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Il terremoto e il dopo terremoto

dom 12 feb 2023 10:02 • By: Renato Pellegrini

È il momento dell'aiuto

Distruzioni immani, palazzi che si sbriciolano nella notte, paesi che non ci sono più. E morti, un numero impossibile a calcolare. Ora sono 25.000, ma c’è chi ne prevede il doppio… Questo è davvero il momento di mobilitare le energie di tutti per aiutare le popolazioni massacrate dal terremoto, il disastro più grande degli ultimi cento anni, che ha colpito una vasta area tra Siria e Turchia. Mentre scrivo ci sono ancora sotto le macerie bambini, vecchi, donne e uomini che invocano aiuto. Che forse arriverà in tempo, e allora saranno lacrime di gioia, o forse giungerà tardi e aumenterà il dolore e il lutto. I soccorritori tuttavia non si fermano: giorno e notte operano nella speranza. Ma anche nella disperazione perché mancano i mezzi e occorrerebbe più personale. La Turchia ha senza dubbio un sistema di protezione civile organizzato. In Siria, invece, dove comanda un sanguinario dittatore, probabilmente il peggiore del mondo, non c’è praticamente nulla. Il nostro aiuto deve essere immediato, forte e indirizzato verso organizzazioni credibili e non-governative. Mi permetto di indicare in primo luogo la Caritas, presente anche nei luoghi più difficili della Siria, che non fa distinzione di persone, porta soccorso a tutti senza guardare che religione professano, a quale etnia o credo politico appartengono. A sono tante le organizzazioni umanitarie di cui ci si può fidare, pronte a portare aiuto con competenza e spirito di sacrificio a donne e uomini già provati da guerre, dall’oppressione dei loro governi e dalla fame. Molti sono i siriani ammassati nei campi profughi turchi e nelle periferie delle città.

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La Turchia accoglie circa quattro milioni dopo che in Siria è scoppiata la guerra (2011). Una guerra crudele, che ha costretto dodici milioni di persone, la metà del totale, ad abbandonare le case, come in un nuovo esodo biblico. Una minima parte di queste persone, distrutte nei loro affetti e nella loro dignità calpestata, è arrivata in Europa. La grande maggioranza è andata in Turchia e in Libano. E noi siamo sempre pronti a pensare di essere quelli che devono farsi carico da soli o quasi di tutti i disgraziati della terra, di tutti coloro che scappano dalla loro casa, perché minacciati di morte. Le Nazioni Unite ci ricordano che l’85% dei profughi è accolta dai paesi vicini da quelli da cui scappano. Ora, di fronte a questa tragedia, cercheremo di capire la reale situazione dei profughi? Saremo in grado di cambiare il nostro cuore di pietra in un cuore di carne? Resteremo insensibili e continueremo a cullarci nella nostra insensibilità senza pensare di costruire politiche di accoglienza degne dell’umanità? O continueremo con politiche di ostilità verso gli stranieri? Potremo ancora continuare a chiamarci cristiani? E’ importante, io credo, conservare la pietà che nasce in noi vedendo le immagini dell’immane tragedia, perché verranno giorni in cui -probabilmente- qualcuno di loro arriverà da noi. Dovremmo pur chiederci se le nostre leggi sono davvero umane, capaci di difendere la dignità di tutti. In Siria sarà più difficile inviare anche aiuti a causa delle sanzioni, rinnovate dall’Unione Europea il 31 maggio 2022 a causa della repressione che il regime siriano continua a esercitare contro la popolazione civile. Bisogna favorire in ogni modo l’arrivo di aiuti anche in Siria eliminando tutti gli ostacoli. Ma sempre con gli occhi aperti. Perché gli aiuti non finiscano nelle mani del dittatore Assad e del suo regime. Un regime sanguinario. Tenuto in piedi dal fedele alleato russo Putin, maestro di violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità. Un rapporto del 7 febbraio 2017 di Amnesty International è intitolato “Il mattatoio di esseri umani: impiccagioni di massa e sterminio nella prigione di Saydnaya”. Dal 2011 al 2015 sono stati impiccati 13.000 oppositori politici, o ritenuti tali, in questa prigione-mattatotio siriana. E altrettanti, ma forse di più, sono morti a causa delle torture e dei maltrattamenti. Una spaventosa strage di 30 mila esseri umani in carcere. In cinque anni. Ma tanti altri prima e dopo questo feroce quinquennio. Tra i crimini di Assad si ricorda anche il massacro di 700 civili, donne, bambini, uomini, vecchi a Daraya nell’agosto del 2012. Con la scusa della guerra all’Isis, Assad ha continuato a commettere crimini contro l’umanità. «Le sanzioni ci sono per questo. Sospendiamole, ma non allentiamo la condanna del regime e di chi lo sostiene, Putin in primo luogo. E aiutiamo le popolazioni così martoriate anche dal terremoto attraverso canali sicuri, come, appunto la Caritas. Non chiudiamo gli occhi di fronte a queste immani sofferenze. Né adesso né domani. Diamo una mano. Restituiamo il primato alla fraternità umana. Nella vita di ogni giorno. E nella politica. Che ne ha estremamente bisogno».(Vincenzo Passerini, Vita Trentina)


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