“Cerco l’uomo”, rispondeva molti secoli fa il filosofo greco Diogene a chi gli chiedeva come mai girasse in pieno giorno con una lanterna accesa. Cercava un uomo capace di rifiutare le convenzioni del tempo, che umiliavano qualcuno ed esaltavano altri, che accarezzavano l’ipocrisia di chi parlava bene ma razzolava assai male.
Cerco l’uomo, potremmo ripetere oggi, assistendo a massacri che pensavamo relegati ad altre epoche, assistendo al pianto disperato dei bambini di Gaza, che non hanno più nulla, se non la loro fame e l’attesa di una morte straziante. Cerco l’uomo in quest’ora buia dell’Occidente spettatore silenzioso di genocidi e invasioni.
Eppure tutto era già scritto fin dai tempi della seconda Intifada (settembre 2000), dichiarato senza mezzi termini dal generale di brigata Effi Eitan: deve essere chiaro, diceva, «che nessuna sovranità che non sia quella israeliana esisterà mai tra il mare e il Giordano». Israele ha fatto della terra un idolo, dimenticando fra il resto ciò che la Parola di Dio dice a questo proposito: «Forgeranno le loro spade in vomeri e le lance in falci. Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione e non insegneranno più la guerra».
(Isaia 2,4; Michea 4,3).
La pace è indicata come condizione ideale verso cui tendere: «Allontanati dal male e fa il bene; cerca la pace e perseguila» (Salmo 34,15). Chi è smemorato e non ricorda questo, uccide l’uomo e insulta Dio.
Cerco l’uomo quando uno stato invade un altro stato e si dimentica la diplomazia per tornare alla pace. Ma si parla di riarmo per difendersi, sicuri che la difesa possa attuarsi soprattutto con la guerra.
Cerco l’uomo è il grido dimenticato da chi manipola o vuole riscrivere la storia per amore del potere. Di chi finge di non conoscere, come ha scritto Beinart nel suo libro: Essere ebrei dopo la distruzione di Gaza, la condizione di apartheid in cui si trovano centinaia di migliaia di palestinesi, a causa della occupazione della Cisgiordania da parte di Israele. Beinart è un ebreo nato in Usa e cresciuto in Sud Africa.
Cerco l’uomo quando annegano emigranti nel Mediterraneo, respinti per aver commesso il reato di cercare un’esistenza dignitosa e sono circondati da serena indifferenza. In troppi o forse in tutti manca speranza, prospettive, opportunità. Il colore della pelle può diventare un marchio infamante, perché non sei dei nostri, e quindi un possibile nemico. Parafrasando il corano posso dire: quando annega un migrante annega l’umanità.
Cerco l’uomo quando vengono uccise le donne per una relazione d’amore infranta, quando cioè l’amore diventa furiosa incapacità di staccarsi dal proprio io.
Cerco l’uomo quando vengono violati bambine e bambini e la loro vita è rovinata per sempre.
Cerco l’uomo quando chi la pensa diversamente da me non lo ascolto e con lui non dialogo; cerco l’uomo quando si usa un linguaggio violento, che trasuda odio e volontà di vendetta, quando non accetto religioni diverse e penso che vadano eliminati le persone Lgbtq.
Cerco l’uomo… ma vivo in un mondo e in un’epoca dove esiste solo l’io e viviamo come ciechi, che non vedono il volto dell’altro, che abita la creazione e la fa dono.
Il male c’è nel nostro mondo. C’è sempre stato e non può essere eliminato. Può e deve, però, essere combattuto. «A volte vincerà lui, ma alla fine della storia non sarà il male ad avere la meglio e ne frattempo e a prescindere da quest5a fede il resistergli ci rende degni e ci fa godere di una umanità piena» (Luca Diotallevi). Questa è la speranza che diventa forza e rende l’umanità capace di futuro.

