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Sci: in ripresa, ma con riserve

sab 07 gen 2023 17:01 • By: Giulia Colangeli

Quanto costa la neve? Commenti a caldo sulla stagione sciistica a cavallo tra l’anno passato e quello che verrà

MARILLEVA. La stagione sciistica è ricominciata: di essa possiamo ancora fare solo previsioni e ascoltare i commenti di chi la sta vivendo in prima persona.

La prima settimana di gennaio ha sfoggiato un attesissimo formicaio di turisti, intenti a godersi la loro rituale settimana bianca. Le condizioni appaiono favorevoli, rispetto a un 2022 che di giorno in giorno rimetteva in dubbio l’apertura stessa degli impianti.

Si potrebbe superficialmente affermare che, da due anni a questa parte, la prima vera ripresa stia avvenendo adesso - come ha teorizzato la redazione di Morning Future -. E a suddetto assunto, opinione serpeggiante ma non univoca (Luca Guadagnini, presidente della Sezione impianti a fune di Confindustria Trento, affermò in un’intervista riportata da L’Adige che la stagione sciistica sarebbe stata decisamente “in perdita”), il turista – e chi nel settore turistico lavora – risponde.

Tornano i più fedeli nei loro luoghi del cuore - chi possiede una seconda casa tra queste valli, chi la vorrebbe e periodicamente si mette alla ricerca della dimora dei sogni, tra una giornata sugli sci e una sauna serale -, ma non solo.

Si vedono sempre più spesso nuove facce. Ormai chi vive e lavora in queste valli riconosce facilmente il turista abituale, anche coloro che non si palesavano da “prima del Covid”, ma quest’anno il ricambio si fa interessante.

Le prenotazioni negli alberghi superano la metà di gennaio, sembrerebbe esserci un afflusso costante di avventori. Questo è un buon segno. Alle famiglie di sempre si aggiungono giovani e meno giovani di diversa estrazione sociale, etnie provenienti da Paesi lontani dall’Europa (anche dall’estremo Oriente) e turisti di altre aree d’Europa. C’è tanta varietà, c’è movimento. Un anno fa i decreti in vigore limitavano la circolazione e l’accesso a servizi, trasporti e negozi, si vociferava l’ennesima chiusura. Oggi le cose sono ben diverse. Le prenotazioni non calano, la gente spende.

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Sembra strano, dopo due anni di pandemia, gli aumenti di bollette, benzina e generi alimentari, la guerra… eppure la gente compra, noleggia. Si diverte. Forse, essenzialmente, ne ha bisogno.

Che il turista dell’era post-Covid abbia preso coscienza della propria limitatezza e desideri evadere, fisicamente e mentalmente, dalla propria routine quotidiana appare un’ipotesi ottimista, ma sostenibile.

La pandemia ha esacerbato criticità, finanziarie e psicologiche, frutti di una visione occidentale che pone il lavoro al vertice della piramide delle priorità; ha portato, forse, a una percezione immanentista dell’esistenza. Dopotutto, se il qui e ora conta così tanto, perché non goderne? Così, una vacanza con tutte le sue spese annesse, diviene una necessità. Scala la piramide delle priorità e lotta per il suo posto sul podio.

Nonostante ciò, sarebbe inutile illudersi di poter liquidare velocemente la questione con una visione idilliaca di un fantomatico popolo italiano, improvvisamente conscio della propria finitezza, pronto a godersi l’hic et nunc (qui e ora) tanto da lanciarsi con gli sci verso un roseo avvenire.

Il costo medio dello Skipass è aumentato del 10% circa quasi ovunque, come ha sottolineato Francesco Grea su Skimania.it. Il dato basterebbe a suggerire anche solo una prima incrinatura del quadretto fin troppo idilliaco per essere reale, ma nonostante sia avvenuto un cambiamento notevole, non sembra spaventare chi intende godersi la propria annuale settimana bianca.

Di pari passo è aumentato (raddoppiato, secondo le stime) il prezzo della neve artificiale, così come tutto il resto: dai tre euro, tre euro e cinquanta al metro cubo, si è passati a una cifra che oscilla tra i cinque e i sei euro e cinquanta. Un colpo non indifferente per chi lavora "dietro le quinte" del turismo.

L’equilibrio in lenta ripresa comporta un ordine precario, un punto luce che non cancella facilmente e in poco tempo le difficoltà non ancora superate da un Paese mal conciato da vicissitudini sovrapposte.

Per quanto la voglia di relax possa portare nuovi ospiti sulle piste e negli alberghi, è impossibile ignorare che uno sport come lo sci – o lo snowboard – stia gradualmente tornando ad essere per pochi, come fu negli anni ‘70 e '80. A permettersi il lusso di una vacanza sulla neve sono, e saranno sempre di più, i membri di un’élite selezionata in base al portafoglio, non certo all’abilità sportiva.

Così come il più esperto, anche lo sciatore entusiasta da “una volta l’anno” si pone nelle condizioni ottimali per affrontare la sua settimana in pista: il noleggio dell’attrezzatura – se non il diretto acquisto –, l’equipaggiamento generico in aggiunta alle spese per l’alloggio, il vitto, gli immancabili extra e le eventuali lezioni con un maestro, si addizionano fino a risultare una cifra giornaliera impegnativa.

Il verdetto è semplice: la neve costa. Anche quando ce n'è troppo poca. Soprattutto quando non ce n'è affatto. Costa per chi la crea e per chi ne vorrebbe godere.

Quanta passione – e, magari, dopo anni di soggiorni, quanto affetto per i luoghi, le persone, la quotidianità di queste valli – deve esserci affinché le tasche di un turista si carichino di tale spesa?

Molteplici sono le plausibili risposte.

Forse, tanta passione basta e avanza: anche l’italiano medio è disposto a spendere ingenti somme di denaro per un’attività che ama.
Oppure si tratta di un dato indifferente, invariabile; fondamentale è la necessità di evadere dopo anni sofferti (e un presente che arranca ancora), tanto da mettere in secondo piano il debito.
Infine l’ultima opzione, semplicemente, crudelmente: lo sciatore non è, o non è mai stato, un italiano medio. È membro consapevole o inconsapevole di una più facoltosa classe sociale, e finanzia un universo parallelo rispetto a quello dell'italiano medio stesso.

Ai posteri l’ardua sentenza.

E quanto essa possa anche prendere in considerazione temi di sostenibilità, risparmio e consapevolezza ambientale… è un’altra storia.



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