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Crisi delle nostre parrocchie: quale rinascita? (3)

dom 18 set 2022 10:09 • By: Renato Pellegrini

Il suo futuro è nell'essere una comunità di amore e carità

Potranno rinascere le parrocchie, che vivono una crisi così profonda? Niente è scontato, ma sono convinto di sì, dopo decenni di un lavoro duro, continuo e capace di verifiche frequenti e precise.

Il mondo intanto continuerà per la strada sempre più lontana dalla religione tradizionale e forse da un qualsiasi sentire religioso. Le famiglie vivranno nell’incertezza e la fede sarà più una dimostrazione sociale che un’adesione convinta alla Parola del Vangelo. Già ora i sacramenti soffrono la crisi dell’abbandono. Le confessioni sono praticamente scomparse. Tutte le inchieste indicano che la percentuale dei cristiani che ancora ricorrono a questo sacramento superano di poco un numero da prefisso telefonico. Anche il matrimonio religioso fatica a mantenersi a galla. La cresima è, purtroppo, il sacramento dell’addio alla vita ecclesiale e talvolta religiosa.

Come ha messo in evidenza il sociologo della religione Franco Garelli nelle sue inchieste, la fede anche in Italia perde di consistenza e non è facile educare a una fede adulta. Basta leggere, per convincersene, due suoi volumi: Gente di poca fede e Piccoli atei crescono. Nel primo viene descritta un’epoca che coltiva un’idea debole e plurale della verità: la religione non fa eccezione. Lo scenario religioso è in grande movimento in un paese in cui crescono l’ateismo e l’agnosticismo tra i giovani, i seguaci di altre fedi e culture, nuove domande/percorsi spirituali.

A fronte di ciò, il legame cattolico si fa più esile, il Dio cristiano sembra più sperato che creduto, la pratica religiosa manifesta tutta la sua stanchezza. Tuttavia il sentimento religioso resta vivace nella nazione, pur in un’epoca in cui molti si rifugiano in un cattolicesimo «culturale» a difesa dei valori della tradizione. La perdita di centralità della chiesa cattolica nelle vite di tutti i giorni convive di fatto con una nuova religiosità al plurale: una fede impersonata da credenti sempre più deboli o «soli» dinanzi alle questioni dell’esistenza, che per la prima volta si confrontano con spiritualità diverse, giunte a noi attraverso la rete o le migrazioni.

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Basato su una recente grande indagine nazionale, il volume restituisce l’immagine di un Paese incerto su Dio, disorientato e ondivago nelle sue valutazioni etiche e morali.

Nel volume Piccoli atei crescono l’autore mette in evidenza anzitutto la sensibile crescita negli ultimi decenni della quota di giovani che si definisce in posizione atea o agnostica o palesa indifferenza circa la questione dell’esistenza di Dio, ritenendo di non aver bisogno di una «sacra volta» per dare un senso compiuto alla propria esistenza. In Italia sono ormai oltre il 30%, mentre 15-20 anni fa erano meno della metà. Non siamo ancora ai livelli di altre nazioni europee (tipo Francia, Svezia, Germania, dove i giovani non credenti raggiungono il 50-60%), ma è indubbio che anche da noi lo scenario sta rapidamente cambiando.

Rimane però una certa ricerca di spiritualità, non sempre ben specificata, ma potremmo dire importante per cominciare un percorso di avvicinamento alla fede. Se questa è la situazione, è chiaro a tutti che i cristiani in un futuro non troppo lontano saranno una minoranza. A dire il vero lo sono anche ora, ma pare non ne abbiano coscienza. Continuano le feste per le prime comunioni, le celebrazioni delle cresime, una percentuale molto alta di genitori continua a battezzare i loro figli.

Il vero problema sono gli adulti. Molti di loro hanno una fede debole, a volte solo un richiamo di un evento lontano che coinvolge ancora sia pure superficialmente la loro vita. Perché rinasca, la parrocchia è chiamata a stare dentro un cammino di cambiamento e di crescita costante. Cammino che la porta ad “uscire dal tempio per andare verso il territorio”. Al riguardo Tonino Bello (Vescovo di Molfetta) così si esprimeva: “Io vescovo mi farò strada a fatica in mezzo alla gente che stipa la chiesa. Giungerò davanti alla porta sbarrata. Dall’interno batterò col martello tre volte. I battenti si schiuderanno. E voi, folla di credenti in Gesù, uscirete sulla piazza per un incontenibile bisogno di comunicare la lieta notizia all’uomo della strada”. Sarà costituita da cristiani che non si vergognano della loro fede e sapranno dirla agli altri. Sarà comunità di fede. Comunità illuminata e sorretta dalla parola di Dio; sarà formata da piccoli gruppi di cristiani che leggono e meditano il Vangelo per viverlo in prima persona e raccontarlo ai piccoli. Non avranno bisogno di grandi organismi e organizzazione, ma soprattutto di accordarsi con le comunità cristiane vicine, che magari non si chiameranno più parrocchie. Immagino un gruppetto di catechisti che si spostano da un paese all’altro, o bambini e adolescenti accompagnati dai genitori là dove si fa catechesi. Sarà una comunità di preghiera. Comunità soprattutto nel Giorno del Signore, per l’azione dei Sacramenti che vi si celebrano e per l’Eucaristia, vertice dell’azione liturgica. Non penso a celebrazioni con tanta gente, forse, almeno per un certo periodo, rimarrà quasi una testimonianza, un piccolo segno del tempo passato. E saranno anche i laici a celebrare senza il presbitero o il diacono.

Sarà comunità di amore-carità. Comunità dove la realtà della fraternità e della comunione sarà vissuta nell’insieme dei gesti che, partendo dall’Eucaristia, traducono la fraternità dei discepoli del Signore nella cura delle relazioni, nella stima vicendevole, nel servizio, nell’aiuto reciproco, nella testimonianza di carità. Saranno pochi cristiani convertiti dalla mentalità dell’avere a quella dell’essere, attenti al bene comune, alla giustizia, lontani dalla vendetta e capaci di guardare al mondo e a tutti gli uomini. Dovrà essere la comunità di coloro che non solo si amano reciprocamente, ma amano anche gli altri senza pretendere di essere portatori di principi non negoziabili. (3. fine)



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