendenza del
cittadino a delegare ad altri il governo della cosa pubblica pensando che
"tanto ci sarà sempre qualcuno ci pensa". Un pensiero quest'ultimo
favorito dal fatto che sempre più si nota, come lei bene ha iscritto nel suo
editoriale, una certa distanza tra amministratori e cittadini, quasi che il
governo di un comune sia una cosa privata degli amministratori.

Non si vuole accusare in questa sede gli amministratori
di fare i propri interessi privati, bensì di considerare la capacità di
governare il comune come una loro esclusiva prerogativa perché solo loro sono
capaci e gli altri no.

Il concetto di cui sopra in via esemplificativa può
essere meglio compreso con il seguente esempio tratto dalla realtà. Se in
comune il ruolo di assessore alle foreste, è ricoperto da un settantenne che
conosce ogni singolo centimetro della montagna, a mio modo di vedere dovrebbe
trasmettere questa conoscenza a qualche giovane interessato al tema
trasmettendo così le conoscenze facendo nascere magari in quel giovane la
scintilla a mettersi in gioco.

Più che rimuovere il limite dei mandati ai sindaci,
contribuendo in questo modo a quel perpetuarsi del "tanto ci sarà sempre
qualcuno ci pensa", sarebbe necessario comprendere come coinvolgere i
giovani all'interno della vita politica dei comuni, invece di limitarsi a dire
che i giovani non fanno niente o non sono interessati. Le varie realtà di
volontariato presenti sul territorio, vigili del fuoco volontari, bande
musicali, pro loco, testimoniano che un impegno da parte dei giovani a mio parere
esiste ed è innegabile. Un impegno, un volontariato, che forse necessita di
essere portato a un livello superiore. Mi rendo benissimo conto che non è un
ragionamento semplice. Con i tempi che corrono sono consapevole che non ci si
improvvisa amministratori da un giorno all'altro, ma sono altrettanto convinto
che se non si prende il tempo di dialogare con i giovani, coinvolgerli partendo
dal basso la partecipazione alla vita pubblica non potrà che peggiorare.

Ricordo a me stesso che nel codice dell'ordinamento degli
enti locali della Regione Trentino Alto Adige, lo statuto comunale può
disciplinare forme di partecipazione popolare alla vita del comune. Riempiamo
quindi di significato queste "forme di partecipazione popolare alla vita
del comune" attraverso una riflessione su scala provinciale che si traduca
nell'elaborazione di linee guida o ancora meglio a livello regionale in una
riforma dell'ordinamento degli enti locali, che sappia essere una risposta di
sistema a questa crisi di rappresentatività che affligge le nostre comunità.

È un tema complesso, mi rendo conto, su cui ci sarebbe
molto da scrivere e riflettere, e che richiede un ragionamento di sistema e
molto tempo per essere attuato. Ma è altrettanto vero continuare a dire
"che ai giovani non interessa nulla” senza cercare di coinvolgerli è il
modo migliore per accelerare in maniera irreversibile il declino verso la
partecipazione alla cosa pubblica.

Ben vengano le iniziative come nel Comune di Malé, che
promuove occasioni di incontro tra amministratori e cittadinanza. Su questo
punto si arresta il mio discorso, chiedendomi poi da ultimo se a distanza di
qualche anno le fusioni dei comuni promosse per "realizzare risparmi di
spesa", come bene esplicitato nel testo legislativo, abbiano contribuito a
contrastare o ad accelerare la disaffezione verso la cosa pubblica.

Un tema su cui magari il NOS potrebbe aprire una
riflessione.

Cordiali Saluti

Gianluca Marches 

 

Gianluca Marches

Carissimo lettore,l’editoriale da me scritto aveva proprio lo scopo di stimolare commenti, riflessioni, confronti, dibattiti e, perché no, anche qualche proposta. È proprio l’obiettivo di uno che fa il mio mestiere anche se spesso il risultato non si ottiene. Inutile dire quindi che mi fa immenso piacere ricevere le sue riflessioni che pubblico integralmente e delle quali condivido anche le virgole. Le reazioni istintive, e forse poco riflessive, sono state invece il sentirsi offesi, le chiacchiere da bar, qualche pettegolezzo, e pure indirette intimidazioni. A riprova che c’è ancora tanto lavoro da fare per non disperdere il buono che c’è e per investire nella formazione di quella nuova generazione capace di farci sperare in un futuro sereno e partecipato. Da parte mia un sincero grazie.

Il direttore
Sandro de Manincor



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