Skin ADV

Punti nascita, per Demagri e Dallapiccola chiusura inaccettabile

gio 13 gen 2022 18:01 • By: Lorena Stablum

I consiglieri del Patt si chiedono anche perché con il 70% dei posti liberi in terapia intensiva non siano ripresi gli interventi programmati

CLES. Esprimono indignazione per una scelta che dimostra poca attenzione alle valli e agli ospedali territoriali i consiglieri del Patt Paola Demagri e Michele Dallapiccola, che commentano la sospensione dei punti nascita di Cles e Cavalese per la terza volta nel giro di due anni (Qui l'articolo). «Volevano aprire Arco e per la terza volta, invece, chiudono i punti nascita territoriali e non credo sia la pandemia la vera motivazione – spiega la consigliera Demagri –. La motivazione deriva da una carenza di personale ostetrico negli ospedali di Trento e Rovereto. Si chiudono così i punti nascita per dirottare il personale sui due ospedali più grandi, mantenendo un’ostetrica di turno sui Cles e Cavalese per gestire eventuali emergenze. Dopo aver fatto lo sforzo di riaprire i punti nascita, di fidelizzare l’utenza e di avviare nuovi progetti come quello legato alla raccolta del sangue cordonale, si torna a chiudere dimostrando una scarsa visione politica e andando a colpire la fascia di utenza più debole. La logica conseguenza, infatti, sarà la chiusura anche dei reparti di pediatria, come già accaduto dopo le due chiusure precedenti. Questa giunta manda in giro delibere e slide sulla riorganizzazione dell’Azienda sanitaria e poi non è in grado di gestire la situazione sanitaria legata al Covid che ormai è diventata ordinaria. Non possiamo più parlare di emergenza. In questa situazione, quale ruolo attivo può avere, nella riorganizzazione del sistema, il personale sanitario che è sempre più demotivato? Si sono spesi soldi per formare le ostetriche nel parto cesareo e per realizzare delle sale operatorie nel blocco parto da utilizzare in caso di emergenza.

Elektrodemo

Be’, questa può considerarsi un’emergenza – conclude Demagri -. Che messaggio si dà verso gli utenti? Questa mancanza di programmazione falsa anche la percezione sull’efficacia dei vaccini, che ricordiamo sono l’unico strumento contro questa pandemia. Ma se, nonostante la vaccinazione, si chiudono i servizi e non si riesce a dimostrare che si ottengono effetti positivi, inevitabilmente si dà un messaggio negativo». 

La consigliera, quindi, torna anche sui posti letto di terapia intensiva riportando i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali: «Si sono fatte malamente alcune scelte – aggiunte -: i posti di terapia intensiva sono stati aumentati ma non sono stati aumentati i posti di alta intensità. Non è stata fatta una scelta precisa e puntuale perché come dimostrano i dati di Agenas siamo la provincia peggiore nella gestione dei posti letto di rianimazione. Certamente, i pazienti finiscono in rianimazione per questioni cliniche ma, credo, anche perché non abbiamo posti letto in alta intensità. Mi chiedo: siamo sicuri che i posti letto in alta intensità siano sufficienti? È interessante osservare i dati sul numero di posti letto di terapia intensiva che c’erano pre emergenza covid e di quanti ne sono disponibili a oggi. A livello nazionale la media era di 8.9 posti ogni 100.000 abitanti e in Trentino c’erano solo 5.9 posti ogni 100.000 cittadini. Attualmente, dopo l’adattamento del sistema, la media nazionale è di 15.7 posti di terapia intensiva e in Trentino si arriva 16.6 posti ogni 100.000 abitanti per un totale assoluto di 90 posti dedicati. Attualmente a causa dell’emergenza covid sono occupati circa il 30% dei posti letto in terapia intensiva mentre gli altri restano a disposizione. In questo momento, la sanità è impegnata a gestire l’emergenza con tutte le forze disponibili e utilizzando al 100% le risorse e gli strumenti dei quali si dispone. A inizio pandemia infatti sono stati sospesi anche gli interventi programmati poiché i posti in terapia intensiva servivano per far fronte al dramma delle ospedalizzazioni dei malati di covid. Tuttavia – ricorda la consigliera, che su questo tema ha presentato un’interrogazione insieme al compagno di partito Dallapiccola  - i posti di terapia intensiva servono anche per interventi su pazienti che hanno subito incidenti o eventi acuti quali infarti o per interventi chirurgici ad esempio di malati oncologici o per interventi di neurochirurgia. Quindi ci chiediamo: come si pensa di utilizzare i posti di terapia intensiva che in questo momento sono liberi? Perché con il 70% dei posti liberi in terapia intensiva ad oggi non sono ripresi gli interventi? L’assessora e la Giunta devono chiarire quali sono le modalità di utilizzo dei posti in terapia intensiva e perché non vengono utilizzati, almeno in parte, per garantire gli interventi considerando anche che molto spesso dopo gli interventi programmati la permanenza dei pazienti in terapia intensiva è di pochi giorni. In termini assoluti possiamo affermare che prima dell’emergenza sanitaria la Sanità trentina garantiva interventi con meno di 35 posti letto in terapia intensiva e ad oggi gli interventi sono sospesi anche se ci sono circa 60 posti attivi dei 90 disponibili».



Riproduzione riservata ©

indietro