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Il matrimonio cristiano

dom 09 ott 2022 09:10 • By: Renato Pellegrini

Evento ecclesiale, non faccenda privata. Ma da svincolare negli effetti dal matrimonio civile

Abbastanza frequentemente, purtroppo, battesimi, prime comunioni e cresime sono soltanto cerimonie convenzionali e non una convinta scelta di fede. Succede anche per il matrimonio.

Pochi invitati partecipano alla messa; la maggior parte è impegnata a preparare scherzi non sempre di buon gusto o se ne sta tranquillamente al bar ad aspettare che gli sposi escano di chiesa. In Chiesa c’è un’aria di imbarazzo, non sapendo che risposta dare agli inviti alla preghiera del celebrante. I canti scelti sono “quelli che piacciono”, senza guardare al testo.

In tutto questo il matrimonio non viene quasi mai percepito come evento ecclesiale, ma diventa una faccenda privata. Anche la scelta della chiesa, quindi, è determinata da ragioni che nulla hanno a che vedere con la comunità locale. Il Rituale parte da una situazione ecclesiale ideale e afferma che chiarezza che «il matrimonio non riguarda soltanto gli sposi, i parenti e gli amici, ma richiede la partecipazione di tutta la Chiesa».

Ma pensare che la comunità parrocchiale partecipi alla celebrazione di un matrimonio pare davvero una esagerazione, un qualcosa che non accadrà mai, e che forse mai è accaduto. È necessario tener conto che al matrimonio partecipano anche persone non praticanti e persino non credenti, non interessate al contesto di fede e di preghiera.

A me personalmente non dispiacerebbe affatto che il matrimonio religioso sia staccato e non produca gli effetti del matrimonio civile. Tutti possono celebrare il matrimonio davanti al sindaco o a un suo delegato. Chi crede lo celebrerà in chiesa. Distinguere i due momenti è, a parer mio, dare una maggior importanza alla fede che uno professa e viverlo conseguentemente.

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Il matrimonio civile stesso acquisterebbe un significato maggiore e invierebbe in modo diretto ai diritti e doveri degli sposi davanti allo stato. Occorrerebbe una revisione del Concordato da aspettare fiduciosamente. Oltre tutto il matrimonio è un “sacramento anomalo”, perché si sovrappone a una realtà sociale e universale che lo precede.

Nei primi secoli del cristianesimo (II – IV) il matrimonio cristiano veniva celebrato semplicemente con una benedizione del vescovo sugli sposi, che si aggiungeva ai riti nuziali familiari. Scrive Edward Schillebeeckx nel volume: «Il matrimonio. Realtà terrena e mistero di salvezza» che «il matrimonio cristiano dei primi secoli era identico a quello pagano. Come regola generale in questo e altri casi simili, i cristiani erano tenuti a conformarsi alle consuetudine dell’ambiente».

E lo stesso concilio di Elvira, che ebbe luogo intorno al 306, partiva dal principio che il matrimonio dei cristiani era celebrato come quello dei pagani. Il Vecchio e il Nuovo Testamento hanno sicuramente arricchito la visione del matrimonio, perché la fede con cui Israele credeva che tutte le cose erano create da Dio e il rapporto che Dio aveva con l’umanità era interpretato nei termini dell’amore sponsale umano, rivelano l’essenza del matrimonio nella forma in cui è gradito a Dio. In altre parole il matrimonio assume tutte quelle caratteristiche (amore fedele, fecondo, per sempre) nella forma in cui è gradito a Dio.

La celebrazione stessa del matrimonio subisce nei secoli varie trasformazioni: dal secolo nono al secolo undicesimo, ad esempio, con la progressiva simbiosi tra la società civile e religiosa, veniva celebrato con un pubblico consenso davanti alla porta della chiesa, mentre la benedizione aveva luogo all’interno e senza la messa. Anche questo è un aspetto che è bene tenere presente: in una situazione come la nostra, che non è di cristianità, probabilmente occorre fare scelte diverse da quelle solitamente messe in atto.

Si potrebbe non celebrare la messa, prendendo maggiormente in considerazione la celebrazione nuziale nella liturgia della Parola, per rispetto verso le persone e verso la messa, che non è parte obbligata nel sacramento. Il dicastero per i laici e la famiglia nel giugno scorso ha emanato un documento che propone ai futuri sposi cristiani un itinerario in qualche modo simile a quello di preparazione al battesimo degli adulti. Si spera che questo sia non solo la presa di coscienza che il matrimonio non va semplicemente celebrati in chiesa, ma dovrebbe diventare un nuovo inizio di vita nella chiesa.

Mi pare importante, tuttavia, non imporre a tutti uno stesso itinerario. Sono importanti le situazioni e i vissuti delle varie persone che vanno ben al di là degli ideali che i preti possono coltivare. Proporre schemi di corsi matrimoniali quasi copiando gli schemi che vengono sia pure dal dicastero competente ha poco senso. Al matrimonio arrivano uomini e donne dopo un periodo più o meno lungo in cui sono loro stessi i protagonisti, che hanno in sé i germi di una seria preparazione, a volte lontana dalla fede cristiana, ma che non va sottovalutata.



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