mer 05 lug 2023 13:07 • Dalla redazione
Con una lettera i familiari di Andrea tornano a chiedere giustizia
CALDES. “Sono passati tre mesi esatti dalla tragedia e, purtroppo, dobbiamo constatare che non è cambiato nulla. Anzi, si continua a parlare sempre e soltanto dell’orsa – delle sue condizioni di salute, di quello che le accadrà, qualcuno ha addirittura detto che è stressata – dimenticando che noi abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un dramma immenso e che non riusciamo a darci pace. È una vergogna quello che sta accadendo”. La famiglia di Andrea Papi, il giovane ucciso nei boschi di Caldes dall’orsa JJ4, leva ancora una volta il proprio grido di dolore per chiedere giustizia evidenziando come finora “nessuno si è scusato o si è preso la responsabilità di quanto accaduto”.
In una lettera fanno poi alcune precisazioni ribadendo come
quello che è accaduto ad Andrea non sia “un incidente in montagna” bensì “una tragedia attesa e annunciata”.
Il problema, dicono i familiari, non è JJ4 per la quale, affermano “non ci siamo mai dichiarati a favore dell’uccisione dell’orsa che – tra l’altro – si trova a Casteller e, di conseguenza, risulta al momento innocua”. “Il problema semmai sono gli altri, quelli che girano per i boschi, ma l’orsa è solo la punta di un iceberg alla cui base ci sono persone e istituzioni che hanno permesso tutto questo – aggiungono -. Qualcuno ha firmato documenti per il ritorno dell’orso nelle nostre zone, a fronte di centinaia di migliaia di euro di contributi europei, qualcuno ha trasportato gli orsi fino a qui e, sempre a qualcuno, è sfuggito di mano l’intero progetto. Vogliamo giustizia e pretendiamo che il fenomeno venga arginato”.
Chiedono poi di non chiamare più Andrea con l’appellativo di runner, precisando che nella zona in cui Andrea è stato aggredito i cartelli presenti erano “arrugginiti” e “non cautelativi ma informativi”.