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Alleviare la sofferenza

dom 14 mar 2021 15:03 • By: Renato Pellegrini

In tempo di Quaresima, una riflessione domenicale dedicata al dolore, da combattere e vincere insieme

VALLI DEL NOCE. La quaresima è tempo che invita i cristiani a guardare alla croce come segno di salvezza. Amare la croce non vuol dire essere masochisti. La sofferenza esiste, ed è un mistero, o forse un enigma che accompagna donne e uomini in tutti i tempi e in tutte le culture. In questa stagione di pandemia, che continua la sua presenza crudele, cresce la percezione di un dolore che dilania un poco alla volta corpi, abitudini, anima… Piacerebbe poterlo rimuovere. Certo è che tutti lo sentiamo come un grande intruso nelle nostre vite.

E allora che fare?

I cristiani non solo non lo devono cercare, nemmeno devono credere che è Dio che manda le croci: devono combatterlo. Così ha fatto anche Gesù, guarendo malati, liberando persone da gravi disturbi psichici. Al dolore occorre resistere, il dolore va vinto, pena la disumanizzazione. Mi ha impressionato il card. Carlo Maria Martini, grande vescovo di Milano (1979 – 2002), biblista ed esegeta di fama mondiale, che sul letto di morte, dopo aver parlato con i collaboratori e una nipote, ha detto ai medici: «Ora addormentatemi». Non ha invocato l’eutanasia, ma una morte dignitosa, umana. Ripenso al personale dell’Hospice dove è morto mio fratello: sensibile, attento alla sofferenza e capace di accompagnare nel cammino che porta a morire con delicatezza, premura, vorrei dire amore.

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La sofferenza deve rimanere un’esperienza che nel farsi presente nella vicenda umana, non cancella la grandezza di un essere nel mondo con nobiltà e compostezza.

Non è inutile vivere il dolore così, perché proprio questo dolore ci cambia, ci rende esperti in umanità, capaci di com-patire la sofferenza. Non c’è spazio per la glorificazione del dolore. E i cristiani al riguardo devono vigilare sulla pesante eredità del passato. Non mi piacciono quelle preghiere e quel modo di ragionare che invita a offrire a Dio il proprio soffrire. Dio non vuole il dolore. Compito di tutti è resistere per alleviare ogni sofferenza, come il Cireneo che aiuta Gesù a portare la croce. Chi guarda con serenità alla sua vita passata comprende che il dolore non lo si può eliminare, ma intuisce anche che senza dolore non ha veramente vissuto né amato. Forse ha praticato solo una sopravvivenza anestetizzata, priva di sapore. La quaresima insegna a ogni cristiano a mettersi vicino a chi soffre, a chi fa fatica nella vita per aiutarlo, per fargli compagnia, per guardarlo magari in silenzio, perché le parole non hanno senso. In molte chiese si celebra la via crucis ogni venerdì di quaresima. Al centro c’è l’atroce sofferenza di Gesù, ma alla fine c’è la speranza della vittoria su ogni dolore. Ecco: il dolore delle donne e degli uomini deve incontrare questa speranza. Talvolta sembra impossibile. Pensiamo a un portatore di handicap, a quel suo dolore innocente. Non pare forse che lì la speranza sia cancellata? L’uomo credente, come tanti altri, si sente disilluso, spaesato. Se chiede «perché?» non ottiene risposta.

Io penso che la cosa importante sia quella di essere presenti, accanto a quella persona. Non sfuggire quella realtà. Il cristiano sa che la cura dei malati «è una delle supreme attività, forse la suprema in assoluto, che l’amore umano conosca». San Paolo insegna che il cristianesimo è follia e stoltezza agli occhi del mondo e in questo stare accanto ai malati dimostra davvero di essere di un altro mondo, proprio come dice Gesù. «Qui si serve la vita…. E lo si può fare, perché, personalmente, “ci si perde”. Proprio come Dio nel suo rapporto col mondo» (Vito Mancuso).

Scoprire e riscoprire il mistero del dolore per portarlo insieme, combatterlo e, quando è possibile, vincerlo è l’esercizio che il Cristo che cammina verso il Calvario non si stanca di insegnare ai suoi discepoli.



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