gio 07 apr 2022 12:04 • Dalla redazione
Il risanamento dopo essere arrivata nel 2017 sull’orlo del fallimento. Ora importanti investimenti e progetti di ricerca per film plastici ‘circolari’ e completamente riciclabili
FUCINE DI OSSANA. Lasciatasi alle spalle i fantasmi del passato, Fucine Film guarda avanti con ottimismo nel segno dell’economia circolare. Il 2021 ha registrato un balzo del fatturato fino a 34,6 milioni di euro, con un incremento pari al 44% sull’anno precedente. I dipendenti salgono a quota 80, grazie alle 30 nuove assunzioni finalizzate nell’ultimo triennio, che hanno abbassato l’età media del personale a poco meno di 40 anni. Il portafoglio delle commesse conta 250 clienti attivi, in gran parte all’estero dove vengono esportate la maggior parte delle bobine di film plastico prodotto a Fucine, per un valore che equivale circa all’80% del volume d’affari complessivo. Ma la scommessa più importante si chiama innovazione. Non potrebbe essere altrimenti per una fabbrica che produce 50 tonnellate al giorno di plastica in questa piccola frazione del Comune di Ossana, a 982 metri di altitudine, all’imbocco della Val di Pejo. Non è possibile produrre plastica in alta montagna, a due passi dal Parco dello Stelvio, se non a condizione di mettere l’ambiente al primo posto.
Appena quattro anni fa, in fabbrica, le linee di produzione erano ferme: mancava liquidità per acquistare le materie prime. Oltre 50 famiglie con il fiato sospeso, lavoratori provati da una proprietà d’oltralpe che in meno di otto mesi aveva svuotato la fabbrica togliendole denaro e valore sul mercato. Quando il management di Eriplast, gruppo industriale di Bassano del Grappa che ne stava valutando l’acquisto, si spinse fino lassù per un primo sopralluogo, in stabilimento funzionava una sola lampadina da 60 Watt.
Il resto è storia recente per l’azienda della Val di Sole con alle spalle quasi cinquant’anni di attività (li festeggerà nel 2025) nel settore dei film per imballaggio di alimenti. Il 26 febbraio 2018 la firma dell’accordo tra Trentino Sviluppo ed Eriplast, società della famiglia Spezzapria, con le quote societarie che passano di mano, un piano industriale innervato da un investimento pubblico pari a 3,5 milioni di euro, finanziati dalla Provincia autonoma di Trento tramite la sua società di sistema, mentre l’imprenditore privato acquirente ne ha investiti oltre 8 milioni di euro per il risanamento e il rilancio dello stabilimento di Fucine. Una nuova linea per la produzione di PET per consolidare il mercato alimentare (investimento da 3 milioni di euro), il completo ammodernamento e rinnovo delle linee di produzione del PVC (oltre 2 milioni), una nuova linea automatica di taglio (oltre 1 milione) e altri miglioramenti industriali completano la lista.
Oggi nello stabilimento di Fucine si lavorano circa 50 tonnellate di prodotto
al giorno, tra PVC (70% della produzione) e PET (30%). Film plastici destinati
principalmente al mercato dell’imballo alimentare (70%), del packaging tecnico
per l’industria (20%, una grande ditta di sistemi di fissaggio per l’edilizia
tra i principali clienti, ma anche produttori di sistemi di refrigerazione e
condizionamento dell’aria), del farmaceutico-medicale (10%, tra cui le siringhe
monouso).
Una produzione che per l’80% del suo valore salpa per l’estero dal porto di
Trieste, destinazione Francia (23%), Regno Unito (15%) e paesi extra Unione
Europea (31%) quali Turchia, Ucraina, Stati Uniti d’America e Australia.
E sempre più nei prossimi anni la spinta propulsiva sarà rappresentata
dall’innovazione, con una serie di progetti già in avanzato stadio di sviluppo
che puntano a ridurre il consumo di plastica vergine e a massimizzare
l’utilizzo della materia prima proveniente dal riciclo.
«Di fatto oltre il 70% della plastica ad oggi utilizzata per gli imballi
alimentari non può essere riciclata – spiega Lorenzo Montibeller, amministratore delegato di Fucine Film – in
quanto “sporcata” dai film di polietilene che vengono accoppiati agli strati in
PET (vergine e riciclato). I film in PET possono essere prodotti utilizzando
fino all’80% di materia prima proveniente dal riciclo, ma purtroppo
l’accoppiamento con PET rende vano questo riutilizzo perché a fine vita i due
materiali non sono separabili con i tradizionali metodi di selezione e di
riciclo meccanico. Un nostro progetto di ricerca, avviato due anni fa in
collaborazione con l’Università di Parma, ci ha portato a realizzare un
impianto in grado di produrre un PET 100% riciclabile in quanto l’effetto
barriera necessario per la conservazione degli alimenti non è garantito
dall’utilizzo del polietilene bensì da alcuni additivi aggiunti direttamente
nella miscela di monomateriale».
L’innovazione ha già avuto un primo via libera da parte dell’Autorità Europea
per la Sicurezza Alimentare (EFSA - European Food Safaty Authority) e i primi
test realizzati presso un’industria alimentare che l’ha utilizzata per le
proprie confetture monouso hanno dato esito positivo. Se tutto procede secondo
i programmi con il prossimo autunno il nuovo prodotto potrà essere immesso sul
mercato in maniera massiva. Sono pochi in Europa gli impianti in grado di
produrre film plastico partendo dal 100% di prodotto riciclato e rigenerato,
questo anche a scapito di logiche puramente economiche, se si pensa che la
materia prima riciclata costa sul mercato circa il 10% in più, provenienti
dalle comuni bottiglie di acqua minerale in plastica RPET. Non è trascurabile,
ma se si pesa una bobina da 10 quintali e si moltiplica per 15.000, quante ne
escono in un anno da Fucine, l’impegno dell’azienda verso l’ambiente diventa
significativo.
Ma l’impegno di Fucine non si ferma al solo materiale plastico “pop”, ovvero il
PET, ma si estende anche al vecchio e non più così “di moda” PVC.
«Abbiamo aperto un ramo commerciale di PVC rigenerato – spiega Daniel Gionta, technical manager di
Fucine Film - che vale ad oggi circa 500 tonnellate l’anno. Si tratta di un
film prodotto con l’80-85% di scarto, in gran parte recuperato da nostri sfridi
di produzione, e in parte lo andiamo a recuperare direttamente dai nostri
clienti evitando che questi residui di lavorazione vadano in discarica o
smaltiti nella maniera non corretta. Una pellicola monostrato che va da 0,1 ad
0,8 millimetri di spessore e che riusciamo a realizzare grazie all’investimento
in un mulino di macinatura e ad un sistema di lavaggio, sanificazione e
sterilizzazione».
Un salto di qualità, nell’economia circolare interna, testimoniato dalla scelta
di “togliere” una persona e mezza dalle incombenze della produzione
investendole di un’unica mission: minimizzare lo spreco di prodotto vergine, a
partire dal flusso di PET che esce a 300 gradi centigradi dal sistema di
estrusione, e recuperare il più possibile sfridi e scarti di lavorazione.
E contro il “caro bolletta” Fucine Film è la prima firmataria in valle di una
petizione per far arrivare fin quassù le condotte del gas metano, svincolandosi
dalle attuali provviste di GPL.