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Virginia, la buiatra della Val di Sole

mer 18 nov 2020 22:11 • By: Lorena Stablum

Sei ben brava per essere una donna

Donna, giovane e di pianura. Quando dieci anni fa arrivò in Val di Sole, gli allevatori non avevano mai avuto a che fare con un veterinario donna. Virginia Zampieri è entrata nelle stalle della valle un po’ per caso, per sostituire un collega che aveva cambiato lavoro, e pezzo dopo pezzo è riuscita a conquistarsi la fiducia dei contadini tanto che ora è diventata una di famiglia. Di donne buiatra – così si chiama il veterinario che cura i bovini – ormai ce ne sono diverse anche in Trentino: in Val di Sole, oltre a lei, si è aggiunta anche un’altra collega. Ma non è sempre stato così e la professione continua spesso a essere vista come appannaggio degli uomini. «Il mio lavoro è sempre oggetto di discussione, anche tra le mie amiche» ci racconta sorridente.

Solare, forte e determinata, Virginia Zampieri nasce cittadina, nel centro di Padova, ma da sempre sa cosa vuole fare da grande: il veterinario per aiutare gli animali. In Val di Sole ci arriva l’11 settembre 2011. «Sono venuta una settimana in ferie e poi un mese dopo mi sono trasferita – continua -. Sono arrivata nel pieno del lavoro, nel boom dei parti. Avevo trent’anni, ero giovane, il mondo era pieno di possibilità e ho colto un’occasione. Da tre anni lavoravo a Padova come buiatra con due colleghi bravissimi e una settimana al mese la passavo negli allevamenti di Brandeburgo. Iniziavo a saper fare delle cose in autonomia.

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Altre invece, mi venivano precluse. Ho sentito che in Trentino si liberava un posto e così ho accettato la sfida. Per tanti aspetti questo lavoro è uguale da ogni parte: le vacche sono quelle, i contadini sono sempre quelli, sono persone che qui, a Padova o in Australia hanno la stessa etica. È buona gente che sgobba tutti i giorni dalla mattina a sera. Mio padre mi disse: “la montagna o ti entra o non ce la farai”». E la montagna, la valle le «sono entrate» così tanto che oggi Virginia non riesce più a farne a meno. «Ora non riesco più a guidare in autostrada, è troppo dritta. La valle, invece, ti coccola». Ma l’impatto non è sempre stato semplice. La neve, quell’anno caduta ancora a fine ottobre, la paura di guidare sulle strade bianche di montagna e il rapporto con gli allevatori sono stati una prova da superare. «In pianura erano già abituati ad avere a che fare con le donne, come informatrici farmaceutiche, rappresentanti di mangime - ricorda -: qui non era così. In generale, i contadini sono diffidenti con gli estranei e io ero il nuovo veterinario con in più l’aggravante di essere forestiera e donna… Ancora oggi qualcuno, per battuta, mi punzecchia: “Per essere una donna sei ben brava”».

Virginia pian piano ha imparato a conoscere la valle e a capirne le sue sfaccettature: «Per prima cosa, mi sono messa a imparare il dialetto – aggiunge -. Le parole in stalla sono fondamentali.

La stalla dove tutto ebbe inizio.

Se chiamo quell’oggetto con il suo nome dialettale, ho una reazione immediata da parte degli allevatori. Conservo ancora il quaderno dove segnavo i vari vocaboli per studiarli. La comunicazione salta se non si conosce la lingua. Fisicamente il lavoro è molto impegnativo: assito animali che sono molto pesanti, un cucciolo alla nascita pesa già 40 chili… Ma non è nemmeno programmabile. Arriva con le urgenze e perciò non ci sono orari: le vacche partoriscono di giorno, in piena notte, a Natale… Forse è per questo che si pensa che sia poco adatto a una donna».

Ma come si sceglie come questa professione? «Da sempre sapevo che avrei fatto la veterinaria – conclude -. Durante l’università mi hanno concesso un tirocinio all’ippodromo. Il cavallo è il mio animale preferito. Lì ho visto delle cose bruttissime, mi sono resa conto che volevo troppo bene ai cavalli per lavorarci. Ho messo in discussione tutto e proprio in quel periodo una mia amica ha aperto un agritur con una stalla di 25 capi ad Asiago. Mi sono fatta assumere come operaio agricolo. Ho iniziato a seguire nelle sue visite il veterinario di zona. Una notte mi chiama per un parto. L’atmosfera era così romantica in questa stalla piccolina e gli allevatori erano così felici perché era nata una vitellina… Lì è cambiato tutto e ho capito che quello era ciò che volevo fare». 



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