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Con Carlo Claus, la storia dell'alpinismo eroico

mar 12 lug 2022 16:07 • By: Elena Gabardi

Mercoledì 13 luglio una serata a Casa Campia a Revò

REVÒ. Domani, mercoledì 13 luglio alle 20:30 a Casa Campia a Revò, nell’ambito della mostra “Volti della montagna”, l’alpinista Carlo Claus racconta l’alpinismo eroico di altri tempi. A seguire l’esibizione degli Armonici Cantori Solandri.

Grande interprete del periodo d’oro dell’era della scalata artificiale, quella fatta con uso di chiodi a espansione, Carlo Claus, residente a Cles, ha aperto vie rimaste storiche assieme al numero uno delle Dolomiti (e uno dei più forti al mondo) Cesare Maestri, con cui negli anni ‘60 formava una formidabile cordata.

Nato a Lavis (Trento) il 6 dicembre 1926 da famiglia contadina, Claus scoprì fin da giovane l’attrazione per le pareti verticali: si fece le ossa dapprima sulla Paganella per proseguire sulle Dolomiti, dal Brenta alle Torri del Vajolet, alle Tre Cime di Lavaredo e al Civetta con compagni come Marino Stenico e Gino Pisoni.

Nel 1970 fu protagonista con Maestri, Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessari e Pietro Vidi della controversa impresa dell’apertura della via del Compressore sulla parete Sud-Est del Cerro Torre, in Patagonia, agli antipodi delle sue Dolomiti.

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In quell’occasione Claus fece valere oltre alle capacità alpinistiche anche la sua grande forza, issando sui 900 metri della parete sommitale il macchinario della Atlas Copco, che pesava 100 chili.

Nei 2 decenni successivi Claus partecipò anche a spedizioni sugli 8000 himalayani Annapurna, Makalu e Nanga Parbat ed esplorò il deserto in Africa, dal complesso montuoso dell’Hoggar nel Sahara algerino al massiccio dell’Air nel Niger.

Nel 1958 per le sua capacità alpinistiche venne nominato membro dell’esclusivo CAAI, il Club degli Alpinisti Accademici Italiani e fu a lungo dirigente della SAT. Nel 2000 ricevette il Premio SAT per la categoria alpinismo, nel 2012 l’Assemblea dei delegati del Club Alpino Italiano lo nominò socio onorario del CAI. Ed è del 2017 la consegna del prestigioso Chiodo d’Oro SOSAT con la seguente motivazione:

«Claudio Claus è uno dei “grandi vecchi” dell’alpinismo trentino, avendo 90 anni. In lui si riconosce lo stile di un alpinista che ha sempre privilegiato il fare, la sostanza, senza mai apparire. Non ha mai cercato le luci della ribalta, a queste, pur essendo un alpinista di assoluto valore mondiale, è sempre rimasto indifferente. Per questo suo stile essenziale e puro che ha sempre praticato l’alpinismo in intimità e con grande rispetto, viene assegnato quale alpinista veterano a Carlo Claus il Chiodo d’Oro SOSAT 2017».

Fra le tante salite in Brenta sono da segnalare: la parete Sud-Est del Castelletto dei Massodi (1962, tre bivacchi e un centinaio di chiodi a espansione), la Sud-Ovest della Corna Rossa (via Donato Zeni), la parete Nord del Campanile Basso (1965, via Maestri-Claus) o ancora la Cima della Farfalla (1967).

L’impresa più significativa di Carlo Claus rimane la conquista del Cerro Torre, in Patagonia, una delle montagne più inaccessibili al mondo, sogno quasi irraggiungibile dell’alpinismo: perpendicolare, liscia e insidiosa, 3128 metri di pareti ghiacciate esposte ai terribili venti patagonici al confine tra Cile e Argentina, all’interno del Parco Nazionale di Los Glaciers. Su cui rimane ancora appeso un discusso trapano a compressore, ma questa è un’altra storia. 



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