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La biblioteca come faro: un presidio culturale da proteggere

mar 21 mar 2023 10:03 • By: Giulia Colangeli

Oscar Andreis, bibliotecario della biblioteca comunale di Malé

MALÉ. Laddove generazioni di filologi antichi – e studiosi moderni – si disperarono per le sorti della biblioteca d’Alessandria, noi raramente dimostriamo attaccamento e comprensione reale di ciò che una biblioteca possa rappresentare: un faro di cultura, di integrazione e scambio, nonché un centro d’aggregazione per tutte le età. Pur avendo la possibilità di accedere a qualsiasi informazione in un click, forse dovremmo ricordare (se non reimparare) oggi il valore della lentezza, di un apprendimento senza scadenze e dell’interazione umana per la quale il libro sa essere un mezzo perfetto. Oscar Andreis ci accompagna in un breve viaggio, temporale e sociale, alla scoperta di un mondo troppo spesso posto in secondo piano da cittadini e istituzioni.

Da quanti anni svolge questa professione?

Sono trentotto: posso considerarmi un veterano della biblioteca di pubblica lettura o biblioteca di base (che si distingue dalle biblioteche specialistiche, universitarie, di conservazione). La biblioteca pubblica è una struttura di prossimità culturale perché inserita nel tessuto sociale e vicina all’utenza, alle persone appunto. Ho lavorato fino a due anni fa nella biblioteca comunale di Ossana e poi mi si è presentata l’occasione di spostarmi qui a Malé in seguito a un bando di mobilità.

Ultimamente va quasi di moda ritenersi ‘persone di cultura’, una definizione molto vaga e che sa di slogan, così come idealizzare la professione di chi nell’ambito culturale lavora. Dunque, le chiedo… è davvero il lavoro dei sogni?

Se dovessi tornare indietro, credo che lo rifarei. Il lavoro di bibliotecario è bello ed appagante nel senso che sei sempre in mezzo ai libri, all’informazione (non trattiamo solo libri ma abbiamo anche una sezione di giornali e riviste e si ha quindi l’opportunità di rimanere sempre aggiornati). Il bibliotecario di piccole biblioteche di periferia o provincia deve possedere una buona dose di ‘elasticità’, deve essere creativo e sapere adattarsi, è una sorta di operatore culturale e deve saper fare un po’ di tutto. Spesso queste biblioteche hanno in organico un’unica figura, la quale deve pensare a tutti gli aspetti gestionali previsti dal servizio: dalla scelta all’acquisto dei documenti, dalla catalogazione alla foderatura dei libri, dalla comunicazione alla promozione del patrimonio. Noi pensiamo alla biblioteca come un luogo di conservazione di documenti, soprattutto libri, ma la biblioteca di base ha il compito di promuovere questo patrimonio e quindi il bibliotecario deve darsi da fare organizzando delle iniziative di promozione, attività rivolte principalmente ai bambini e ai ragazzi, con il coinvolgimento della scuola dell’obbligo, in particolare scuola dell’infanzia e poi scuola elementare e scuola media.

Nell’organizzazione di queste attività il bibliotecario ha spazio creativo e libertà?

Massima libertà dal punto di vista dei contenuti: chiaramente poi ci si muove in base alla propria esperienza, non senza avere punti di riferimento, quelli che si sono creati negli anni. Ovviamente si hanno delle responsabilità e proprio per questo sarebbe importante avere accanto un assessorato che ti affiancasse sostenendoti nelle scelte, e questo non è purtroppo sempre scontato.

Quali eventi vanno per la maggiore?

A titolo di esempio, la scorsa estate noi abbiamo ospitato Riccardo Audisio, affermato cartoonist che ha tenuto dei corsi sul fumetto per i ragazzi. In autunno abbiamo realizzato un’iniziativa indirizzata alla scuola dell’infanzia ed elementare di Malé: abbiamo proposto alcuni laboratori di lettura tenuti da esperti del settore e organizzato una serata rivolta a genitori ed educatori sull’importanza della promozione del libro sin dalla prima infanzia, con Irene Greco. Irene si occupa da anni di questo ambito, ha scritto dei libri interessanti sull’argomento, uno in particolare è “Leggimi prima”, dove viene approfondito l’aspetto relazionale della lettura ai bambini di età prescolare. I bambini rappresentano una fascia di utenza privilegiata e questo non è casuale, dal momento che, se riusciamo ad avvicinarli sin da piccoli al libro e alla lettura, è più facile che col tempo continuino a coltivare tale interesse.

Ha lavorato per quasi quarant’anni in questo mondo. Di quali cambiamenti epocali è stato spettatore? Come si è evoluta la biblioteca di montagna?

Qui bisogna prenderla alla larga. Io credo si debba fare una riflessione sulla biblioteca di pubblica lettura da un punto di vista storico: com’è nata, come si è sviluppata, com’è cresciuta. Penso alle biblioteche del Trentino, nate negli anni Settanta. Ormai hanno tra i quaranta e i cinquant’anni, sono adulte e mature.  Quando erano nate, nella nostra provincia, svolgevano un ruolo fondamentale: allora non c’erano altri punti di riferimento o spazi, altre occasioni, erano frequentate perché i ragazzi dovevano fare un compito, una ricerca, e venivano in biblioteca a cercare informazioni sulle enciclopedie: non tutti avevano la fortuna di averne una in casa.

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All’epoca, quando c’erano ancora i dischi in vinile, i famosi LP, c’era anche un angolo per l’ascolto della musica. Allora la biblioteca era frequentata da un pubblico abbastanza eterogeneo, dai bambini agli adulti ed aveva molteplici funzioni: era il luogo dove si andava a fare ricerca, dunque era fonte di informazione, dove si andava a prendere semplicemente dei libri di narrativa da leggere, dove si poteva ascoltare la musica. Questo negli anni Settanta. Naturalmente, già allora, la biblioteca organizzava iniziative che potevano essere incontri, conferenze, spettacoli di teatro per bambini e ragazzi, proiezione di film, ecc. Tuttavia, in Trentino le biblioteche si sono affermate in modo capillare solo negli anni Ottanta. A modificare radicalmente la fisionomia della biblioteca pubblica, alla fine degli anni Novanta, è stato l’avvento di Internet, fenomeno che rappresenta un vero e proprio spartiacque nell’evoluzione storica delle biblioteche di pubblica lettura. Con Internet, una sorta di biblioteca di biblioteche o megabiblioteca che dir si voglia, l’informazione si fa fluida e diventa progressivamente alla portata di tutti, dentro e fuori la biblioteca.

E che ne è stato del resto? Dei libri, della ricerca, dell’informazione?

La vedi quella lì? Quella è un’enciclopedia medica di trenta volumi che in questi giorni andrà al CRM, di là ce n’è un’altra di storia dell’arte che farà la stessa fine... Oggi il libro di informazione è meno richiesto in biblioteca, mentre hanno preso più spazio il libro di narrativa ed il settore bambini e ragazzi. Negli ultimi vent’anni la biblioteca ha investito maggiormente in questi due ambiti. Tutto il resto è in graduale dismissione; prendiamo ancora libri di informazione ma riguardano per lo più temi di attualità, i cosiddetti instant book. La domanda è cambiata.

Dal punto di vista locale (ci troviamo in una valle di montagna, in un luogo ben definito, geograficamente e socialmente) quali nota essere i generi più apprezzati e da quali fasce di età?

Soprattutto la narrativa. Poi, anche il libro di montagna (escursioni, scalate, arrampicata, scialpinismo, sport invernali): sono richiesti per il tipo di contesto in cui viviamo. Per il resto, soprattutto il settore dei bambini e ragazzi. Mentre una volta c’erano solamente i classici (da “Piccole donne” a “Zanna Bianca”, da “Pinocchio” ai libri di Salgari), si è affermata intorno agli anni Ottanta una produzione di autori contemporanei espressamente rivolta ai ragazzi e gli editori arricchiscono i propri cataloghi di nuove collane per quel target specifico. Hanno giocato un ruolo importante, da questo punto di vista, anche iniziative come la Fiera del libro per ragazzi che si tiene tutti gli anni a Bologna o “Nati per leggere”, campagna di promozione del libro per la prima infanzia nata sulla base di un sodalizio tra bibliotecari e pediatri italiani partendo dal presupposto che anche la lettura possa concorre al benessere psico-fisico del bambino. A connotare localmente la nostra tipologia di utenza concorre naturalmente anche la presenza turistica. E mi riferisco principalmente al turista estivo, perché il turista invernale viene principalmente per sciare. Il nostro turismo estivo è costituito per lo più da famiglie, le quali frequentano anche la biblioteca. Sono richiesti libri di narrativa, per bambini/ragazzi, libri sull’attualità, su fauna e flora locale, geografia e storia locali e attività montane.

Se la domanda è cambiata, in quali altri frangenti ha notato evoluzioni?

Il cambiamento registrato nella domanda, oltre ad influenzare la nostra offerta documentale, ha finito per incidere anche sulla struttura stessa delle nostre sedi. Così, ad esempio, se inizialmente nelle nostre biblioteche non esisteva uno spazio dedicato ai bambini, ora invece c’è in quasi tutte le biblioteche e vi si possono trovare cartonati, albi illustrati, una vasta offerta di libri specifici per quella fascia d’età, oltre al cosiddetto angolo morbido. Sul piano dell’utenza, a seguito dell’avvento di Internet, la biblioteca di pubblica lettura ha perso degli utenti ma ne ha guadagnati altri: c’è stato una sorta di ricambio. Oggi chi ha bisogno di un’informazione la può trovare facilmente su Google e chi vuole comprare un libro si affida ad Amazon. Se questi sono gli utenti che abbiamo perso, sono i ragazzi e soprattutto i bambini a rappresentare oggi una nuova e significativa utenza. Al contempo, quali nuovi utenti, possiamo considerare anche gli immigrati; si tratta di una categoria di persone appartenente a una fascia realisticamente svantaggiata, magari non hanno computer in casa o possibilità di acquistare i libri e si servono per questo delle nostre biblioteche. In questo senso la biblioteca di base svolge un ruolo ed una funzione importante: è un ammortizzatore sociale. Noto soprattutto extracomunitari del Nord Africa o dell’Europa dell’Est: la presenza di questa nuova utenza è forte e rappresentativa sui banchi di scuola così come in biblioteca. Questo connotato sociale la biblioteca di pubblica lettura l’ha assunto ormai a livello nazionale. Proprio perché è cambiata la popolazione e la domanda, la biblioteca, come la scuola, finisce oggi per svolgere anche un’importante funzione in termini di integrazione.

Il cambiamento nell’utenza ha portato conseguenze anche su altri piani? C’è qualcosa che necessita di ulteriore rinnovamento?

Proprio a seguito dell’accentuarsi anche di una connotazione sociale di questi servizi, le biblioteche di pubblica lettura che si sono rinnovate l’hanno fatto sulla base di una nuova filosofia architettonica degli stessi spazi. Sono previsti ad esempio degli spazi informali, funzionali all’incontro e alla socializzazione, l’angolo dei giornali, un servizio bar. Tutto è cambiato in funzione aggregante e di socializzazione. Sta di fatto però che, salvo poche eccezioni, dal punto di vista architettonico e strutturale siamo rimasti parecchio indietro. Trovo che, qui in Trentino, questa sia una criticità da sottolineare due volte: il mancato rinnovamento strutturale, e la manutenzione di questi spazi pubblici. Guardando alla nostra Valle, biblioteche come quelle di Ossana, Peio e Dimaro, che hanno una quarantina d’anni, sono rimaste tali e quali: queste sedi sono vecchie, obsolete e non più funzionali. Mi è rimasto impresso ciò che disse un architetto di Bolzano, incaricato di progettare la nuova biblioteca della città: “La biblioteca deve essere innanzitutto un bel posto dove andare” a prescindere dai contenuti. Se hai uno spazio confortevole, accogliente, facilmente accessibile, caldo e luminoso – con grandi vetrate dalle quali entra luce naturale e oltre le quali vedi del verde, un bel parco, un lago – un luogo in cui puoi rilassarti e contemplare, tu inevitabilmente ci vai anche solo per stare in un bel posto. Dopodiché, riempi questo spazio di contenuti: musica, libri, informazione e quello che vuoi.

Ha dei modelli a cui farebbe volentieri riferimento? Cosa ci manca, qui?

Da questo punto di vista l’Olanda, la Danimarca, i paesi scandinavi sono estremamente all’avanguardia. Da noi l’utente riporta due romanzi, ne prende altri due e se li va a leggere a casa sua in un ambiente più confortevole. Mentre di mamme con bambini appresso ne vediamo in quantità, sono diminuite le persone che si fermano a leggere. Su sedie rigide, su tavoli enormi e tra librerie alte come muri, chi avrebbe piacere di stare? Le sedi di biblioteca di nuova concezione godono di illuminazione naturale, sono facilmente accessibili, i pesanti tavoloni sono sostituiti da postazioni di lettura più contenute, le librerie non sono più alte di un metro e trenta, in modo da permettere allo sguardo di spaziare e alle persone di vedersi. Nei paesi nordici, all’avanguardia nei servizi, le biblioteche si trovano in centri polifunzionali, così chi si trova nel centro a fare commissioni (c’è la Posta, la Banca, l’Ufficio informazioni e via dicendo), si ferma anche in biblioteca, in sedi luminosissime ed accoglienti. Qui, il terzo piano non è il massimo: l’accessibilità è fondamentale. La segnaletica è carente e non c’è una bacheca esterna per le novità o un box per la restituzione dei libri… tu fai presente queste cose una, due, tre volte e alla fine ti cadono le braccia.

Si finisce sempre per fare i conti con l’amministrazione, nel bene o nel male…

Io direi con la sensibilità dell’amministrazione. Aprire le biblioteche è relativamente facile, e magari appagante in termini mentre più impegnativo è mantenerle, aggiornarle, rinnovarle. Questo comporta naturalmente dei costi, e qui si va a cadere in un discorso di priorità e, in definitiva, del valore che le pubbliche amministrazioni danno alle cose ed ai servizi. E purtroppo si sa che, all’interno di una scala di priorità, la cultura è spesso, tristemente, il fanalino di coda. Da questo punto di vista, a livello generale, qualcosa sembra muoversi e la cultura inizia ad essere riconosciuta come fonte di benessere e salute. In quest’ottica i servizi bibliotecari, oltre ad avere una funzione culturale in senso stretto, contribuiscono anche alla crescita psico-fisica, sociale e civile di chi le frequenta. La biblioteca di pubblica lettura è un faro di cultura e più cultura significa più democrazia ed integrazione. Dovremmo capire che il benessere di una società si misura non solo con il PIL, l’inflazione e via dicendo, ma anche con altri indicatori, tra cui la cultura stessa. E chiedersi, di un determinato luogo: quante biblioteche abbiamo? Quanti cinema? Quanti teatri? Qual è il livello di scolarizzazione? È da qui che dobbiamo partire per misurare la crescita di una società.



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