gio 31 ago 2023 15:08 • Dalla redazione
Per il presidente Walter Ferrazza è il momento di attuare tutte le azioni necessarie per favorire la convivenza uomo – orso
STREMBO. “Tra i
tanti insegnamenti di “questo” Papa quello che più mi è caro è che non bisogna
mai avere paura di chiedere scusa. A patto di essere consapevoli delle ragioni
che ci spingono a farlo, così come degli impegni pro futuro che ogni offerta di
scuse dovrebbe obbligare a sottintendere”. Lo scrive il presidente del Parco
Naturale Adamello Brenta Walter Ferrazza
in un intervento pubblicato sul sito istituzionale dell’ente in riferimento
alle richieste che la famiglia di Andrea Papi ha avanzato dopo la tragedia da
cui è stata colpita. “Il Parco, per amor di verità, è stato costretto da allora
a ripetere con una certa monotonia due questioni – ribadisce il presidente -:
innanzitutto, che da tempo la gestione della presenza dell’orso nelle nostre
valli non è più in capo al nostro Ente,
pur continuando il Parco a svolgere un ruolo importante sul versante
dell’informazione ed in generale dell’educazione ambientale, nei confronti sia
dei residenti che dei turisti. In secondo luogo che, sul piano prettamente
scientifico, il progetto europeo di
ripopolamento dell’orso bruno nelle valli del Parco (terminato nel 2004) ha
raggiunto gli obiettivi che si era fissato, passando poi ad essere tutt’altro
ed in capo ad altri soggetti. Tutto questo è senz’altro vero: e tuttavia, in
piena coscienza, mi sento di dire che non è abbastanza. Come persona chiamata a
guidare il Parco, ma anche come cittadino, e come trentino”.
Il presidente evidenzia quindi come dopo quanto successo ad Andrea quel maledetto pomeriggio “in cuor nostro abbiamo anche preso coscienza del fatto che qualcosa è mancato nel Trentino dell’Autonomia.
Ed è di questo che bisogna chiedere scusa. Non di un progetto che aveva e ha tutt’ora un fine nobile, importante, quello di difendere la biodiversità, anche preservando dall’estinzione un animale complesso, “ingombrante”, quale è l’orso (analogamente a quanto viene fatto in altre parti del mondo, con specie anche di più difficile gestione, ed in Paesi, diciamolo, che dispongono di mezzi spesso molto inferiori ai nostri). Ciò di cui abbiamo il dovere di scusarci tutti – continua il presidente - è di non esserci sforzati di mettere in atto tutte quelle misure in grado di favorire la convivenza uomo-animale e prevenire così l’insorgere di incidenti. Dobbiamo chiedere scusa per aver peccato di disattenzione o di eccessivo ottimismo. Perché è evidente che se una specie cresce, si moltiplica, prende confidenza con l’ambiente che la ospita e con l’uomo, devono anche aumentare le risorse umane e materiali che destiniamo alla sua gestione”.
Ma chiedere scusa, secondo il presidente, rappresenta solo il primo passo: alle scuse, dice, devono seguire comportamenti coerenti in tutti gli ambiti in cui è possibile agire. “Dobbiamo fare di più sul piano della conoscenza – sottolinea Ferrazza - e qui il Parco può svolgere un ruolo ancora più incisivo che in passato, assieme a tutti gli altri soggetti competenti: l’Università, il Muse, la Fondazioni Mach, ma anche, perché no, lavorando di concerto con altre realtà esterne al Trentino, perché i problemi si risolvono anche così, attraverso il confronto, lo scambio reciproco di informazioni e di esperienze, la collaborazione. Dobbiamo fare di più anche sul versante dei comportamenti concreti, che chiamano in causa il territorio e i suoi abitanti: incentivare la conoscenza e la coscienza, con politiche mirate alla gestione dei rifiuti, con la promozione dei giusti comportamenti fra gli escursionisti, che, certamente, devono continuare a frequentare i nostri boschi, ma con una consapevolezza nuova o maggiore rispetto al passato. Dobbiamo fare di più, infine, anche nella gestione degli orsi “problematici”, come vengono spesso definiti, cioè pericolosi. La rimozione – mediante cattura o anche abbattimento – di questi ultimi non deve essere un tabù, ma deve rientrare nelle normali pratiche di gestione anche di questa specie. Non solo: persino sul numero massimo di esemplari ursini che il territorio può sopportare dobbiamo essere capaci di confrontarci e di decidere, prendendo a modello la scienza che ogni giorno riversiamo in Trentino nella gestione della fauna selvatica. Se sapremo fare tutto questo, se oseremo concordemente andare in questa direzione, in primo luogo usando fino in fondo le prerogative che la nostra Autonomia speciale assegna al Trentino, e poi facendo pressione nelle sedi più adatte affinché venga riconosciuta la giustezza della nostra visione, allora le nostre scuse non saranno state vane. Da parte mia come presidente, come trentino e come uomo chiedo scusa a nome dell’Ente che rappresento se per te Andrea e per i tuoi familiari abbiamo mancato in qualunque modo e prometto che ogni sforzo sarà diretto a evitare di mancare ancora consapevoli che il perdono non cambia il passato, ma fa allargare il futuro”.