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Siamo solidali con la natura?

dom 13 set 2020 10:09 • By: Renato Pellegrini

Da San Romedio a papa Francesco, il nostro rapporto con la dimensione naturale

Il tempo delle ferie sta ormai volgendo al termine. Questa estate così diversa per tanti versi dalle altre, e così uguale nella voglia degli uomini di divertirsi, di trovare momenti di svago, se ne va lasciando che tornino a galla le preoccupazioni di sempre, aggravate dal COVID che resiste, da una comunicazione che a volte sembra impazzita.

Eppure il tempo del riposo è qualcosa a cui non si può rinunciare senza che si perda l’armonia del vivere e la sua bellezza. È un’esperienza unica riposare per esercitarsi a incontrare e comunicare con diverse realtà: paesaggi, animali, alberi e piante, pietre e rocce, montagne e colline, torrenti, di cui la nostra terra è ricca. Staccare dal solito tran tran, dal lavoro che affatica e talvolta stressa, per entrare in contatto, anzi in comunione con tutto quello che la terra ci regala, con i suoi «coinquilini», tutti coinvolti nel flusso straordinario della vita. Lasciare a casa almeno per un po’ i telefonini, abbracciare gli alberi e lasciarsi carezzare dal vento, permettere allo sguardo di immergersi in paesaggi da perdifiato è senza dubbio un’esperienza rigenerante.

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Il mondo inanimato è stato al centro di singolari esperienze anche nel passato. Nel quinto secolo, ad esempio, nel Medio-oriente alcuni monaci cristiani cercavano di vivere in unità profonda non solo con gli umani (nella vita comunitaria) ma anche con gli animali, fino a quelli selvatici. Ve ne furono alcuni, i «dendriti» che amavano abitare sugli alberi nelle foreste, quasi identificandosi con loro. Altri vivevano su una roccia o in una caverna: un modo per comunicare col mondo minerale. Manifestavano solidarietà con la natura e le loro preghiere erano voce prestata alle creature inanimate. La confidenza con animali selvatici fa parte di molte storie tramandateci dalla tradizione; si pensi a San Romedio, che cavalca l’orso o a San Francesco che a Gubbio converte il lupo e lo fa diventare amico degli abitanti di quel borgo.

Questi comportamenti estremi sono per noi incomprensibili o molto difficili da capire. Ma qualcosa di loro, magari inconsapevolmente, entra in noi e prende parte alle nostre esperienze, sia pure una minima parte. Non piace anche a noi fermarci a guardare i ciottoli dei torrenti montani, lo scorrere quieto delle acque, il fragoroso precipitare di una cascata o lo sciabordio leggero delle onde? Tutto diventa compagno di vita. Sono momenti in cui è più facile accorgersi che le montagne vivono, che l’acqua vive di una vita diversa dalla nostra, ma necessaria e da difendere. «Non possiamo considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa. Siamo parte di essa e ne siamo compenetrati». (Papa Francesco: Laudato si’, 139)

Quando riprenderà la vita di sempre col lavoro e le preoccupazioni potremmo ricordare la quiete trascorsa e non scordare quel fascino che si è reso parte indimenticabile di noi e dei nostri giorni di riposo.   



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